Errori giudiziari, sale il conto dei risarcimenti
Le riparazioni per ingiusta detenzione disposte dalle diverse Corti d’Appello, non più soggette ad impugnazione e dunque definitive, sono state infatti 489.
Gli indennizzi per ingiusta detenzione cresciuti da 33,3 a 43,4 milioni. Gli errori giudiziari costano. Costano tanto a chi si trova in carcere da innocente e si vede rovinare la vita. E pesano pure sulle casse dello Stato che deve risarcire le vittime. Costano talmente tanto che nel giro di un anno gli indennizzi per ingiusta detenzione sono aumentati di 10 milioni di euro.
Una piaga che emerge dalla relazione sull’applicazione delle misure cautelari personali e sui provvedimenti di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione predisposta dal Ministero della giustizia e presentata alla Camera dei deputati dal ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà.
Al 31 marzo scorso, stando ai dati forniti dall’86% degli uffici giudiziari italiani al dicastero di via Arenula, risulta che nel 2019 sono state emesse 94.197 misure cautelari, 31.624 delle quali in carcere, dunque le più pesanti. Circa ottomila in più dell’anno precedente. Aumentati però anche gli innocenti messi in carcere. Le riparazioni per ingiusta detenzione disposte dalle diverse Corti d’Appello, non più soggette ad impugnazione e dunque definitive, sono state infatti 489.
E altre 537 sono invece quelle ancora soggette ad impugnazione. Oltre mille in totale. Ogni provvedimento del genere è la storia di un dramma vissuto dai protagonisti di tali vicende. E un costo per lo Stato. Tanto che nel 2019 per i rimborsi a chi è stato ingiustamente detenuto il Ministero dell’economia e finanze ha speso 43,4 milioni di euro.
Dieci milioni in più del 2018, quando la spesa è stata di 33,3 milioni. Mille le ordinanze a cui ha dovuto far fronte il Mef, per un importo medio di 43.487 euro. Esborsi si relativi in larghissima parte a errori compiuti nel Meridione, con i pagamenti più consistenti emessi in relazione provvedimenti della Corte d’Appello di Reggio Calabria.
Chi sbaglia è però ancora difficile che paghi. Nella relazione presentata a Montecitorio viene specificato che, analizzando l’attività svolta dall’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, la comparazione con gli anni precedenti non risulta possibile, considerando che l’Ispettorato ha fornito per il 2019 dati parziali, in quanto non disponibili quelli relativi alle Corti d’Appello di Brescia, Lecce, Napoli, Perugia, Salerno.
Evidenziato quindi che, relativamente ai procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati, “l’analisi normativa e il monitoraggio avviato dall’Ispettorato generale sulle ordinanze di accoglimento delle domande di riparazione per ingiusta detenzione consentono di ritenere”, l’assenza di correlazione tra il riconoscimento del diritto alla riparazione accertato nei citati provvedimenti e gli illeciti disciplinari dei magistrati, che le anomalie che possono verificarsi in correlazione con l’ingiusta compressione della libertà personale in fase cautelare sono costantemente oggetto di verifica da parte degli Uffici ministeriali, sia nel corso di ispezioni ordinarie sia a seguito di esposti e segnalazioni delle parti, dei loro difensori e di privati cittadini, che in esito alle informative dei dirigenti degli uffici, e che il sistema disciplinare consente di intercettare e sanzionare condotte censurabili molto prima ed indipendentemente dalla verifica giudiziaria dei presupposti per il riconoscimento della riparazione da ingiusta detenzione. Intanto c’è chi senza colpe continua a finire in una cella e lo Stato che con i soldi di tutti continua a rimborsare gli errori.
Fonte: di Clemente Pistilli/ La Notizia, 18 giugno 2020