Applausi a Mattarella

(di Stelio W. Venceslai)

 

            Quattordici minuti di applausi al Festival di Cannes dopo la proiezione dell’unico film italiano presentato alla Mostra, Il traditore, di Marco Bellocchio. Undici minuti di applausi all’ingresso del Presidente Mattarella all’Assemblea della Confindustria a Roma di una settimana fa, prima delle elezioni europee.

            C’è qualcosa che non torna. Mattarella poco meno di Bellocchio?

            Considerati gli applausi convenienza al Presidente Conte e al Vice Presidente Di Maio (cautamente assente Salvini), l’ovazione nei confronti di Mattarella ha un significato profondo. Forse Bellocchio non avrà avuto un premio a Cannes, ma certamente il premio è stato già assegnato a Mattarella.

            Questo fatto, incontrovertibile, lascia riflettere. Dopo elezioni importanti, ma distorte dai riflessi politici interni quanto al loro risultato, Mattarella è l’unico verace segno di un Paese che tutti vorremmo, cui tutti apparteniamo, ma che si allontana sempre di più, come un miraggio.

            Mattarella, con la sua lunga militanza democristiana, con la sua esperienza ministeriale, con la sua più recente appartenenza al PD, eletto per volere di Renzi e filoguidato da Napolitano, in questi anni difficili ha mostrato doti di equilibrio e di autonomia istituzionale. Come dovrebbe essere. Ma c’è un’altra considerazione da fare: gli Italiani hanno fiducia in lui, non ne hanno, invece, nei confronti dei mestatori politici al governo o all’opposizione che sia. Non è solo la gente umile che incontra, ma sono anche gli imprenditori, la parte viva e operante del Paese, che confidano in lui.

            In realtà, l’impudenza rissosa dei partiti al governo e l’impotenza intellettuale e propositiva delle opposizioni hanno stufato. Nessuno crede più a niente, soprattutto, quell’opinione pubblica che non è filtrata dai media e che diffida e dubita dei grandi discorsi, delle promesse farlocche, degli atteggiamenti spesso troppo disinvolti dei suoi rappresentanti politici.

            Se nel Paese c’è un’idea comune dominante è che la classe politica che lo rappresenta non è affidabile, composta com’è di gente scarsamente dotata, fatta da incompetenti, eletti o nominati per caso perché null’altro di meglio facevano o sono riusciti a fare nella vita. Arrivati in Parlamento, sono alle soglie del potere di fare raccomandazioni per i loro famuli. Giunti al governo, non sono in grado di esercitare il potere se non per il loro sottobosco personale. Mancano una strategia a medio respiro, una visione politica globale, una concezione dei problemi interni e internazionali, una qualunque intuizione intelligente sulle possibili soluzioni da proporre.

            Si tira a campare, fra una corruzione accertata e un avviso di garanzia buono per far carriera tra i media, fra un cerotto e una medicazione, in una specie di Policlinico sventurato, fra topi, formiche, assenteismi, scioperi e chiusure di attività.

            Il degrado del livello intellettuale del Paese sembra inarrestabile. Basta sentirli parlare. La vacuità dei concetti e delle polemiche alimenta pagine di giornali e lunghe ore di trasmissioni televisive. Nessuno sa e tutti parlano. Quelli, poi, che non sanno parlare, twittano, così possono sbagliare di meno, ma sbagliano sempre lo stesso.

            Zingaretti è sbeffeggiato da Striscia la notizia per i suoi strafalcioni clamorosi. Ma potrebbe anche continuare a parlare male, se in testa in cambio avesse qualcosa. Di Maio parla come se avesse appena appresa la lezione: mente fresca, buona memoria, luoghi comuni. Recita la parte del nuovo. Dopo il tracollo elettorale chiede la fiducia ai suoi. Per continuare a perdere voti?

            Salvini, invece, usa la faccia feroce, magari con una divisa addosso e un mitra in mano. Gli Italiani contro tutti, e intanto nessuno ci prende sul serio. Solo polemiche stupide al punto che per fare una lettera a Bruxelles ci vuole un vertice di governo! Altro modello, altro vuoto. Sono dei giganti del nulla, al punto da far rimpiangere Berlusconi.

            Qui non si tratta di parlare o di scrivere bene o male; si tratta di ben altro: non sono in grado di governare, il che è tutt’altra cosa.

            Questo Paese, che poi è il nostro Paese, da trent’anni almeno non va più avanti. I problemi si sono accumulati. Non c’è settore della vita pubblica che non sia pieno di difficoltà, di norme, di divieti, di regole assurde, di pseudo digitalizzazioni, d’incompatibilità fra un ambito e un altro. I Ministri sono palesemente ignari, non innocenti. Pontificano ma ignorano spesso che si è già pontificato. Prendiamo un paio di esempi.

            Sulla Tav, che i 5Stelle non vogliono, tutto il resto del Parlamento è contro. Poiché occorre un voto del Parlamento per tornare indietro sui consensi già dati, ci vuole una legge. Allora, di che parliamo? È una partita perduta per Di Maio. Inutile insistere e fare la faccia feroce per tenere in piedi un feticcio.

            Sul reddito di cittadinanza, che si palesa come un fallimento, si prevedono tremila navigator (in italiano sarebbero formatori-collocatori, ma si sa, l’inglese è la lingua dei modernamente avanzati), con contratto precario, che dovrebbero trovare lavoro ai beneficiari del reddito di cittadinanza. Ottantamila persone in cerca di lavoro hanno fatto domanda per diventare tremila navigator. Una volta assunti e formati, se trovano un posto di lavoro interessante, lo proporranno ai loro assistiti o se lo prenderanno loro?

            Inoltre, nessuno al governo sapeva che negli attuali uffici di collocamento, da anni, ci sono almeno 600 precari che fanno più o meno lo stesso lavoro che dovrebbero fare i navigator. Il buon senso partirebbe da queste persone. Ma il buon senso non alligna nel mondo dei grillini. Tutto ciò è solo cretino, perché dettato dall’ignoranza del Ministro del lavoro. Non ci sono giustificazioni diverse.

            Salvini parla di rimpatri, ma i rimpatri sono diminuiti. Non si sa se i “fuorilegge” immigrati che circolano indisturbati in Italia, senza documenti, con o senza fogli di via, siano settecentomila o ottantamila. Giustamente, sono irregolari. Come si fa a contarli? Ma allora, di che si parla? Sono minacce contro i mulini a vento.

            Scendendo per “li rami”, l’ineffabile sindaco di Roma, la Raggi, acquista in Israele mini autobus da tempo in soffitta, li ricicla, spende soldi per risparmiare. Poi si scopre che sono euro 3 o 2 e quindi non possono circolare. Ogni tanto prendono fuoco per istrada. Un vero affare, anche qui da cretini. Tutti zitti, tutto va bene. A Roma, queta non movere, sennò salta tutto, anche il governo del cambiamento.

            In questo momento, solo la classe dirigente inglese è peggiore della nostra. Allora, a questo punto, viva Mattarella!

            Quando la sinistra diventa destra e la destra sinistra, in una confusione di ruoli che porta solo all’impotenza, in un chiacchiericcio astioso e privo di contenuti, che gli imprenditori nostrani facciano un’ovazione al Presidente della Repubblica, l’ultima speranza di buon senso, non deve stupire.

Roma, 02/07/2019