RIPRENDE mercoledì 6 NOVEMBRE
IN CORTE DI ASSISE IL PROCESSO
PER IL DELITTO
DI KATIA TONDI
Imputato il marito della donna. La perizia depositata dovrebbe chiarire l’ora della morte finora incerta e controversa tra accusa, consulenti, periti e difesa. Un processo altamente indiziario mentre il vero assassino è ancora tra noi. Questo il vero processo mentre quello mediatico di “Quarto Grado” ha già condannato e linciato con una aggressione giornalistica il povero Lavoretano.
Riprenderà mercoledì, innanzi la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere (Presidente, Giovanna Napoletano; giudice a latere, Alessandro De Santis; pubblico ministero, Domenico Musto),il processo a carico di Emilio Lavoretano, accusato a piede libero, di essere l’assassino della moglie Katia Tondi, rinvenuta cadavere nella propria abitazione nel luglio del 2013.
Emilio Lavoretano,che finora si è protestato sempre innocente è difeso dall’avvocato Natalina Mastellone, mentre la parte civile costituita in giudizio con Assunta Giordano e Carlo Tondi, genitori della vittima, è assistita dall’avvocato Gianluca Giordano.
Viva attesa intanto per quanto emergerà dalla perizia del Dr. Pietro Tarsitano, superperito della Corte, nominato appositamente per confutare le perizie dell’accusa e della difesa. E’ stata stabilita l’ora della morte? Finora la stessa ha avuto date ballerine. Tra le 17 e le 19. Ma questa ora è essenziale (stavo per scrivere esiziale) perché a seconda del responso cadrebbe o sarebbe valido l’alibi del marito della donna uccisa.
Lavoretano è uscito di casa dopo le 19. Su questi punti – ai fini della individuazione della colpevolezza del presunto assassino – come è noto – ci sono contrastanti pareri tra i periti e i consulenti.
Sarà un’udienza quindi con un duello tra egregi colleghi (oltre a Tarsitano,infatti, si dovranno confrontare il perito della Procura Dr. Maurizio Saliva, il consulente della difesa Prof. Vittorio Fineschi – ordinario di medicina legale de La Sapienza di Roma, tra l’altro è stato consulente della difesa nel processo per la morte di Stefano Cucchi- altri tecnici chiamati a chiarire il “buco” dell’alibi di Lavoretano.
Questo quanto si potrebbe dire sul processo, quello vero, mentre quello mediatico di “Quarto Grado” è già arrivato alla sentenza. Il solito ritornello di colpevolisti che per fare audince passerebbero sul cadavere della propria madre.
Andiamo con ordine. Sono trascorsi sei anni dal giorno del delitto è un giornalista (pare si chiami Guglielmo Mazzola) di “Quarto Grado” (autore tra l’altro di una vera e propria aggressione morale) – al telefono dopo aver chiesto a Lavoretano se era tranquillo, si è doluto del fatto che lui era ancora a piede libero dopo 6 anni.
Dallo studio hanno riproposto la famosa telefonata al 118 con la quale Lavoretano chiedeva aiuto e piangeva e non già che diceva l’ho uccisa io… mentre diceva l’ho trovata io… sono venuti i ladri a rubare… Etc. Etc.
Ma “Quarto Grado” nell’ultima puntata ormai si è definitivamente scoperto. Oltre ad essere di parte e colpevolista ha dimostrato chiaramente di avere dei contatti diretti con qualcuno che svolge un ruolo importante nell’ambito del processo Tondi.
Infatti la perizia del Dr. Tarsitano, pur essendo stata depositata in cancellerie, non era nota ai giornalisti ed al pubblico invece… è stata commentata in studio dai vari: Alessandro Meluzzi, Massimo Picozzi, Luciano Garofano e Ezio Denti (questi ultimi due chiaramente prezzolati e di parte perché hanno svolto dei ruoli importanti nell’ambito del processo) e non mi pare abbastanza serio anticipare le proprie tesi nel processo mediatico invece che in udienza ed è uscito fuori che Tarsitano ha fissato dalle 18 alle 19 l’ora del delitto.
Insomma “Quarto Grado” è apparso a molti telespettatori come un pool di pubblici ministeri pronti a fucilare – senza prove e senza riscontri – un povero cristo che se avesse voluto depistare non avrebbe certamente strappato le lettere e le partecipazioni del matrimonio.
L’unico (innocentista) che si è dimostrato di avere una certa serietà –e di non parlare a vanvera – nel pool di “Quarto Grado”, è stato Carmelo Abbate,il quale ha detto chiaramente che non si può condannare un individuo solo per la incertezza dell’ora della morte.
Un altro e stupido paradigma è stato quello di confrontare il delitto Tondi con quello di Salvatore Parolise. Certo, le cose convergono… nel senso che anche Parolise è stato detenuto a Santa Maria Capua Vetere, nel carcere militare. Ma quale nesso ci sia tra i due delitti è difficile comprenderlo.
Alla fine la giustizia trionferà. I giurati non si faranno certamente affascinare dalle sirene degli imbonitori tv, ciarlatani per mestiere. Il collegio dovrà condannare l’imputato con le prove che si sono formate in udienza e oltre alle trasmissioni tv – che sono aria fritta – resta il fatto che questo è un processo indiziario, dove non è stato identificato il movente e neppure l’assassino.
La presunzione di innocenza barattata con quella della colpevolezza? Ma come dormiranno i giudici togati e popolari con il peso sulla coscienza di una ingiusta condanna? Se non vi saranno richieste di acquisizioni di ulteriori prove testimoniali il processo si avvierà verso la conclusione e la sentenza è prevista prima della fine dell’anno.