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Profumo di stalla: La politica è un gioco pericoloso da quando l’elettorato s’è fatto furbo.
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(di Stelio W. Venceslai)
La politica è un gioco pericoloso da quando l’elettorato s’è fatto furbo. Il consenso è mobile, come la donna del Barbiere di Siviglia. La barba Salvini ce l’ha, Di Maio no, e questo fa la differenza. Per il resto, sono abbastanza simili, dilettanti quando si tratta di cose serie.
I buoi stanno tutti ancora al governo, ma il profumo di stalla comincia ad essere forte. Il torello Salvini scalpita. Non vuole andare al sacrificio. Dopo tante feste, dopo tanti successi, arriva l’ora del redde rationem. Nelle ultime settimane non ne ha imbroccata una. Forse è mal consigliato, si può pensare, ma il torello fa tutto da solo nella personale partita a ping-pong con il suo gemello lambiccato. Ma, si sa, le palle volano e i raccattapalle sono lì, pronti, a far critiche, a pronosticare sventure, in attesa che l’odore della stalla cresca e diventi insopportabile.
Sarà migliore se nella stalla entreranno loro?
La politica è un gioco pericoloso da quando l’elettorato s’è fatto furbo. Il consenso è mobile, come la donna del Barbiere di Siviglia. La barba Salvini ce l’ha, Di Maio no, e questo fa la differenza. Per il resto, sono abbastanza simili, dilettanti quando si tratta di cose serie.
La buccia di banana è intinta di wodka ed è indigesta. Tutti vogliono che Salvini vada in Parlamento a chiarire se effettivamente uomini suoi hanno cercato di trafficare con i Russi qualche tangente per la Lega. Che siano uomini suoi non c’è dubbio, anche se lui fa finta di non conoscerli, ma non è vero. Addirittura ci ha pranzato assieme a Mosca. Forse, dopo averli conosciuti. D’altro canto, mentre lui dice sciocchezze, il Savoini e il Meranda, convocati dal giudice, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Loro stanno zitti, lui parla e dice cose non vere.
Che l’affare non sia andato in porto è altrettanto vero, ma non importa. C’è stata l’intenzione, che di per sé sembra colpevole. Salvini non vuole andare in Parlamento. Risponderà al question time, se è necessario, ma è la stessa cosa. Il torello ama gli spazi aperti, non il recinto parlamentare.
Ci sarà la crisi? A parole, tutti la vogliono ma, in realtà, non fa comodo a nessuno, tanto meno a Salvini che, in questo momento, sta perdendo consensi. Ma se lo sgocciolio continua, ci sarà un’emorragia di voti. Che fare? I suoi premono: occorre approfittare dell’ascesa dei consensi. Se si perde il treno, si finisce come Renzi.
Intanto Giorgetti, che è una persona seria, va da Mattarella a dirgli che no, non vuole fare il Commissario dell’Unione. A parte il fatto che chi decide è il Governo e quindi dovrebbe farlo sapere a Conte e non a Mattarella, Giorgetti, poi, dovrebbe affrontare il placet del Parlamento europeo, dove la Lega è isolata come a S. Elena Napoleone. E se lo bocciassero? Per evitare il rischio, Giorgetti si defila. Chi tirerà fuori dal cilindro il Presidente del Consiglio?
Sono almeno sei mesi, a dir poco, che è noto che l’Italia deve indicare un nome. S’è parlato di tutto, soprattutto del fatto che avremmo diritto a un portafoglio di peso per l’eccellente motivo che siamo tra i Padri fondatori, ma non c’è ancora nessuna idea su chi ricoprirà un così prestigioso e ben remunerato incarico. Ci si batte per avere peso e poi si finisce con una Mogherini di turno.
Forse, per riguadagnare un po’ di prestigio, potremmo chiedere il portafoglio per l’immigrazione e designare la Carola Rakete, la capitana della Sea Watch 3. Almeno ha determinazione, conosce il problema e parla più lingue. Nel deserto culturale di 5Stelle e della Lega, dove lo troviamo uno così? In più, è anche una donna, il che farebbe molto fino e dimostrerebbe al mondo quanto siamo mentalmente aperti e quanto poco siamo sovranisti e nazionalisti.
Battute a parte, la questione è molto seria, tant’è vero che nessuno ne parla. Si parla, invece, di tutt’altro. Le opposizioni giubilano di fronte all’impasse attuale del governo. A dispetto del famoso contratto, sono più le cose che li dividono che quelle che li uniscono. In un certo senso, è un matrimonio perfetto. Una mia amica molto saggia mi confessava, a proposito del suo coniugio, che dopo quarant’anni di matrimonio erano più le cose cattive che la legavano al marito che quelle buone.
Se il governo regge e la stalla non esplode per i miasmi che produce, aveva ragione. Forse, ci vorrebbe un intervento della Raggi, per mettere le cose a posto.
Intanto, Berlusconi dice che il governo sta dando di sé uno spettacolo terribile (e lui di queste cose se ne intende), la Meloni studia da Presidente del Consiglio, Renzi organizza la sua scuola privata di politica di sinistra del successo (una specie di Frattocchie 2) e Zingaretti, orbo di Camilleri, cerca uno spazio aperto dove portare la sua truppa indisciplinata a far quadrato.
Se ci sarà la crisi, loro faranno un governo con 5Stelle, dopo essersi insultati per sette anni l’uno con gli altri. L’importante è che passi l’estate, la finestra elettorale chiusa così da non temere scossoni. Poi, si vedrà.