Il Fatto come la Fiat? Su un prestito garantito Libero, Dagospia e Porro all’attacco
“Il Fatto Quotidiano non ha mai ricevuto, né sta ricevendo, né riceverà un euro di finanziamento pubblico”, come del resto recita con ampia evidenza il sottotitolo della testata. La precisazione è firmata da Cinzia Monteverdi, presidente e amministratore delegato di Seif, società editrice del giornale diretto da Marco Travaglio. Porta la data del 15 giugno, è stata pubblicata sull’edizione cartacea del quotidiano ed è arrivata anche via newsletter agli abbonati, in bell’evidenza: “Al ‘Fatto’ zero fondi pubblici: finanziamento bancario e stop”.
Perché la precisazione? La smentita, si riferisce alla notizia trasmessa dall’Agenzia Ansa l’11 giugno alle 19:14, in cui si legge che la Sief ha sottoscritto un contratto di finanziamento da 2,5 milioni di euro con Unicredit, finalizzato a “sostenere il progetto di sviluppo industriale della società”, come informa una nota dell’editrice stessa. “Un contratto garantito – scrive l’Ansa – al 90% dalla Cdp”, cioè la Cassa Depositi e Prestiti, quindi lo Stato, “con un rimborso previsto in 60 mesi, con un pre-ammortamento di 12 mesi ad un tasso variabile ‘in linea con gli standard di mercato’”. “L’operazione con Unicredit – spiega poi il direttore finanziario Luigi Calicchia – va considerata come un finanziamento bridge, necessario a supportare il programma di investimenti in corso, tra l’altro già previsto nel piano industriale aziendale”. Fin qui l’Ansa.
SCHERNO, IRONIA, LIVORE
La notizia è stata ripresa, condita da fiumi di scherno, ironia e livore, il giorno 13 giugno da diversi quotidiani, in particolare quelli che fanno riferimento al centrodestra – come Il Giornale e Libero – ma anche Il Riformista, che con Il Fatto incrocia spesso le armi in materia di giustizia, regole, diritti e garanzie –, oltre al sito Dagospia, che l’ha rilanciata, e dalla trasmissione di Lucia Annunziata su Raitre, Mezz’ora in più, la scorsa domenica 14 giugno con Alessandro Di Battista. I titoli si sono sprecati: “Travaglio batte cassa e Conte ‘regala’ al Fatto Quotidiano 2,5 milioni di euro”; “Fatto Quotidiano e Marco Travaglio, 2,5 milioni di prestito con garanzia dello Stato dal decreto-Conte”, per citarne solo alcuni.
Il più tagliente e sprezzante è stato il commento del vice direttore de Il Giornale, nonché conduttore della trasmissione Quarta Repubblica su Rete4, Nicola Porro, che su Twitter ha così ironizzato: “Se foste un #imprenditore con i conti in rosso e chiedeste un prestito garantito, cosa vi risponderebbe la banca? Ma se foste Marco Travaglio, il discorso forse cambierebbe…”, mentre sul suo sito ha poi attaccato: “Bravi, complimenti, ce l’avete fatta. Meglio per il nostro comparto, davvero malmesso, dell’editoria. Certo, quel famoso slogan su cui Travaglio & company hanno campato per anni, non riceviamo aiuti pubblici, almeno adesso risparmiatecelo”.
Non manca chi poi mette in relazione le simpatie de Il Fatto Quotidiano per i grillini, il premier Conte e “un governo che vi elargisce 2 milioni e mezzo di euro con garanzia dello stato al 90%”. Critiche alle quali Monteverdi replica osservando che “non abbiamo motivo, neppure in questo momento, di accedere ad alcun finanziamento pubblico né tantomeno a prestiti garantiti dallo Stato come quelli previsti dalle misure eccezionali varate dopo la pandemia per i soggetti colpiti. Per quanto queste ultime siano sacrosante per aiutare tante aziende in difficoltà, Seif non le ha richieste”. E nella nota agli abbonati all’edizione digitale del quotidiano, la presidente e ad della società editrice de Il Fatto precisa che “ci siamo limitati a chiedere un finanziamento a Unicredit per investimenti in immobilizzazioni, perché riteniamo che la crisi economica che attraversa il Paese potrebbe colpire diverse categorie con cui operiamo, a prescindere dai nostri buoni risultati”, come distributori, edicolanti, investitori pubblicitari e concessionarie, tutti soggetti che “potrebbero avere bisogno di tempo per liquidarci il dovuto”. “Pertanto mettiamo in conto per i prossimi mesi un oggettivo rischio finanziario (di liquidità) che potremmo essere costretti a coprire”, sottolinea Monteverdi. Monteverdi preannuncia che “il nostro piano di investimenti non si fermerà” e che il finanziamento rientra nella legge 662 del 1996, cioè “un normalissimo finanziamento bancario che, come da prassi in caso di destinazione a investimenti, è garantito dal Medio Credito Centrale”. Dunque “è falso che abbiamo chiesto un finanziamento pubblico, che prendiamo soldi dallo Stato, che riceviamo favori dall’attuale governo: semplicemente perché non è vero” scrive la presidente e a.d. intimando che “chi continuasse in questa mistificazione senza rettificare le diffamazioni diffuse per infangare Il Fatto, ci costringerebbe ad adire le vie legali e ne risponderebbe in Tribunale”.
L’OPERAZIONE ELKANN
L’operazione è stata assimilata a quella messa in atto da Fca-Fiat, che ha avanzato una richiesta ben più corposa per un finanziamento a tasso agevolato di 6,3 miliardi a intesa San Paolo, garantito da Sace, quindi in ultima istanza dallo Stato, operazione che ha subito scatenato polemiche e reazioni politiche. Tra le quali c’è da annotare anche un velenosissimo editoriale dello stesso Travaglio apparso il 18 maggio, il cui incipit è: “Viva la Fca (che dio la benedica)”, assai critico verso “l’innovativo accordo”, come l’ha definito la Repubblica in un commento di prima pagina il giorno 17. La Repubblica, quotidiano da pochi mesi acquisito da John Elkann, che di Fca è il presidente.
I motivi dell’ostilità alla richiesta di prestito da parte dell’industria automobilistica sono dovuti al fatto che Fca e la sua controllante Exor abbiano la loro sede finanziaria in Olanda, paese “paradiso fiscale”, e che Fca abbia anche deliberato un dividendo pari a 5,5 miliardi di euro ai propri azionisti in considerazione dei consistenti utili maturati dall’azienda, redistribuzione poi congelata. Perché allora sfruttare le opportunità del Decreto Liquidità sul post Covid-19 quando la società sembra non avere necessità ed essere anzi in stato di buona salute tanto da distribuire dividendi agli azionisti? Fca si è giustificata in un primo momento asserendo che “tutte le erogazioni derivanti dalla linea di credito sarebbero gestite attraverso conti correnti dedicati, accesi da con Intesa San Paolo al solo scopo di supportare la gestione dei pagamenti alla filiera italiana dei fornitori, sostenendone i livelli di liquidità e garantendo al contempo la ripartenza delle produzioni e gli investimenti negli impianti italiani”.
Di sicuro, le differenze tra le richieste di Fca e Seif sono molte e rilevanti. L’enorme sproporzione della cifra di cui si chiede l’erogazione: 6,3 miliardi di euro Fca contro gli appena 2,5 milioni Seif. Il Fatto non ha sede finanziaria all’estero e non distribuisce dividendi miliardari contemporanei al prestito. Il Fatto utilizza la legge 662/96 sul Fondo di Garanzia, che permette alle aziende di accedere al credito anche in mancanza delle garanzie. Una legge per favorire l’accesso al credito delle piccole e medie imprese.
L’eco delle notizie date da Dagospia e da quotidiani come Libero e Il Giornale ha tuttavia suscitato la curiosità e l’allarme dei lettori che hanno scritto alla rubrica delle lettere de Il Fatto, come nel caso di Antonio Paris che chiede: “Continuo a leggere ancora ricostruzioni sul finanziamento che Il Fatto ha ottenuto da Unicredit e sulle relative garanzie, con allusioni a fondi pubblici e ruoli del governo Conte. Potete dirmi come stanno davvero le cose? Grazie”. Alla richiesta risponde contestualmente ancora una volta Monteverdi, che precisa: “Il finanziamento richiesto e ottenuto da Seif è stato erogato da Unicredit. La garanzia sottostante è del Mediocredito Centrale, come tutti i finanziamenti della legge del 1996. E non abbiamo richiesto alcun finanziamento diretto allo Stato, tantomeno per danni o impatti causati dal Covid; e, siccome non abbiamo alcuna intenzione di fallire, il Mediocredito Centrale non verserà nulla né tantomeno i cittadini”. Nel rispondere al lettore Paris, la presidente e ad de Il Fatto aggiunge che “da giorni continuiamo a leggere che Il Fatto ha chiesto e ottenuto un finanziamento pubblico. Notizia che abbiamo già smentito. Adesso ci tocca leggere che siamo dei bugiardi perché il finanziamento bancario ha garanzia statale”, però “se si vuole continuare a sostenere, non avendo altro di interessante da pubblicare, che abbiamo chiesto soldi allo Stato, non ci rimane che ripetere: ci vediamo in tribunale”.
Il punto è che Medio Credito Centrale nel tempo ha subito varie trasformazioni e aggiornamenti e, da ultimo, il 25 luglio 2019, ha sottoscritto una Letter of Acknowledgment tra Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., Fondo Europeo per gli Investimenti, Ministero dello Sviluppo Economico che potenzia il Fondo di Garanzia per le PMI grazie al Piano Juncker. Potrebbe basarsi proprio su questo nuovo ingresso e, dunque sulla presenza di Cdp in MCC, l’equivoco su cui si basano le speculazioni di stampa sui presunti finanziamenti statali a Il Fatto.
Fonte: Report/19 Giugno 2020/ di ALBERTO FERRIGOLO