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Scatola vuota e feluca (di Diplomaticus) No, non voglio parlare del nuovo e prestigioso incarico che è stato affidato a Di Maio. Non si spara sulla Croce Rossa. Le battute che circolano sono cattive e ingenerose, tradiscono invidia e una certa ostilità nei confronti del nuovo governo giallo-rosso. Le considerazioni critiche dell’Agenzia di stampa Nuova Cina hanno fatto il giro del mondo e poi sono state ritirate, sei ore dopo, quando il danno era fatto. Troppo facile colpire un innocente. Nel sofisticato mondo della diplomazia, non solo italiana, si è infranto il tabù della casta. Reagiranno con l’unica arma disponibile, l’irrisione. Non va bene. Un Ministro degli Esteri merita comunque rispetto. E se la cosa fosse stata realmente indigeribile, mi sarei aspettato una serie di nobili dimissioni in massa della nostra diplomazia. Ma non ne hanno né il coraggio né lo spirito. Invece, quel che conta, è ciò che accadrà dopo questa nomina, definita “insolita” dalla stampa cinese. Il Ministero degli Affari Esteri è la porta d’uscita delle decisioni che prende il governo in materia estera. Un Paese cerniera come l’Italia non può non avere una sua politica estera, visto che, se non ce la diamo noi, o seguiamo Francia, Germania e Inghilterra oppure Trump. Lasciamo stare l’Inghilterra, la cui classe politica è degna del nostro Paese. Nella confusione irritante generata da Johston c’è poco da copiare. Sono finiti i tempi in cui l’Italia sperava di fare asse contro Francia e Germania, all’epoca dell’adesione britannica all’Unione. Adesso, al massimo, dovremmo preoccuparci della sorte dei tantissimi Italiani nel Regno Unito che rischiano di diventare cittadini stranieri e, forse, anche discriminati. Con la Francia di Macron, a parte le benevole intenzioni di Conte per una positiva ripresa dei nostri rapporti con Parigi, restano alcune questioncelle di fondo sulla Libia. Già la Francia ha fatto piuttosto rumore, abbattendo Gheddafi e coinvolgendo la NATO, ma i cocci non si sono rappezzati e le strizzate d’occhio ad Haftar, che combatte contro al-Serraj, che noi proteggiamo, non vanno molto bene. Che faremo? Abbandoniamo al-Serraj, pur di avere i favori della Francia, che così si soffierà le concessioni petrolifere libiche? Come si vede, buoni rapporti sì, sono necessari, ma fino a che punto? Con la Germania, dolente per il calo delle preferenze della Merkel e per l’avanzata in Sassonia del partito Alternative fur Deutschland, che i commentatori locali definiscono d’ultra destra, la situazione non è chiara. La nostra economia è largamente implicata con quella tedesca, ma la Germania è ora all’inizio di una recessione i cui sviluppi sono ancora del tutto imprevedibili. Che facciamo, solo l’ossequio o un passo più avanzato? Quanto agli Stati Uniti, la imprevedibilità di Trump è tale che l’altro giorno il nostro Salvini, allora in auge, fu ricevuto dal Segretario di Stato e, poco dopo, twittando, Trump auspicava un Conte bis. Che fine ha fatto la “cabina di regia” Italia-USA di cui si favoleggiava all’epoca di un altro viaggio di un Primo ministro italiano? Con gli Stati Uniti non si può avere una propria politica. O si è nel mucchio europeo, che tra l’altro di politica non ne ha nessuna ed è inviso a Trump, oppure niente. L’idea di agire da soli è molto sovranista ma inutilmente pellegrina, se non si è in buona compagnia. In buona sostanza, lasciando per il momento da parte i rapporti con Russia e Cina, gli spazi di politica estera italiana sono molto esigui. Non parliamo, poi, dell’Africa, continente nel quale insistiamo a cercare accordi con i Paesi di transito dell’immigrazione e non con quelli di partenza, troppo remoti per la nostra lungimiranza diplomatica. \Così, il ruolo del nostro Ministero degli Affari Esteri è molto ridotto, praticamente inesistente, a parte le presenze, spesso silenziose, ai vari G/7, G/8 o G/5 cui siamo invitati, tanto per far numero. Poi, per la nostra politica comunitaria, la sensazione generale è che, avendo inviato Gentiloni a Bruxelles come Commissario, la questione sia risolta. Ignoro quale incarico sarà affidato a Gentiloni, ma mi auguro che sappia essere all’altezza della situazione. Se gli daranno una delega per la concorrenza se la dovrà vedere con i giganti del web, Amazon, Google et similia. Non è un affare da poco. Lo staff della Commissione è in gamba e competitivo, ma occorrerà anche dare delle linee di politica generale comunitaria. L’Italia c’entra poco, in questo contenzioso. Gentiloni, quindi, sarà pure un’eccellente pedina nella Commissione, ma i suoi poteri saranno da un canto enormi e difficili e, dall’altro, molto limitati dalle sue competenze. Se poi gli affidassero gli Affari Economici e Finanziari oppure il Commercio, apriti cielo! Si va direttamente in rotta di collisione con la grande finanza internazionale e con la politica commerciale di Trump. In conclusione, questo spiega perché abbiamo un Ministro degli Esteri della statura di un Di Maio e perché la cosa non deve dare scandalo. E’ un portafoglio inutile. Farà tutto Conte, se potrà farlo, e da vicepremier, Di Maio diventerà il passacarte del nuovo Presidente del Consiglio. Un vero affare. Salvata la faccia, i 5 Stelle potranno dormire sonni tranquilli. Il Capo del Movimento è stato formalmente giubilato, ma con la feluca. Roma, 08/09/2019
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Scatola vuota e feluca
(di Diplomaticus)
No, non voglio parlare del nuovo e prestigioso incarico che è stato affidato a Di Maio. Non si spara sulla Croce Rossa.
Le battute che circolano sono cattive e ingenerose, tradiscono invidia e una certa ostilità nei confronti del nuovo governo giallo-rosso. Le considerazioni critiche dell’Agenzia di stampa Nuova Cina hanno fatto il giro del mondo e poi sono state ritirate, sei ore dopo, quando il danno era fatto. Troppo facile colpire un innocente.
Nel sofisticato mondo della diplomazia, non solo italiana, si è infranto il tabù della casta. Reagiranno con l’unica arma disponibile, l’irrisione. Non va bene. Un Ministro degli Esteri merita comunque rispetto. E se la cosa fosse stata realmente indigeribile, mi sarei aspettato una serie di nobili dimissioni in massa della nostra diplomazia. Ma non ne hanno né il coraggio né lo spirito.
Invece, quel che conta, è ciò che accadrà dopo questa nomina, definita “insolita” dalla stampa cinese.
Il Ministero degli Affari Esteri è la porta d’uscita delle decisioni che prende il governo in materia estera. Un Paese cerniera come l’Italia non può non avere una sua politica estera, visto che, se non ce la diamo noi, o seguiamo Francia, Germania e Inghilterra oppure Trump.
Lasciamo stare l’Inghilterra, la cui classe politica è degna del nostro Paese. Nella confusione irritante generata da Johston c’è poco da copiare. Sono finiti i tempi in cui l’Italia sperava di fare asse contro Francia e Germania, all’epoca dell’adesione britannica all’Unione. Adesso, al massimo, dovremmo preoccuparci della sorte dei tantissimi Italiani nel Regno Unito che rischiano di diventare cittadini stranieri e, forse, anche discriminati.
Con la Francia di Macron, a parte le benevole intenzioni di Conte per una positiva ripresa dei nostri rapporti con Parigi, restano alcune questioncelle di fondo sulla Libia. Già la Francia ha fatto piuttosto rumore, abbattendo Gheddafi e coinvolgendo la NATO, ma i cocci non si sono rappezzati e le strizzate d’occhio ad Haftar, che combatte contro al-Serraj, che noi proteggiamo, non vanno molto bene. Che faremo? Abbandoniamo al-Serraj, pur di avere i favori della Francia, che così si soffierà le concessioni petrolifere libiche? Come si vede, buoni rapporti sì, sono necessari, ma fino a che punto?
Con la Germania, dolente per il calo delle preferenze della Merkel e per l’avanzata in Sassonia del partito Alternative fur Deutschland, che i commentatori locali definiscono d’ultra destra, la situazione non è chiara. La nostra economia è largamente implicata con quella tedesca, ma la Germania è ora all’inizio di una recessione i cui sviluppi sono ancora del tutto imprevedibili. Che facciamo, solo l’ossequio o un passo più avanzato?
Quanto agli Stati Uniti, la imprevedibilità di Trump è tale che l’altro giorno il nostro Salvini, allora in auge, fu ricevuto dal Segretario di Stato e, poco dopo, twittando, Trump auspicava un Conte bis. Che fine ha fatto la “cabina di regia” Italia-USA di cui si favoleggiava all’epoca di un altro viaggio di un Primo ministro italiano?
Con gli Stati Uniti non si può avere una propria politica. O si è nel mucchio europeo, che tra l’altro di politica non ne ha nessuna ed è inviso a Trump, oppure niente. L’idea di agire da soli è molto sovranista ma inutilmente pellegrina, se non si è in buona compagnia.
In buona sostanza, lasciando per il momento da parte i rapporti con Russia e Cina, gli spazi di politica estera italiana sono molto esigui.
Non parliamo, poi, dell’Africa, continente nel quale insistiamo a cercare accordi con i Paesi di transito dell’immigrazione e non con quelli di partenza, troppo remoti per la nostra lungimiranza diplomatica.
\Così, il ruolo del nostro Ministero degli Affari Esteri è molto ridotto, praticamente inesistente, a parte le presenze, spesso silenziose, ai vari G/7, G/8 o G/5 cui siamo invitati, tanto per far numero.
Poi, per la nostra politica comunitaria, la sensazione generale è che, avendo inviato Gentiloni a Bruxelles come Commissario, la questione sia risolta. Ignoro quale incarico sarà affidato a Gentiloni, ma mi auguro che sappia essere all’altezza della situazione. Se gli daranno una delega per la concorrenza se la dovrà vedere con i giganti del web, Amazon, Google et similia. Non è un affare da poco. Lo staff della Commissione è in gamba e competitivo, ma occorrerà anche dare delle linee di politica generale comunitaria. L’Italia c’entra poco, in questo contenzioso.
Gentiloni, quindi, sarà pure un’eccellente pedina nella Commissione, ma i suoi poteri saranno da un canto enormi e difficili e, dall’altro, molto limitati dalle sue competenze.
Se poi gli affidassero gli Affari Economici e Finanziari oppure il Commercio, apriti cielo! Si va direttamente in rotta di collisione con la grande finanza internazionale e con la politica commerciale di Trump.
In conclusione, questo spiega perché abbiamo un Ministro degli Esteri della statura di un Di Maio e perché la cosa non deve dare scandalo. E’ un portafoglio inutile. Farà tutto Conte, se potrà farlo, e da vicepremier, Di Maio diventerà il passacarte del nuovo Presidente del Consiglio. Un vero affare.
Salvata la faccia, i 5 Stelle potranno dormire sonni tranquilli. Il Capo del Movimento è stato formalmente giubilato, ma con la feluca.