“Rifarsi una vita”: esperienze e sogni di otto ex detenuti raccolti in un libro

Caritas, storie di carcere e di speranza. Otto storie di carcere, sette uomini e una donna che dopo essere stati dietro le sbarre cercano di ripartire da zero nel mondo di fuori. Nel libro “Rifarsi una vita Storie oltre il carcere”, gli autori Paolo Beccegato e Renato Marinaro, raccontano le vicissitudini che hanno portato i protagonisti in prigione. Il testo, voluto dalla Caritas per dimostrare che ricominciare è possibile, sarà presentato mercoledì prossimo al Kolping alle 18.30.

“Mi chiamo Carmine, sono nato nel 1974 a Torre Annunziata, Napoli. Sono cresciuto conoscendo subito la strada: nel mio quartiere se volevi fare i soldi trovavi il modo, c’erano sempre persone più grandi che ti offrivano sigarette e diecimila lire, bastava fare loro un favore”. L’incontro con la droga giovanissimo, lo spaccio, l’inferno della microcriminalità. Carmine ha scontato la sua pena nel carcere di Bolzano. Ora è fuori, ha iniziato una nuova vita.

Ed è l’esempio che cambiare e ripartire si può. È una delle testimonianze narrate nel libro Rifarsi una vita – Storie oltre il carcere. Carmine è “un napoletano doc di una simpatia travolgente che farebbe invidia a Totò”, scrivono di lui Paolo Beccegato e Renato Marinaro, gli autori delle otto storie del libro, che mercoledì (ore 18.30) verrà presentato a Bolzano nella sala grande di Casa Kolping, in largo Adolph Kolping. Un appuntamento aperto a tutti e promosso dal Centro per la Pace e Caritas diocesana.

Sette uomini e una donna che, per vicissitudini della vita, sono finiti dietro alle sbarre e a distanza di anni, dopo un percorso di introspezione e recupero, prendono coscienza di sé e dei propri errori, scoprendo con sorpresa che qualcuno si fida ancora di loro. E che anche loro possono fidarsi. Una dare reciproco, che stimola il cambiamento e li aiuta a ritrovare la strada giusta. A rinascere. Un’altra possibilità per una seconda vita. Come Francesco, il vero nome di Carmine, che ha scontato cinque anni e mezzo nel carcere di Bolzano dopo che, nel 2009, è stato arrestato al Brennero per traffico di droga.

Affiancato dai volontari di Odòs, il servizio della Caritas altoatesina dedicato ai percorsi di giustizia, ha deciso di uscire allo scoperto e di partecipare agli incontri pubblici per raccontare la sua esperienza e dare un volto e una voce al protagonista di “Solo per i miei figli”, il capitolo a lui dedicato. Una narrazione che parte dall’infanzia di Francesco Carmine a Torre Annunziata quando, bambino, prendeva laute mance per fare “favori” ai più grandi. “Avere la loro stima e il loro riconoscimento era importante, altrimenti non eri nessuno – racconta -. Mio fratello è entrato presto in questo giro, è finito in carcere già da minore e ora sconta la pena dell’ergastolo, perché coinvolto in un omicidio”.

Una realtà difficile, quella di certi quartieri di Napoli, di cui Carmine-Francesco ha preso consapevolezza solo a distanza, quando una sentenza lo ha costretto nella casa circondariale altoatesina e lì, a contatto con detenuti e volontari, ha cambiato mentalità e ha capito che per lui un futuro “pulito” nella sua città non era più possibile. E così, grazie alla Caritas, ha potuto sfruttare i permessi periodici per vedere a Bolzano la moglie e i due figli e, una volta libero, ha deciso di portare al nord la famiglia. “Si è fermato qui, ha trovato lavoro come camionista perché anche in cella aveva mantenuto tutte le sue patenti, ed è riuscito in un brevissimo arco di tempo a trovare un alloggio per sé e per i suoi figli – spiega Alessandro Pedrotti, responsabile del servizio Odòs. Si sono integrati tutti molto bene e con la moglie ha avuto una terza figlia”.

Una storia, permeata dal profondo amore per i suoi bambini e dal desiderio di dare loro un avvenire normale, molto simile e al contempo molto diversa dalle altre sette storie che compongono il volume di cui si discuterà mercoledì pomeriggio a Bolzano con don Dario Crotti, direttore della Caritas di Pavia, e l’operatrice Paola Dispoto.

In tutte, però, torna il tema della responsabilità, di un’esperienza difficile da rielaborare, del momento in cui la delinquenza si incrocia con una vita apparentemente come tante e, soprattutto, dell’incontro decisivo con i volontari che li hanno “rimessi in carreggiata” fino alla rinascita e al riscatto sociale. E come Carmine, anche Ivan, Marta, Jimmy e gli altri protagonisti delle storie, hanno visto la loro esistenza deragliare: l’ambiente, il miraggio di soldi facili, eventi traumatici improvvisi, violenze domestiche e momenti di rabbia che li hanno fagocitati in un baratro apparentemente senza uscita. “Ma la strada per ricominciare c’è sempre”, rassicura Alessandro Pedrotti.

(Fonte: di Silvia M.C. Senette dal  Corriere dell’Alto Adige, 2 giugno 2019)