Augusto La Torre, l’ex boss autore del libro

“Il Camorfista”

intellettuale plurilaureato

ha provocato di proposito la sua condanna all’ergastolo per protestare contro il divieto delle telefonate alla moglie

da Il Mattino di Biagio Salvati

È stata firmata dal giudice del tribunale di Napoli, Vincenzo Caputo, che lo condannò all’ergastolo nell’ottobre dello scorso anno, l’ordinanza cautelare a carico di Augusto La Torre ex boss di Mondragone, una laurea in psicologia conseguita in carcere, arrestato la prima volta nel 1992 e collaboratore di giustizia dal 2003. Fino ad alcune ritrattazioni che gli hanno fatto perdere lo status di pentito proprio negli ultimi due processi: ovvero, quello sull’omicidio Broccoli (dove è stato condannato a 20 anni senza beneficio dell’articolo 8 sui collaboratori) e quello sulla strage di Pescopagano dove La Torre è andato incontro all’ergastolo che non è nemmeno configurabile come ostativo.La misura cautelare è scattata sulla base di un presunto pericolo di fuga, anche se l’ex capo dei «Chiuovi» di Mondragone da Ivrea è passato due anni fa nel carcere di Campobasso dove il magistrato competente ha concesso a La Torre un solo permesso di «necessità», la scorsa estate, per far visita alla madre (ma ammanettato). Con questo processo, il trentaseiesimo per La Torre, poteva prospettarsi una possibile fine della pena prevista nel 2022 ma l’istanza al tribunale competente non era stata completata dalla difesa in attesa della sentenza di Pescopagano: uno sconto basato sul cumulo matematico delle condanne, sulla continuazione del reato (sentenze assorbite da altri verdetti) e sul cosiddetto beneficio del trentennale che avrebbe fatto passare il termine della pena dal 2052 al 2022. Nello stesso processo sulla strage di Pescopagano era imputato anche il cugino di Augusto La Torre, Tiberio ed altri coimputati condannati a pene fino a 20 anni con il beneficio delle attenuanti generiche. Nel frattempo, l’ergastolo sarà appellato dalla difesa di La Torre, rappresentata dall’avvocato Beatrice Rinaudo del foro di Torino. Nella strage di Pescopagano, avvenuta nell’aprile del 1990 a Baia Verde-Castelvolturno, persero la vita cinque persone e mentre il figlio 14 enne del titolare del bar (il padre, peraltro, era tra gli obiettivi del raid), rimase ferito in modo permanente. La Torre è considerato uno degli esecutori materiali della strage compiuta per eliminare dal Litorale Domitio la presenza degli immigrati che spacciavano droga, ossessione del clan dei Chiuovi (in un altro caso fu ucciso in tanzaniano). I killer spararono inizialmente all’interno del bar «Centro» dove morirono Naj Man Fiugy e Alfonso Romano, un lavoratore padre di sei figli e vittima innocente del massacro; altre sei persone rimasero ferite. Pochi istanti dopo, il commando sparò contro una 127 parcheggiata in strada e trucidò altri tre stranieri, Haroub Saidi Ally, Ally Khanshi e Hamdy Salim e ne ferì una quarta. L’ordinanza è stata notificata in carcere a La Torre dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta. Sent using the GMX mail app