Campania. Si continua a morire di carcere: una discarica sociale abbandonata a sé stessa

Il carcere è sempre più una discarica sociale, è sempre più abbandonato a se stesso. È una risposta semplice a problemi complessi. Purtroppo si continua a morire di carcere e in carcere. Uno entra in carcere perché ha commesso un reato e rischia di uscire dal carcere dopo che ha subito un reato dallo Stato o di malagiustizia o di malasanità.

La Regione Campania che quest’anno ha accolto l’assemblea annuale dei Garanti delle Persone private della libertà come è noto è una terra di contrasti, che si riverberano anche nell’ambito operativo in un contesto delicato e importante quale quello che riguarda la realtà delle persone private della libertà. La nostra regione, infatti, si contraddistingue per raccogliere al suo interno situazioni di grande emergenza, a esperienze di eccellenza e innovazione.

Proviamo dunque a inquadrare la situazione aggiornata al 30 settembre 2020: Nei 15 Istituti penitenziari per Adulti 6.475 detenuti di cui 308 donne e 134 stranieri, a fronte di una capienza regolamentare di 6.062, sono 58 i ristretti presso il Carcere Militare di Santa Maria Capua Vetere. Negli Istituti penali per i Minori a Nisida (30) e Airola (25) si accolgono complessivamente 55 ragazzi. Le persone prese in carico nel solo Ufficio di esecuzione penale esterna di Napoli (Uepe) sono circa 6.440. Per quanto riguarda i ricoverati in Rems la Campania ospita quattro strutture, con una capacità di accoglienza di circa 68 posti, di cui due definitive: quella di Calvi Risorta e quella di San Nicola Baronia, e due provvisorie collocate a Vairano Patenora e a Mondragone.

In questo mare di umanità spicca l’eccellenza del Polo Universitario Penitenziario regionale per i detenuti della Campania presso il Centro Penitenziario “Pasquale Mandato” di Secondigliano, il primo polo Universitario Penitenziario del Meridione, che risulta essere il secondo dopo Bologna per numero di iscritti. Inaugurato il 19 giugno 2018, il primo anno accademico ha accolto le domande d’iscrizione di circa 50 detenuti ai corsi di laurea più svariati da scienze erboristiche a giurisprudenza; attualmente non sono state concluse le operazioni di verifica da parte del Dap, ma le istanze di immatricolazione del terzo anno del polo sono circa 54 che vanno ad aggiungersi ai 57 già iscritti dell’anno precedente.

Nel corso del 2019 sono stati attivati 23 corsi di formazione professionale che hanno coinvolto circa 236 iscritti nei vari istituti della regione, promuovendo ancora il circolo virtuoso dell’investimento formativo, considerandolo uno strumento finalizzato al reinserimento sociale vero e proprio. Appare poi il lato cupo di questa realtà in chiaroscuro, su 44 suicidi nelle carceri italiane la Campania conta 8 persone che dall’inizio dell’anno ad oggi hanno deciso di togliersi la vita.

Con il primato negativo riguardante il sovraffollamento, si continua a parlare da Nord a Sud della penisola, del progetto incompiuto del Carcere di Nola; un progetto scaturito da quanto pensato e stabilito dai tecnici del tavolo degli Stati generali dell’Esecuzione penale nel 2015, in grado di realizzare un edificio unico in Italia che fosse rispondente alle esigenze di gestione penitenziaria più avanzata e di grande innovazione. Allo stato, l’iter procedurale per la costruzione dell’opera è in carico al Provveditorato regionale delle opere pubbliche della Campania ed è ancora in una fase di progettazione preliminare (sono in corso accertamenti tecnici sul terreno su cui dovrebbe sorgere l’istituto).Dunque, a coloro che ritengono che la risposta alla questione della detenzione sia rappresentata dalla costruzione di nuovi carceri, e non da un maggior accesso alle pene alternative, ricordo che occorre fare i conti con la lentezza burocratica delle procedure (anche per evitare lo scandalo dei cosiddetti “carceri d’oro”). Altrimenti si scade nella retorica ad effetto o peggio nella inadeguatezza delle risposte (come ad esempio la ormai scontata e troppo spesso abusata idea che assegnerebbe alle caserme dismesse una sorta di funzione multiuso (prima ai migranti, poi ai detenuti, poi alle funzioni sociali etc..). La realtà è invece un’altra e cioè: occorre fare semplicemente quello che è possibile per rendere migliore il carcere per i detenuti e per gli operatori penitenziari.

Tornando ad un quadro più operativo ancora oggi Il carcere di Poggioreale continua a essere quello più sovraffollato d’Europa. In questo luogo senza tempo, appare necessaria una riflessione sullo spazio fisico, in termini anche di edilizia, di spazi sensibili e significativi, di carenza di spazio vitale, di vuoti comunicativi e relazionali con la famiglia, di mancanza di igiene e dignità è utile e significativo. Da tempo sono stati destinati 12 milioni di euro nel silenzio generale della politica locale, nazionale, di maggioranza ed opposizione che restano ad oggi inutilizzati.

Questi numeri, seppur non esaustivi riflettono in numero delle vite di coloro che quotidianamente noi Garanti incrociamo insieme all’altra metà del cielo ovvero le famiglie di queste persone, il personale che a vario titolo opera negli istituti, le relazioni istituzionali coinvolte nel mondo penale ciò che ne esce è uno scenario di grande complessità.

 Fonte: di Samuele Ciambriello* sudreporter.com, 14 ottobre 2020 *Garante campano delle persone private della libertà