L’editoriale di (di Stelio W. Venceslai)

 Renzi lascia il PD in brache di tela e fa un partito tutto suo. Ha il minimo di deputati e di senatori necessari per fare due gruppi parlamentari e ricattare il governo, con la risicata maggioranza che il Conte bis ha al Senato.

E così il grande giullare ha fatto il colpo grosso. A Renzi il PD non sta più bene come non gli sta bene l’essere politicamente innocuo. Doveva trovare uno sprovveduto come Zingaretti per soffiargli l’idea e il partito.

Zingaretti aveva escluso l’idea di fare un accordo con 5Stelle e aveva tutto l’interesse ad andare alle elezioni per sbarazzarsi della componente parlamentare renziana. Renzi ha capovolto il gioco suggerendo l’accordo con 5Stelle e un nuovo governo giallo-rosso. Zingaretti, che non né idee né grinta, si è calato le brache e ha seguito le indicazioni di Renzi, cadendo nella sua trappola.

Completato il governo giallo-rosso con ben 45 Sottosegretari e 10 Vice premier, tra i quali pochi renziani (l’ultimo colpo di Zingaretti), con la sua scissione Renzi lascia il PD in brache di tela e fa un partito tutto suo. Ha il minimo di deputati e di senatori necessari per fare due gruppi parlamentari e ricattare il governo, con la risicata maggioranza che il Conte bis ha al Senato.

Renzi torna sulla scena. Il vero vincitore di tutta questa crisi estiva è lui. Dopo l’improvvida mossa di Salvini, è lui che ha sparigliato le carte, avendo come interlocutori Di Maio e Zingaretti, in politica due puttini seicenteschi.

Tanto per avere un’idea della sensibilità politica di cui è dotato il Di Maio, alla proposta di Zingaretti di fare un accordo politico anche per le regionali, dove stanno messi male tutti e due, ha risposto che “la questione non è all’ordine del giorno”, salvo poi ripensarci. Al terremoto renziano in casa PD, di cui è alleato di governo, ha detto che “non sono affari nostri, ma del PD”. Per avere un’idea aspetta la benedizione di Grillo e le direttive di Casaleggio.

Finalmente, Renzi può ricattare tutti. Poiché ha detto a Conte che appoggerà il suo governo, come sa bene Letta, potrà immischiarsi nelle prossime nomine e nei prossimi incarichi istituzionali, l’unico suo vero interesse alla scissione. Alle regionali in Umbria dice che si schiererà con il PD, anche se le sue promesse valgono quanto una foglia di fico rinsecchita.

Il governo giallo-rosso diventa un pentapartito di antica memoria (ci sono anche gli Italiani all’estero). Il PD entra in deliquio se non in prossima dissoluzione. Quanti, dopo questa scissione, seguiranno Renzi nei prossimi mesi? Il Senatore socialista Nencini, che  gli ha dato il simbolo per fare un gruppo al Senato, una senatrice di Forza Italia e si parla già di un’adesione dell’ineffabile Casini, buono per tutte le bandiere.

Alle elezioni il PD è già ai minimi storici. A Renzi i sondaggi danno un 4-5% che va tolto ai consensi per il PD. Che cosa resta del partito che fu già PCI, DS, Quercia, Ulivo, Margherita e così via? Il festival del trasformismo. Lo aspetta la fine di Forza Italia.

Gli intenti di Renzi sono, a suo dire, nobilissimi. L’Italia è in una fase di transizione politica che vede il declino della destra e della sinistra tradizionali e l’insorgere di forze nuove, almeno all’origine anti-sistema, con una forte deriva populista e, in taluni casi, sovranista. Il ceto operaio è inesistente, la classe borghese impoverita e allo sbando. La metà del Paese non vota per indifferenza, delusione o rigetto. Al centro c’è un vuoto, dove Renzi pensa e crede, interpretando questo disagio, e di poter pescare consensi. È una vecchia illusione che nutriva anche il Berlusconi e s’è visto com’è finita. Non a caso i due hanno affinità da palcoscenico.

La mossa di Renzi lo riporta in gioco in modo prepotente. Dopo aver condizionato il PD nel periodo in cui ne è stato Segretario e Capo del governo, portandolo al disastro, con i suoi numerosi famuli in Parlamento ha condizionato il PD di Zingaretti fino a farne fare la sua marionetta ossequente. Fatto il gioco e constatata la mollezza degli avversari, ora sferra il colpo, contando sul progressivo disfacimento di quell’equivoco sinistra-centro-sinistra-democristian-socialista che è il PD. D’ideologia non c’è neppure l’ombra, d’interessi, personali e di gruppo, moltissimi. Mi scindo da te perché non ti condivido, ma sto con te al governo. Un paradosso velenoso.

Fatto fuori Salvini, Renzi si trova con due competitors molli: Zingaretti, effimero come una rosa di giugno, e lo spaesato Di Maio, con il collare di Grillo e il guinzaglio di Casaleggio. Due nullità, rispetto all’aggressività e alla prepotenza di Renzi.

Con la svolta giallo-rossa, l’elettorato grillino non ha ben digerito l’alleanza con il PD di Zingaretti. Il fatto che, non richiesto, ora il gruppo di Renzi diventi partner di governo e alleato dei 5Stelle è un boccone pesante da ingoiare per l’elettorato grillino. Giravolte sì, ma non tali da far girare la testa e perderla.

In effetti, il quadro politico è in movimento e in gran confusione. Il primo effetto sarà sul governo. Come reagirà il Presidente del Consiglio a questo cambiamento di scenario? Si è lamentato di non averlo saputo prima. Cosa sarebbe cambiato? Nulla. E’ noto che le assicurazioni di Renzi valgono assai poco. È nota la sua spregiudicatezza. Se gli convenisse, potrebbe anche cercare un approccio con Salvini. Tanto, per Mattarella, ciò che importa è che ci sia una maggioranza parlamentare non che gli umori del Paese siano diversi.

La situazione peggiore è per il PD, lacerato da questa ennesima scissione. Che ruolo può avere? Tutti al centro? Troppa folla, e se poi l’elettorato si è stufato del centro e vuole soluzioni più radicali, che sucvcede? Quanti partiti di sinistra ci sono? Quanto sono percepibili all’elettorato le differenze tra l’una e l’altra formazione? Tornando al PD, quanto potrà durare la gestione ondivaga di Zingaretti? Se dura, il PD continuerà a perdere pezzi. Se non dura, chi tirare fuori dal vivaio delle intelligenze del partito?

Il solo beneficiario della mossa di Renzi è Salvini. Considerate le delusioni profonde che Renzi ha generato nell’opinione pubblica negli anni scorsi, il fatto che s’identifichi, almeno al momento, con il Conte bis, completa per la Lega l’obiettivo da abbattere.

In fondo, cos’è Renzi? Uno di destra, di centro o di sinistra? Un democratico, un liberale o un conservatore? È difficile rispondere. Ciò che Renzi non considera è quanto sia diventato inviso alla gente comune, che lo considera inaffidabile.

Renzi appartiene solo a se stesso e ai suoi accoliti: mezze riforme e mancette elettorali, un referendum fallito e tante sbrasate, il ricatto come arma e il nulla come programma.

 

 

Roma, 18/09/2019