Buona l’affluenza ai seggi. I giornaloni come Craxi nel ’91: nessuno li ascolta

Buona la prima e oggi, dalle 7 fino alle 15, urne ancora aperte. La prima volta al voto con la mascherina per 46 milioni di italiani non è stato l’Armageddon auspicato da parte della stampa italiana che, a edicole unificate, si è opposta alla riduzione dei parlamentari, promessa e voluta da tutti per 40 anni. Un po’ come fece Bettino Craxi nel 1991 quando esortò gli italiani “ad andare al mare” invece di recarsi alle urne per il referendum sulla preferenza unica. Lo slalom tra protocolli, misure di sicurezza e problemi di tipo organizzativo non si è trasformato in un ostacolo per il 30% degli elettori che alle 19 di ieri avevano votato per il referendum sul taglio dei parlamentari, le elezioni regionali in Campania, Toscana, Veneto, Liguria, Marche, Puglia e Valle d’Aosta e le suppletive in Sardegna e Veneto. Per le amministrative in 962 Comuni la percentuale di affluenza, sempre alle 19, ha toccato il 37%. In 1.820 elettori sottoposti alla quarantena hanno usufruito del voto domiciliare. Tra di loro anche Silvio Berlusconi ad Arcore. Al termine della prima giornata di voto, il totale dell’affluenza dovrebbe superare il 40%. Trattandosi di un referendum confermativo non è necessario raggiungere un quorum per la validità.

Per fare un paragone con il passato, nel 2016 quando si è votato per l’ultimo referendum costituzionale (la riforma Renzi-Boschi bocciata dal 59% degli elettori) alle ore 12 il dato di affluenza si era fermato al 10%, mentre ieri alla stessa ora aveva votato il 12% degli italiani. Un altro dettaglio: mentre quattro anni fa le urne sono state aperte solo un giorno, per questo appuntamento elettorale ci sono altre 9 ore a disposizione. Difficile anche consultare le ultime elezioni che si sono svolte su due giorni. Bisogna tornare alle politiche del 2013 quando il dato finale superò il 55%. Ma 7 anni fa furono la neve e la pioggia, che avevano colpito tutta la Penisola, specie al Nord, a condizionare pesantemente l’affluenza alle urne. In questa tornata elettorale si è, invece, cercato di azzoppare il voto in anticipo trasformando il Covid nel pericolo numero uno.

Negli scorsi giorni si sono susseguiti titoloni allarmistici sulle prime pagine dei giornali. “In Italia poco interesse per il voto”, ha titolo La Stampa il 16 settembre, per rincarare la dose tre giorni dopo: “Scrutatori in fuga per paura del virus”, fino all’apertura apocalittica di ieri: “Italia alle urne con l’incubo Covid”. Un crescendo anche per Repubblica. Si è passati da “Incognita virus sul voto. Le quarantene e i timori per gli anziani potrebbero pesare sull’affluenza” del 19 settembre al “Virus, emergenza ai seggi. Rinuncia il 50% di presidenti e scrutatori. In campo la Protezione Civile. Grande allarme per gli assembramenti fuori dai seggi”. Anche il Corriere della Sera ieri mattina ha instillato la giusta dose di terrore per spaventare gli elettori: “Voto, si teme una bassa affluenza”. Anche se non è ancora chiaro il motivo di questa possibile “Astensione record che fa paura al governo”, come ha titolato Libero sempre ieri, anche La Verità ha puntato tutto sul panico: “Alle urne con la paura del Covid. Ma mancano i presidenti di seggio”. Una campagna studiata sulle previsioni dei vari sondaggisti, cioè che l’affluenza alta avrebbe favorito il sì. Al contrario, una bassa avrebbe agevolato il no. Ma la giornata elettorale di ieri ha smentito tutto e tutti. Le prescrizioni anti-Covid (gel, mascherine, percorsi separati, matite sanificate) non hanno creato particolari disagi, al di là di alcuni episodi di positività al Coronavirus di alcuni presidenti di seggio o scrutatori che hanno costretto a sospendere temporaneamente le operazioni elettorali. E anche il ritiro di 100mila addetti alle votazioni di cui 75mila scrutatori e 30mila presidenti di seggio è stato subito risolta.

Gli appelli – anche via social – lanciati dal Comune di Milano hanno funzionato smentendo tutti i timori sul possibile forfait annunciato. In Puglia è intervenuta la Protezione Civile, mentre a Roma si è ricorso ai dipendenti capitolini. Insomma, in poche ore i sostituti sono stati trovati e le sezioni si sono ricostituite. “Ci sono state certamente delle criticità, ma sono state superate grazie al lavoro encomiabile dei sindaci e degli uffici comunali”, ha ammesso il prefetto Caterina D’Amato, direttore centrale dei servizi elettorali del ministero dell’Interno.

Fonte: di Patrizia De Rubertis | 21 SETTEMBRE 2020/ Il Fatto Quotidiano