Il Tar Emilia Romagna rimette la questione alla Corte europea: rischio costi elevati per risarcimenti e regolarizzazioni

 Il Tar per l’Emilia Romagna ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la questione circa la compatibilità della normativa italiana che regola il rapporto di lavoro ed il trattamento previdenziale dei giudici di pace con gli artt.20, 21, 31, 33 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché con le direttive n.1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato, n.1997/81/CE sul lavoro a tempo parziale, n.2003/88/CE sull’orario di lavoro e n.2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

Lo rendono noto gli avvocati sanniti Giovanni Romano, Egidio Lizza e Luigi Serino, che da anni tutelano gli interessi dei giudici di pace e delle associazioni di categoria. Il caso riguarda una donna, giudice di pace, che svolge ininterrottamente tali funzioni presso lo stesso ufficio dal 2002, senza essere riconosciuta come dipendente e senza tutele assistenziali e previdenziali ad hoc.

“Il Tar – sottolineano i legali – solleva dubbi sulle norme che, prevedendo solo una indennità in favore dei magistrati onorari, possono ledere autonomia e indipendenza della funzione giurisdizionale, che invece è garantita, oltre che dalla Costituzione italiana, dagli articoli 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e 6 della CEDU. Esprimiamo soddisfazione per questo importante passo in avanti verso la tutela dei diritti dei giudici di pace e della magistratura onoraria in generale, attraverso cui si amministra un settore importante della giustizia in Italia. Giudici di pace e giudici onorari risultano – proseguono – non solo non assimilati al trattamento economico, assistenziale e previdenziale previsto per i giudici togati, ma completamente privi di tutela assistenziale e previdenziale garantita alla normalità dei lavoratori pubblici”.

È stata inoltre rimessa dal Tar alla Corte di giustizia UE, la questione se la clausola 5 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE, osti all’applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana, secondo cui l’incarico a tempo determinato dei giudici di pace quali giudici onorari, possa essere sistematicamente prorogato senza la previsione della trasformazione in rapporto a tempo indeterminato o di altra tutela dissuasiva.

Su tali questioni, dirimenti per il futuro della magistratura onoraria, toccherà alla Corte del Lussemburgo pronunciarsi, ai sensi dell’art. 267 TFUE, e tale decisione vincolerà tanto i giudici nazionali interessati dal contenzioso, quanto le future scelte legislative al riguardo.

Occorre ricordare che già il Comitato europeo dei diritti sociali aveva in precedenza giudicato discriminatoria la legge italiana che disciplina il rapporto della magistratura onoraria. Sarà ora compito della Corte di giustizia esaminare attentamente, e con poteri maggiormente incisivi, la questione.

“I costi per i connessi risarcimenti e le necessarie riforme dell’ordinamento giudiziario – concludono gli avvocati Romano, Lizza e Serino – potrebbero essere rilevanti ma necessari, riteniamo, sia per il corretto funzionamento del sistema giustizia che per le adeguate garanzie a beneficio degli addetti ai lavori”.