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Un’idea per cambiare il Csm: mix di elezione e sorteggi.
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Un’idea per cambiare il Csm: mix di elezione e sorteggi.
A questo punto occorre procedere a un intervento radicale per modificare il ruolo delle correnti nella selezione dei membri del Consiglio Superiore. Quanto emerge dalle indagini della Procura di Perugia sul comportamento di numerosi membri togati del Csm, e sulla loro collusione con altri magistrati e con parlamentari, rischia di ledere irrimediabilmente un organo fondamentale per la tutela della indipendenza e autonomia della nostra magistratura, sino ad oggi considerato un unicum da prendere a modello in altri ordinamenti. Bene ha fatto il Presidente della Repubblica a intervenire fissando elezioni suppletive dei membri dimissionari, unica alternativa al ben più traumatico scioglimento del Consiglio Superiore della Magistratura. E bene si è comportato il vicepresidente Ermini. Sorprendente appare invece la reazione di Magistratura Indipendente, la principale corrente interessata dal fenomeno, e del tutto inadeguata la presa di posizione dei politici interessati dal fenomeno.
Al di là della sorpresa per l’impudenza dei comportamenti dei consiglieri, e di magistrati esterni e politici coinvolti, va detto che mai sino a oggi era emerso con così tanta chiarezza che le trame per controllare le nomine negli uffici direttivi potessero nascondere, oltre a meri obiettivi di carriera, anche ben più oscuri interessi. Da sempre le nomine sono state oggetto di pressioni da parte di correnti organizzate che – nate in altri tempi – sembrano oggi distinguersi tra loro più per un attività di lobbying a difesa degli interessi dei propri aderenti che per sostanziali differenze nella interpretazione del ruolo del magistrato e della stessa funzione giurisdizionale, venendo sempre più a perdere una loro specificità programmatica, favorendo così il nascere di una trasversalità mirata solo al soddisfacimento di interessi personali.
Chiunque conosca la magistratura italiana non può oggi che dareun giudizio negativo delle correnti organizzate e del loro ruolo nella vita del Csm. Ma mai si era giunti alla gravità degli attuali eventi. A questo punto occorre procedere a un intervento radicale, o introducendo un divieto per i magistrati di organizzarsi in correnti, così come è loro vietata l’adesione ai partiti, o modificando alla radice il sistema elettorale per la nomina dei membri togati del Csm. Oggi l’adesione a questa o quella corrente è una conditio sine qua non per chiunque abbia ambizioni di carriera all’interno della magistratura, e sino a oggi nessun sistema elettorale tra quelli presi in esame sembra poter dare garanzie che le correnti non si trasformino in gruppi di potere.
Dopo un pluriennale esame del funzionamento del nostro organo di autogoverno, sono giunto alla conclusione che la migliore delle possibili soluzioni sia una combinazione di voto e sorteggio, dando a ogni singolo magistrato la possibilità di votare uno o due nomi scelti all’interno dell’intero corpo della magistratura, procedendo in seguito a un sorteggio tra il vasto numero di designati dei 16 membri togati del Csm. Anche se le correnti continuassero a indicare i propri candidati favoriti, è probabile che il mix di elezione e sorteggio porterebbe la grande massa dei magistrati a scegliere quanti all’interno della magistratura hanno saputo conquistare consenso per la loro capacità nei ruoli ricoperti.
Sicuramente un meccanismo in cui il sorteggio, e cioè il caso, ha un ruolo determinante ridimensionerebbe il peso delle correnti riportandole alla loro logica iniziale, e annullandone il potere di determinare la composizione del Csm espropriando l’intero corpo della magistratura del suo diritto di eleggere liberamente i propri rappresentanti. Non si dimentichi infatti che nelle ultime elezioni i magistrati hanno eletto 16 togati sulla base di solo 21 candidature avanzate dalle correnti, e che nel caso dei quattro seggi riservati alla magistratura requirente le correnti hanno avanzato solo quattro candidati. Tutto insomma si decide in un oscuro negoziato tra correnti.
Quanto qui propongo è l’ammissione di una sconfitta; l’ammissione che anche un organo che nella configurazione che ne ha dato la Costituzione ha un valore di modello, che rende l’autonomia e l’indipendenza della magistratura italiana dal potere politico superiore a quella di cui godono i magistrati in qualsiasi altro ordinamento, può “perdersi” per il venir meno di alcuni ai doveri della loro funzione, e per il predominare di interessi personali e di fedeltà correntizie e politiche sulla propria autonomia di giudizio. A norma di Costituzione “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”; oggi il rischio è che essi siano sempre più soggetti ai vincoli corporativi delle correnti, e a logiche e interessi di gruppo che non rispondono più alle correnti organizzate. A mali estremi, estremi rimedi dunque. L’insostenibile peso delle correnti e della mala politica nel funzionamento della giurisdizione va contrastato e annullato.
Fonte: di Stefano Passigli/ Corriere della Sera, 23 giugno 2019