LUNEDI’ IN CORTE DI ASSISE IL PROCESSO PER IL DELITTO DI KATIA TONDI
Imputato Emilio Lavoretano, marito della donna, accusato a piede libero. Udienza quasi conclusiva con l’arringa dell’avv. Natalina Mastellone – Il P.M aveva chiesto 25 anni per l’imputato. Incertezza sull’ora del delitto. Querela del criminologo Carmelo Lavorino nei confronti dell’avv. Gianluca Giordano di parte civile per infamanti accuse lanciate in aula. La sentenza prevista per il prossimo 18.
Riprende lunedì in Corte di Assise (Presidente, Giovanna Napoletano; giudice a latere, Alessandro De Santis; pubblico ministero,Domenico Musto),il processo a carico di Emilio Lavoretano, accusato a piede libero, di essere l’assassino della moglie Katia Tondi, rinvenuta cadavere nella propria abitazione nel luglio del 2013.
Intanto vi è da registrare una notizia dell’ultima ora. Ci sarebbe un feroce scontro finito a colpi di carta bollata fra il prof. Carmelo Lavorino, il criminologo consulente di Emilio Lavoretano e consulente dell’avvocato Natalina Mastellone, nei confronti dell’avv. Gianluca Giordano, il legale dei genitori di Katia Tondi.
Il prof. Lavorino ha, infatti, presentato una corposa denuncia contro l’avvocato Giordano (una decina di pagine più una trentina di pagine di allegati), dove si sente leso dalle insinuazioni di Giordano, principalmente quattro: 1) il criminologo avrebbe omesso di relazionare sulle sue attività gli inquirenti; 2) avrebbe omesso di consegnare i reperti da lui fotografati di avere pulito la casa per timore che venisse scoperto l’assassino; 3) avrebbe indicato piste investigative indicategli da Lavoretano; 4) addirittura l’avv. Giordano avrebbe dubitato sulla genuinità delle fotografie scattate dal prof. Lavorino, fra cui una importantissima, quella di una porta esterna del parco che risultava divelta.
Il prof. Lavorino è deciso e secco da noi avvicinato ci ha detto: “Basse insinuazioni basate sul gusto di accusare ed apparire, insinuazioni che ritengo deliranti e non professionali: una falsità totale. La foto scattata dal sottoscritto che riprende la porta del parco condominiale divelta è stata da me mostrata nella conferenza stampa del 25 settembre 2013 a Santa Maria Capua Vetere, è genuina, è negli atti processuali e non è frutto di alcuna falsificazione come invece insinuato dall’avv. Gianluca Giordano”.
“Mai ho seguito alcuna “indicazione” di Emilio Lavoretano per nascondere e/o omettere e/o falsificare alcunché come insinuato dall’avv. Gianluca Giordano, anzi, ho indicato agli Inquirenti alcune piste investigative molto interessanti e ho proposto di analizzare quanto da me repertato (peli, capelli e forcina”.
“Mai ho nascosto, omesso o falsificato alcunché: circostanze queste rinvenibili agli atti del fascicolo, e quindi conosciute dall’avvocato Giordano”.
“Di fatto il legale mi ha attribuito falsamente una condotta di partecipazione ad attività depistatorie e di alterazione della scena del crimine e delle prove relative all’omicidio, d’intesa con l’indagato, condotta che ho inteso denunciare. Non capisco come un avvocato serio possa sparare balle del genere. Si vede che la pseudonotorietà da alla testa”.
“Ripeto: per me Emilio Lavoretano è innocente e qualcuno ha usato i poveri familiari di Katia Tondi per farsi pubblicità e come biglietto da visita per essere illuminato dai riflettori mass mediatici.”
Nel corso delle precedenti udienze vari sono stati gli scontri tra i periti e i consulenti, Pietro Tarsitano (super-perito); Maurizio Saliva, Vittorio Fineschi, Roberto Porto, Giuseppe De Rosa e Luciano Garofano, chiamati a decidere sull’ora del delitto, sui retroscena della telefonata al 118 e sulla mancata registrazione della temperatura corporea della vittima,(il medico intervenuto non aveva il termometro); ma non vi è stato un corale accordo sui temi loro assegnati.
Nell’ultima udienza vi è stata la requisitoria del pubblico ministero Domenico Musto, il quale, al termine del suo intervento, ha chiesto una condanna per l’imputato a 25 anni reclusione, senza aggravante e senza premeditazione. “Ho ritenuto di non subire la tentazione di richiedere una misura cautelare per Lavoretano” – ha esordito Musto – ma di far sì che fosse il dibattimento la sede in cui si forma la prova”. Lavoretano – secondo la ricostruzione accusatoria – avrebbe strangolato la moglie da dietro, adagiandola sul pavimento, e le avrebbe poi messo le pantofole ai piedi. “Una cosa inconcepibile – ha affermato il pubblico ministero – quando una persona viene strangolata, si dimena”.
Attesa per lunedì quindi l’arringa dell’avvocato Natalina Mastellone, in difesa dell’imputato.