Il delitto di Katia Tondi – il cui processo è a ruolo in Corte di Assise questa mattina  – secondo me – non è l’ennesima tragedia di “amore Kriminale”, e non  è neppure l’ennesimo “femminicidio. Ma può essere, sia il risultato di una rapina (e la casa a soqquadro lo confermerebbe) e sia l’ennesimo delitto del mostro che si aggira in città (dopo Maria Capuano, detta Zazzà  e Antonietta Afieri) con la terza donna uccisa.

Mi sono fatto questa convinzione dopo aver ascoltato il racconto in tribunale dell’unico accusato, Emilio Lavoretano, marito della donna trovata priva di vita nella sua casa di San Tammaro ed anche dopo una accurata disamina delle foto (sono circa 80 e riportano gli attimi del dopo delitto) della scena del crimine.

La porta trovata aperta, socchiusa, il ricorso alla vicina di casa, la chiamata drammatica al 113 (Sì, sono stato io a trovarla) intendendo dire “a trovarla esanime” e non “ad ucciderla” come vorrebbero far credere gli inquirenti con la complicità di Quarto Grado. Già, dimenticavo, questo è un processo mediatico. Ma come si dice in gergo giornalistico “gli errori dei giornalisti vanno in prima pagina…mentre quelli dei giudici vanno in galera”.

E’ un delitto a scopo di rapina. Compiuto probabilmente da un Rom che prima ha strangolato la donna con un filo elettrico, poi ha rovistato in ogni dove: nei cassetti, buttando per terra gli indumenti, frugando in ogni anfratto alla ricerca di denaro.

Lavoretano è sospettato perché avrebbe avuto un alibi: lo scontrino della spesa. Bene. Ma è poco per la forca! Ma pensando di ucciderla sarebbe andato prima in farmacia a comprare per lei la cardiospirina?…

E’ stato un delitto d’impeto allora? Lo accusano i bigliettini strappati delle lettere del matrimonio? Davanti al figlio che era nel passeggino? Se lo ha fatto è un mostro. Ma se era colpevole perché non ha chiesto il processo abbreviato usufruendo dello sconto di un terzo della pena? Da incensurato, avrebbe avuto una condanna intorno ai dieci anni. Ipotesi, supposizioni…

Francesco Caringella ( ex commissario di polizia, magistrato di mani pulite,  ora presidente di sezione del Consiglio di Stato, autore, tra l’altro di “Non sono un assassino”) ha detto che le Corti di Assisi sono “un serbatoio pieno di storie” e che dietro ogni delitto “c’è una vicenda umana molto più interessante del delitto stesso. Il crimine non è frutto di un caso, di un capriccio, ma di vite solitarie e disperate, spesso, senza ascolti, senza significato, senza affetto, che determinano il crimine stesso”.

Seguiamo il processo, oggi ci sarà un incarico peritale. Poi saranno di scena alcuni testimoni della difesa. E’ un processo aperto ad ogni soluzione. E’ un processo altamente indiziario. Poi seguiremo il pubblico ministero nella sua requisitoria dove dovrà spiegare perchè Lavoretano è l’assassino. La difesa riuscirà a districare  il gomitolo della matassa aggrovigliata dalla  giustizia?