Il Csm riduce a zero  la chiamata di correità di Palamara, su 133 testimoni ne concede solo 10…

Come un elefante che a un certo momento decide di entrare nel negozio di cristalli. È questa l’immagine che meglio di qualsiasi altra rappresenta la decisione di Luca Palamara di depositare lunedì scorso, per l’udienza disciplinare a suo carico che si terrà il prossimo 21 luglio al Csm, una lista di 133 testimoni. Nessuno si aspettava un elenco simile, sia per il numero monstre dei testi, sia per il loro “spessore”.

Nella lista, infatti, compaiono non soltanto ministri, ex presidenti della Corte costituzionale ed alti magistrati, ma soprattutto i due più stretti collaboratori del capo dello Stato Sergio Mattarella: il magistrato Stefano Erbani, consigliere per gli affari giuridici, e l’ex deputato del Pd Francesco Saverio Garofoli, consigliere per le questioni istituzionali.

Subito si è messa in moto la macchina per cercare di disinnescare la minaccia ed evitare che ci possano essere testimonianze “imbarazzanti”. Se il teorema dell’accusa è che Palamara con le sue condotte ha prodotto discredito nella magistratura mediante un “uso strumentale della propria qualità per condizionare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste, quale la nomina dei capi degli uffici da parte del Csm”, per la difesa, rappresentata dal consigliere di Cassazione Stefano Guizzi, il pm romano faceva parte di un sistema ben rodato del quale tutti erano perfettamente a conoscenza. In questo modo si spiega la richiesta di citazione degli ex vice presidenti del Csm degli ultimi vent’anni, dei capi delle correnti e dell’Anm.

Il primo compito del collegio disciplinare, che ieri non risultava ancora essere stato composto, sarà allora quello di “tagliare” il più possibile la lista testi dell’ex presidente dell’Anm, lasciandogliene al massimo una decina e solo di personaggi di secondo piano. Fonti del Csm dicono che i giudici disciplinari motiveranno l’opera di potatura con il fatto che la lista è “sovrabbondante” e che la maggior parte di questi testimoni è “irrilevante” per gli episodi oggetto delle contestazioni. La Procura generale della Cassazione cercherà in tutti i modi di limitare il perimetro difensivo di Palamara a quanto accaduto la sera del 9 maggio del 2019 all’hotel Champagne di Roma, allorquando il magistrato, alla presenza del deputato del Pd Luca Lotti, espresse duri giudizi nei confronti del procuratore aggiunto della Capitale Paolo Ielo e dello stesso procuratore Giuseppe Pignatone.

Chi ha avuto modo di parlare con Palamara in queste ore lo ha sentito consapevole di quelle che potranno essere le mosse della Sezione disciplinare. Sezione che Palamara conosce molto bene avendone fatto parte per quattro anni quando era al Csm. L’esito del disciplinare pare essere scontato. Le parole del procuratore generale Giovanni Salvi, “è stato raggiunto un punto di non ritorno, l’impatto sull’opinione pubblica è pessimo”, non lasciano molti dubbi sul destino di Palamara: rimozione dall’ordine giudiziario. L’ex leader di Unicost, però, non intende accettare il ruolo di capro espiatorio. Chi pensava che la toga prendesse spunto dal motto dei carabinieri, “usi obbedir tacendo e tacendo morir” ha fatto male i conti e ha dimostrato di non conoscere fino in fondo l’uomo. La prospettiva di vedersi radiato dalla magistratura e di trovarsi a 50 anni, dopo una carriera sempre ai massimi livelli, a dover chiedere il reddito di cittadinanza, ha dunque spinto Palamara a giocare il tutto per tutto: quando ci si trova a essere un colpevole designato è difficile rinunciare a una difesa a 360 gradi, anche in vista di sicure impugnazioni.

Dopo aver tagliato i testi, il passo successivo della disciplinare sarà poi quello di fare in fretta. Prima Palamara viene espulso dalla magistratura e prima il sistema delle correnti che si è immediatamente ricompattato, vedasi lo scontro sulla nomina del procuratore di Perugia, può riprendere forza e vigore. Per i gruppi associativi sarebbe durissima affrontare la campagna elettorale per il rinnovo dell’Anm, prevista per il prossimo autunno, con Palamara ancora sotto processo e con i vertici delle correnti che sfilano a piazza Indipendenza. È un “incubo” che deve essere evitato a ogni costo.

Fonte : di Paolo Comi /Il Riformista, 16 luglio 2020