Con la presenza degli operatori di “Quarto Grado” e della troupe di “La Vita in diretta” della Rai, si è svolta l’ultima udienza in Corte di Assise, per il delitto di Katia Tondi. E’ stata, a momenti, drammatica.

Alla sbarra il marito della donna uccisa a San Tammaro nel 2013: Emilio Lavoretano. Prove della sua colpevolezza? Non ve ne sono! Dubbi? … moltissimi! Ma che cosa – in particolare – lo accusa? Lo scontrino della spesa…? la telefonata al 113 e al 118? La moglie era cardiopatica, prendeva la cardiospirina; lui quel giorno è andato a comprarla poi l’ha uccisa?  Sembra inverosimile… per non dire assurdo. Con un fidanzamento alle spalle di ben 15 anni.

C’è stato un litigio? Perché la Katia strappò un biglietto? Dubbi, dubbi, perplessità. Certezze poche. Ma non per questo si può buttare la croce su di un individuo e sbatterlo in galera solo per fare scena… come spesso accade nei tribunali. “Meglio un colpevole fuori che un innocente in carcere”. Ma questa –  per molti  – è una frase di aria fritta.

Il processo parallelo, quello mediatico, lo ha già condannato. “Quarto Grado”, addirittura, ha mandato in onda la telefonata che l’uomo fece al 113 al suo rientro a casa, nel momento in cui scoprì il cadavere della moglie, steso per terra, supina, mentre il figlioletto piangeva nella culla accanto. “Sì sono stato io”… ma lui intendeva dire sono stato io a scoprire mia moglie morta non io ad ucciderla”.

 

Ma i sospetti vanno anche verso una vicina. Anche i fratelli fruttivendoli hanno detto il falso. 

Ma Quarto Grado ha lasciato intendere che quella non solo era una confessione ma anche una pesante autoaccusa.

Sono volate parole grosse e minacciose in aula tra l’inviata di Quarto Grado, Ilaria Mura e l’avvocatessa Natalina Mastellone, che assiste l’imputato. “Sieti assassini”… ha gridato la Mastellone all’indirizzo della giornalista, la quale, si è schernita, chiedendo: “Perché ve la prendete con me?”.– A quanto pare non corre buon sangue tra le due first lady del processo.

Entrata la Corte in aula – dove campeggia alle spalle del presidente – la scritta a caratteri cubitali “LA GIUSTIZIA E’ AMMINISTRATA IN NOME DEL POPOLO”, ogni cittadino si sente giudice e come nelle partite di calcio fa le sue previsioni: Innocente, colpevole? Oggi, con il dilagare dei femminicidi, il primo ad essere accusato (anche se innocente) dalla opinione pubblica è sempre l’uomo che è legato sentimentalmente alla vittima. Spessissimo è veramente l’assassino.

La Corte, composta da 6 giudici popolari: 4 donne e 2 uomini; con il Presidente, Giovanna Napoletano; il giudice a latere, Alessandro De Santis; ed il pubblico ministero, Domenico Musto) dopo alcune interruzioni – per pause tramezzino e caffè – ha portato avanti l’udienza che si è protratta fino alle 18.

Il lunghissimo interrogatorio dell’imputato, presentatosi al cospetto dei giudici elegante, con pettinatura alla moda, con una vistosa cartella raccoglitore di colore rosso e una bottiglietta di acqua, alla quale ha fatto spesso ricorso durante il suo interrogatorio…

Le sue pause, le sue riflessioni, le sue contraddizioni, i suoi “non ricordo”, hanno caratterizzato l’intero corso della giornata. Risultato? Qualche collega giornalista, che segue il processo, ha detto che “dopo averlo ascoltato” lo ha ritenuto “colpevole”. Ma è una supposizione.

E proprio questa telefonata per chiedere il soccorso di una autoambulanza sarà oggetto nella udienza del primo aprile. In questa data infatti verrà affidato incarico peritale per trascrizione in parole delle voce dei due interlocutori.

Primo colpo di scena. L’imputato chiede di non essere ripreso dalle tv presenti. Il Presidente acconsente. Ma la tv ha aggirato l’ostacolo una lunetta sul viso ha parzialmente coperto il volto…ma lui era riconoscibile….anzi….QUARTO GRADO HA MANDATO IN ONDA IL SUO INTERO INTERROGATORIO ED HA FATTO ANCHE DI PIU’…

 

LA INVIATA E’ ANDATA A CASA DELLA VICINA AD INTERVISTARLA CONTESTANDOGLI QUANTO ERA STATO DETTO IN AULA DAL LAVORETANO… E LEI SI E’ RISERVATA DI AGIRE LEGALMENTE…

Il processo mediatico ha preso il sopravvento sul processo penale…

Lui sarà oscurato, ma questa decisione non lo salverà da una eventuale condanna. E’ una tecnica sbagliata. Non sappiamo se frutto di suggerimenti legali (come quegli avvocati che consigliano di avvalersi della facoltà di non rispondere ai propri assistiti creando, a volte, una opinione sbagliata di presunta colpevolezza) o una scelta personale. I giudici popolari giudicano anche a “pelle” si fanno delle sensazioni: Se sei innocente, come dici di essere, perché vuoi nasconderti???

Il suo racconto – a tratti drammatico – iniziato con la frase…”come tutte le mattine andavo al lavoro”… mi ha fatto venire alla mente la famosa canzone degli Alunni del Sole: “Dove era lei a quell’ora?”. La bellissima canzone di Morelli narra di un delitto, di una donna uccisa nel suo letto, del marito accusato del delitto… perché c’era la sua giacca… poi scagionato… ma all’uscita dalla Questura – mentre fuori sorge un’altra aurora –  si domanda: “Ma dove era lei a quell’ora?”, (all’ora del delitto) e si risponde dubbioso… “Ma cosa ho fatto io a all’ora?”… Io non c’ero a quell’ora…

“…Ho fatto colazione con la Nutella – ha esordito Emilio Lavoretano, raccontando alla Corte la giornata del luglio del 2013, quando scoprì il cadavere della moglie – poi ho chiuso la porta e sono andato al lavoro. Sono tornato alle 13 circa ed abbiamo pranzato con spaghetti e pollo. Dopo aver smesso il lavoro circa alle 17 e 30 sono ritornato a casa… Mia moglie ha detto che dovevo fare la spesa… sono uscito ho comprato le cose e sono ritornato. Ho trovato la porta socchiusa, ho visto mia moglie a terra, mio figlio piangeva sono corso dalla vicina, ho chiamato il 113”….

Sull’ora del delitto si gioca tutto. Ma l’ora non è certa e non è stata individuata con precisione. Vuoti investigativi, fretta di trovare un colpevole, errori tecnici, inquinamento della scena del crimine, testimoni che si sono contraddetti (i fruttivendoli) sulla presenza del padre dell’imputato, vicini di casa che prima accusano e poi ritrattano… sono solo alcuni dei rilievi emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale.

Ma la giustizia non si ferma…non giudica sulle apparenze. La prova si forma in aula. La Corte di Assise è un palcoscenico. Il processo è un dramma. Arduo rimane il compito dei giurati e dei giudici. E non è solo un problema di coscienze. Mentre più facile è il compito dell’accusa che sembra orientarsi quasi sempre verso la condanna.