Il Papa: ” L’ergastolo: È una pena di morte nascosta”

Nell’enciclica “Fratelli Tutti” Papa Bergoglio difende anche i diritti dei detenuti. Poi l’attacco alle tecnocrazie e alla finanza che provocano odio e marginalità. “Si tratta di un’altra logica. Se non ci si sforza di entrare in questa logica, le mie parole suoneranno come fantasie”: citando quasi alla pari il Grande Imam al Tayyeb, ricordando San Francesco ed il suo viaggio dal Sultano, Papa Francesco riconosce la spinta dei “fratelli non cattolici” Martin Luther King, Gandhi e Tutu (ma soprattutto al beato Charles de Foucauld) nel denunciare “il deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità”. È la malattia che rischia di distruggere li mondo contemporaneo. Bisogna rispondere con un nuovo senso di fratellanza, con il dialogo che unisca e valorizzi le singole culture, con un ripensamento dell’economia.

La tecnocrazia genera inumanità, la finanza dominio e strage. Un indebolimento dovuto all’imposizione di un pensiero unico che calpesta la memoria, perverte il significato delle parole democrazia e libertà, crea ingiustizia sociale e impone la liquidazione del debole in quanto scarto sociale. È questo il cuore di “Fratelli Tutti”, l’enciclica che ha firmato ieri sulla tomba del Santo di cui ha scelto di portare il nome e alla quale affida la critica del mondo contemporaneo, dimentico della fratellanza umana nel nome della grettezza sovranista dell’ego.

Un capitolo a parte è dedicato alla pena di morte e alla giustizia: “Oggi – scrive Bergoglio nella enciclica – affermiamo con chiarezza che “la pena di morte è inammissibile” è la Chiesa si impegna con determinazione a proporre che sia abolita in tutto il mondo”. “L’omicida non perde la sua dignità personale – scrive il Papa – Dio ne è garante”. Da qui due esortazioni: non vedere la pena come una vendetta, bensì come parte di un processo di guarigione e di reinserimento sociale, e migliorare le condizioni delle carceri, nel rispetto della dignità umana dei detenuti, pensando anche che l’ergastolo “è una pena di morte nascosta”. Francesco ribadisce la necessità di rispettare “la sacralità della vita” laddove oggi “certe parti dell’umanità sembrano sacrificabili”, come i nascituri, i poveri, i disabili, gli anziani.

Muri che si alzano, sogni di unificazione che scricchiolano, convivenza tra le nazioni sostituita da una guerra mondiale a pezzi. Il mondo come lo vede Francesco somiglia ad un incubo creato dalle mani dell’uomo: genera schiavitù, discrimina la donna, fa del corpo umano e dei suoi pezzi merce da vendere sul mercato. Uccide: i bambini, gli anziani lasciati morire come se la pandemia fosse una Grande Igienizzatrice. Il Covid ha reso evidente ciò che già esisteva, ne ha fatto un problema non più eludibile ma non lo ha inventato. È un processo che dura da anni.

“Il mondo avanzava implacabilmente verso un’economia che, utilizzando i progressi tecnologici, cercava di ridurre i “costi umani”, e qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro”, nota Bergoglio, “Ma il colpo duro e inaspettato di questa pandemia fuori controllo ha obbligato per forza a pensare agli esseri umani, a tutti, più che al beneficio di alcuni”. Quanto è accaduto, e potrebbe accadere ancora, impone di “ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza”. Cambiare tutto: modo di pensare, di vivere, di considerare la persona umana, di creare ricchezza. Tutto. Perché “tutto è connesso” e tutto si tiene.

Lo dimostra “questo disastro mondiale”. Si profila all’orizzonte il più pericoloso degli scenari: la tentazione di scrollare le spalle e far finta che non sia accaduto nulla: “la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica”. Se così sarà, “il si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti”, e questo sarà peggio di una pandemia”. Non è un caso, sottolinea il Pontefice, che “tanto da alcuni regimi politici populisti quanto da posizioni economiche liberali, si sostiene che occorre evitare ad ogni costo l’arrivo di persone migranti”. In alcuni Paesi di arrivo, prosegue, “i fenomeni migratori suscitano allarme e paure, spesso fomentate e sfruttate a fini politici. Si diffonde così una mentalità xenofoba, di chiusura e di ripiegamento su sé stessi”.

Trattati come esseri “meno umani”, insomma. “È inaccettabile che i cristiani condividano questa mentalità e questi atteggiamenti, facendo a volte prevalere certe preferenze politiche piuttosto che profonde convinzioni della propria fede”, attacca a questo punto Francesco, “l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e la legge suprema dell’amore fraterno”.

L’Europa rischia di finire in questa deriva, ma ha gli strumenti culturali per evitarlo e ribadire la centralità della persona umana. La Chiesa non è immune da colpe: “ci sono ancora coloro che ritengono di sentirsi incoraggiati o almeno autorizzati dalla loro fede a sostenere varie forme di nazionalismo chiuso e violento, atteggiamenti xenofobi, disprezzo e persino maltrattamenti verso coloro che sono diversi”.

L’odio scorre attraverso una connessione che vorrebbe essere libertà, invece è violazione: della dignità, della persona, del concetto stesso di solidarietà. “I movimenti digitali di odio e distruzione non costituiscono – come qualcuno vorrebbe far credere – un’ottima forma di mutuo aiuto, bensì mere associazioni contro un nemico”: distruggono e separano, dando vita al paradosso di monadi sempre più vicine e sempre più lontane. Questo, poi, “ha permesso che le ideologie abbandonassero ogni pudore”.

“Quello che fino a pochi anni fa non si poteva dire di nessuno senza il rischio di perdere il rispetto del mondo intero, oggi si può esprimere nella maniera più cruda anche per alcune autorità politiche e rimanere impuniti” se non premiati. Inoltre “i fanatismi che inducono a distruggere gli altri hanno per protagonisti anche persone religiose, non esclusi i cristiani”, “persino nei media cattolici si possono eccedere i limiti, si tollerano la diffamazione e la calunnia”.

Esiste però una grande opportunità: “oggi siamo di fronte alla grande occasione di esprimere il nostro essere Fratelli, di essere altri buoni samaritani che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti”. Quindi “che altri continuino a pensare alla politica o all’economia per i loro giochi di potere. Alimentiamo ciò che è buono e mettiamoci al servizio del bene”, “senza guardare alla propria cerchia di appartenenza”.

Nei “dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata la vocazione a formare una comunità composta da Fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri”, riconosce il Papa. E se Dio è carità, carità è amore per i Fratelli. Di fronte alle periferie, del mondo come delle città, concrete come esistenziali, l’obiettivo è non solo assistere il bisognoso, ma assicurarne “la partecipazione attiva alla comunità civile ed ecclesiale”. La fraternità è ciò di cui ha bisogno l’uomo ed è qualcosa che completa e perfeziona l’uguaglianza e la libertà.

L’uguaglianza non la si ottiene “definendo in astratto che tutti gli esseri umani sono uguali, bensì è il risultato della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità”. Essere Fratelli è più di essere soci, “la mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità. Neppure può preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali. Ma l’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere”. L’uguaglianza delle opportunità non basta. “Investire a favore delle persone fragili può non essere redditizio esige uno Stato presente e attivo, e istituzioni della società civile che vadano oltre la libertà dei meccanismi efficientisti di certi sistemi economici, politici o ideologici, perché veramente si orientano prima di tutto alle persone e al bene comune”, spiega Bergoglio.

Bisogna farsi carico delle fragilità, “la solidarietà si esprime concretamente nel servizio, che può assumere forme molto diverse nel modo di farsi carico degli altri”. È “una parola che esprime molto più che alcuni atti di generosità sporadici”. Le opportunità, insomma, devono essere “adeguate allo sviluppo integrale della persona”.

Fonte: Il Dubbio, 5 ottobre 2020/ on line