“Apocalisse” Covid: profondo rosso per sette avvocati su dieci

Redditi giù, futuro sempre più incerto e giovani e donne penalizzati, specie al Sud. Sono alcuni dei dati emersi dal V Rapporto Censis sull’avvocatura. Il reddito che cala. Il futuro sempre più incerto. E giovani e donne, specie nel Sud del Paese, in difficoltà. Sono alcuni dei dati emersi dal V Rapporto Censis sull’avvocatura italiana e dal terzo Bilancio sociale di Cassa Forense. Un rapporto, ha sottolineato Nunzio Luciano, presidente dell’ente previdenziale dell’avvocatura, “che segnala il clima di incertezza professionale nel quale vivono gli avvocati, per le difficoltà causate dalla pandemia e per i noti problemi che affliggono il nostro Paese. Cassa Forense sta facendo la sua parte per dare sostegno all’avvocatura con le misure assistenziali straordinarie, la temporanea abrogazione del contributo minimo integrativo per gli anni 2018-2022 e con il progetto di riforma del sistema previdenziale forense, al quale stiamo lavorando”.

Il rapporto mette in evidenza dati interessanti. Come l’urgenza, avvertita dal 35 per cento degli italiani, di riformare la giustizia, la crescente sfiducia nella magistratura, l’insofferenza per la lentezza dei processi. Ma anche una valutazione positiva della figura dell’avvocato, che per oltre la metà del campione è “essenziale” nel sistema di tutela dei diritti. Dati che si mescolano a quelli che, invece, certificano il periodo di forte crisi vissuto dalla professione.

Redditi in calo – I numeri parlano chiaro: prima del Covid, il reddito professionale medio era di 40.180 euro. Ma con l’avvento della pandemia, più della metà degli avvocati intervistati (in totale sono oltre 14mila) si è spostata nella fascia di reddito uguale o inferiore a 30mila euro, mentre a supera la soglia dei 50mila euro è il 22,6% degli intervistati. Il calo ha interessato principalmente chi già stava sotto i 15mila euro, ovvero circa il 60%. Si tratta in particolare di donne (61,2%) – che quest’anno superano numericamente gli uomini tra gli iscritti -, di giovani (38,8% fino a 40 anni), di coloro che hanno una minore anzianità professionale (38,8%) e coloro che lavorano nel Mezzogiorno (50,9%). Dati che spingono sette avvocati su dieci a definire critica la situazione lavorativa, dopo la ripresa registrata tra il 2018 e il 2019, quando la crescita del fatturato aveva interessato circa un terzo dei professionisti. E ciò provoca non poca preoccupazione per il futuro: solo il 29,9% ha dimostrato di nutrire speranze per un miglioramento nei prossimi anni.

Le misure di sostegno – Il crollo dei redditi ha obbligato molti professionisti ad usufruire degli aiuti forniti dallo Stato, come il Reddito di ultima istanza, al quale ha fatto ricorso il 61,5% degli avvocati. Che però non sono molto soddisfatti: il 54,7% ha definito inadeguata la somma percepita, il 30,8% del tutto inadeguata, mentre solo il 14,5% si è espresso favorevolmente. Ma ad aiutare gli avvocati ci ha pensato anche Cassa Forense, che ha messo a disposizione diverse iniziative, attraverso 13 bandi, tra i quali il “preferito” è risultato essere quello per l’erogazione di contributi riguardanti i canoni di locazione degli studi professionali (7,6% nel caso di persone fisiche, 2,6% nel caso di studi associati o società tra avvocati).

Lavoro e lockdown – Il lockdown non ha colpito solo i redditi, ma anche e soprattutto il modo di lavorare. “Costringendo” ad una smaterializzazione della professione, un lavoro a distanza che alla maggior parte non piace. Per ragioni d’età e la conseguente scarsa dimestichezza con i mezzi tecnologici, in alcuni casi, ma soprattutto perché il rapporto personale col cliente rappresenta un elemento imprescindibile quasi per tutti. Così come lo è il Tribunale, nella sua fisicità. Il 29,6% ha scelto di lavorare esclusivamente da remoto, mentre circa quattro avvocati su dieci hanno tentato di bilanciare il lavoro da casa con quello in studio. Il 15.9%, invece, ha deciso di continuare a lavorare alla vecchia maniera. Ma c’è anche chi si è visto costretto a interrompere completamente la propria attività per problemi organizzativi. In ogni caso l’elemento critico è chiaro: “La difficoltà di contatto con la clientela o con gli altri colleghi, considerando fondamentale per la professione l’aspetto relazionale”.

I favorevoli sono pochi: solo il 14,8% del campione, prevalentemente tra i giovani. Mentre circa un quinto degli intervistati, soprattutto sopra i 50 anni, giudica negativamente l’esperienza. Ma a pesare più di ogni cosa è stato il rallentamento delle attività dei Tribunali e la sospensione dell’attività giudiziaria (34,6%). A fianco a questo, problematico è stato anche l’accesso atti giudiziari, soprattutto a causa di un’incompleta digitalizzazione (4,7%), nonché la paura di poter essere contagiati (4%).

Giustizia e diritti – Otto cittadini su 10 non hanno chiesto aiuto agli avvocati. Prevalentemente perché rinunciare al contatto diretto, sfruttando solo i mezzi tecnologici, è stato visto come un ostacolo, sebbene per circa il 44% le tecnologie siano state d’aiuto. Le criticità maggiori avvertite dai cittadini sono quelle che riguardano i ritardi nelle procedure e nella tenuta delle udienze, insopportabili per il 39,3% degli intervistati. Mentre poco più di un quinto ha deciso di rinunciare alla richiesta di tutela, anche a causa delle restrizioni e per i costi legati all’avvio delle procedure. Lo scontento riguarda però i tempi lunghi per arrivare a un giudizio definitivo (15,8%), ma anche la sfiducia nei confronti della magistratura e nel funzionamento della Giustizia (14%). Da qui l’esigenza, da parte del quasi quattro italiani su dieci, di arrivare in tempi brevi ad una riforma per riavviare la crescita del Paese. Ma emerge anche l’esigenza “di rinnovamento di un sistema chiamato a tutelare i diritti dei cittadini e che attualmente non è più in grado di fare”, sistema al cui interno gli avvocati giocano un ruolo essenziale per garantire tale tutela, secondo il 50,7% degli intervistati. Una buona fetta (40,8%) li considera utili, riconoscendo loro le difficoltà legate all’eccesso di norme e alla bassa qualità delle stesse. A pensarlo sono quasi tre italiani su dieci.

“L’aspetto positivo – ha spiegato il segretario generale del Censis, Giorgio De Rita – è la forte accelerazione delle riforme e degli investimenti pubblici. Ed è il momento di fare quelle riforme che aspettavamo da tempo, prima fra tutti quella della Giustizia. E poi c’è una domanda di tutela per nuovi diritti, pensiamo alla tutela ambientale, alle nuove tecnologie, alla privacy. Ciò apre non soltanto un panorama nuovo per poter esercitare la professione, ma anche un ambito nuovo per l’applicazione dei principi giuridici e della professione”.

Si sta male ma si sopravvive, dicono molti degli avvocati intervistati. Ed è per questo che, secondo Maria Masi, presidente del Consiglio nazionale forense, è necessario sfruttare il momento “per rimodulare, ripensare e progettare in una visione più ampia” la professione. Il dato del “sorpasso” ad opera delle donne sugli uomini, ha aggiunto, è positivo. Ma sarà necessario che tali numeri vengano confermati negli anni. Ovvero che le donne, per motivi non strettamente legati a scelte libere, si ritrovino a dover cancellare la propria iscrizione all’albo. Senza dimenticare l’esigenza di colmare il gap salariale, “condizione generale, ma molto forte nell’avvocatura. Gran parte delle cause è ascrivibile alla difficoltà di conciliare i tempi di vita e di lavoro, perché gli oneri di cura sono ancora appannaggio delle donne in maniera preponderante. Questa emergenza sanitaria l’ha reso ancora più evidente – ha aggiunto.

Per quanto ci riguarda molto dipende dalla possibilità di trovare nuovi spazi. Il Cnf ha messo a disposizione delle istituzioni una proposta di riforma che comprende anche questo, in termini di sussidiarietà, di individuazione di nuovi percorsi, della possibilità che l’avvocatura diventi protagonista anche di altri strumenti, quelli alternativi alla giurisdizione”. Masi ha anche evidenziato la necessità di offrire altri campi di qualificazione professionale, sempre nella direzione di un rafforzamento delle competenze, partendo da lontano, con una riforma dell’accesso alla professione. La cui necessità è risultata particolarmente evidente in relazione alla pandemia: proprio per questo il Cnf ha proposto un doppio orale, con una prima prova selettiva che sostituisca lo scritto e una seconda che rappresenti l’orale vero e proprio.

FONTE: di Simona Musco/ Il Dubbio, 6 marzo 2021

 

 

Toghe, Russo va via il novantenne Sticco ritorna al timore.  L’ex presidente: «L’ho fatto per il bene dell’avvocatura» Anche la tesoriera Sadutto si dimette: serve responsabilità
L’ORDINE FORENSE

di  Biagio Salvati ( Il Mattino )

L’avvocato casertano Adolfo Russo lascia la carica di presidente del Consiglio forense di Santa Maria Capua Vetere ma cade in piedi. Un gesto nobile (non dettato da inviti ma scelta personale) per il bene e l’amore dell’avvocatura per non rischiare un futuro commissariamento. Il gesto è stato apprezzato da tanti colleghi che hanno sommerso di telefonate il dimissionario presidente. Da ieri, dunque, l’organismo forense è guidato ad interim dal consigliere più anziano e già pluri-presidente Elio Sticco mentre si è dimessa, come annunciato gli scorsi giorni, anche la consigliera e tesoriera Annamaria Sadutto. In una lunga lettera ai consiglieri e agli iscritti l’avvocato Russo spiega che la decisione prende atto della «situazione di stallo e di ingovernabilità del Consiglio dell’Ordine», e certifica la crisi irreversibile dell’organo amministrativo degli avvocati, che a questo punto dovrebbe essere commissariato.

LA DISERZIONE

La crisi è stata aperta dalla scelta di tre consiglieri dell’Ordine, facenti parte della lista di maggioranza, di dimettersi in tempo utile per potersi poi ricandidare alle elezioni del 2023. A questa scelta hanno reagito i consiglieri di minoranza, che hanno deciso di disertare le riunioni, bloccando di fatto ogni attività dell’Ordine, anche quella ordinaria relativa ad iscrizioni, rilascio certificati, pareri, gratuiti patrocini, con danni per gli avvocati più giovani. Nella sua lettera di dimissioni, Russo scrive di «incestuosa assonanza di egoistici intendimenti fra l’opposizione e parte della maggioranza». «Con contestuale, e sospetta, tempestività – spiega Russo – tre consiglieri della maggioranza, gli avvocati Renato Iaselli, Mario Palmirani e Renata Puoti, si sono dimessi, provocando il venir meno del quorum costitutivo del Consiglio fino ad allora appannaggio della maggioranza, che poteva contare su 13 elementi. Risultando tale quorum non inferiore a 11 presenze (su 21 Consiglieri), non sfuggirà come la restante pattuglia di 10 consiglieri non poteva essere sufficiente a garantire la regolarità delle presenze, circostanza verificatasi a seguito delle dimissioni».

IL MOTIVO

«Le dimissioni – scrive il presidente dimissionario – sono state veicolate come necessitate da una non condivisione delle politiche’ della maggioranza». «È più che probabile – prosegue Russo – che abbiano prevalso logiche egoistiche a logiche di tutela della classe degli avvocati. Le stesse sono state fatte proprie dall’opposizione che non si è fatta sfuggire la opportunità di gettare a mare’ la Consiliatura per approdare a nuove elezioni, pur dopo un indeterminabile periodo di commissariamento» Ora la gestione dell’ordine è affidata al presidente ad interim Elio Sticco, che governerà l’ordinario fino alla nomina di un Commissario da parte del Cnf salvo che i dissidenti non faranno un passo indietro.

LA TESORIERA

Circostanza che non auspica nemmeno l’avvocatessa Annamaria Sadutto che ha rimesso la carica di tesoriera. «Mi auguro che i consiglieri di minoranza acquisiscano il senso di responsabilità necessario al buon funzionamento dell’ordine forense attraverso la loro effettiva partecipazione alle sedute consiliari e all’attiva gestione dell’ente». Anche il neo presidente Sticco ha inviato un messaggio a tutti gli avvocati che si conclude così: «Aprendo le porte del cuore e dell’intelletto, vi giunga il mio invito ad unirvi perché sappiate approfittare di questa opportunità per ritornare ad essere di esempio nazionale. In questi augurio dedico a voi tutti questa mia ultima fatica».

ORDINE DEGLI AVVOCATI. Ecco i veri motivi delle dimissioni di Adolfo Russo e dell’ennesima “tarantella”. Qui c’è un peccato originale legato anche ai diversi codici genetici

6 Marzo 2021 – 12:20

Abbiamo aspettato qualche giorno prima di intervenire, in modo da potervi quantomeno approssimare alla realtà, non certo edificante, delle cose. In calce a questo articolo, la lettera di dimissionidel presidente, con le accuse a Iaselli & Co, l’altra lettera di dimissioni di Sadutto e una simpatica sortita del 90enne Elio Sticco

S.MARIA C.V. – Ci siamo messi in tribuna ad osservare il tourbillon di comunicati, prese di posizione che ha connotato l’ennesima crisi nel governo dell’Ordine degli Avvocati del Foro di Santa Maria Capua Vetere.

Lo abbiamo fatto perché, tutto sommato, è molto meglio entrare sulla notizia quando il fragore si è attutito.

Ciò in quanto, nel momento in cui essa si sviluppa, viene data seguendo la traccia degli atti ufficiali, cioè delle citate prese di posizione.

E sicoome, se tutto va bene, in quelle rituali prose di circostanza abita, ripetiamo, ma se tutto va bene, il 10 o 15% di verità sui motivi reali che hanno determinato le dimissioni del Presidente Adolfo Russo, noi preferiamo raccontare e prendere la scena, salvo trasferirci immediatamente nel retro della stessa

Perché si ha ben donde di dire che il problema si è creato per un motivo specifico o per un altro. L’ordine degli avvocati di Santa Maria Capua Vetere è destinato, anche per il futuro, alla instabilità.

E allora, pronunciamola subito una verità che per noi rappresenta un punto di partenza irrinunciabile di ogni analisi: nell’Ordine sammaritano opera un gruppo di avvocati che, legittimamente, al di là del giudizio che si può dare su questa modalità di intendere la professione, ritiene di esaurire la stessa (in realtà faremmo meglio a dire esaudire la stessa) conquistando la leva di comando dell’Ordine forense locale.

Essere presidente o vice-presidente, segretario o tesoriere, o componente della maggioranza del consiglio dell’Ordine fornisce una serie di vantaggi, di piccole e grandi visibilità, che si riverberano, diciamocela tutta, anche sul fatturato professionale.

Siccome per ottenere ciò non si lavora di fino ma con il badile in mano, questo format di governo non incrementerà mai ad appannaggio di chi lo interpreta prestigio e reputazione professionali.

Diciamo che l’area che fa riferimento, ormai storicamente, all’avvocatessa pignatarese Del Vecchio tende a questo obiettivo: è un gruppo compatto, elettoralmente forte, molto operativo nello sbrigar cose nel contesto delle burocrazie e delle procedure ai propri colleghi.

Poi ci sono gli altri mondi: qualche nome censuariamente più conosciuto, non necessariamente per prestigio professionale, ma per entrature borghesi che potremo anche definire dei poteri forti, che non hanno bisogno di sbarcare il lunario utilizzando la potestà dell’ordine forense, ma aspirano al controllo dello stesso per definirsi attraverso una migliore posizione di prestigio rappresentativo all’interno dei mondi che rappresentano il loro.

E’ il caso del presidente dimissionario Adolfo Russo; è il caso di Renato Iaselli, che insieme ad altri due componenti del Consiglio, cioè Palmirani e Puoti, ha mollato Russo determinandone le ineluttabili dimissioni, a cui sono seguire ieri anche quelle del segretario-tesoriera Anna Maria Sadutto, molto vicina al sindaco di S.Maria C.V. e alla moglie di quest’ultimo, cn cui è in pratica socia, in un contesto che poi ha contribuito anche alla sua recente candidatura alle elezioni regionali nella lista del Pd.

Tutto sommato, al di là di qualche passaggio insondabile e criptico, per esempio non abbiamo capito a quale “incestuosità” si riferisca, un piccolo contributo alla chiarezza l’ha fornito la lettera di dimissioni di Russo.

E qui dobbiamo inserire un po’ di quella conoscenza storica che abbiamo, riavvolgendo il nastro e un attimo a quello che capitò alle ultime elezioni ma soprattutto a quello che capitò dopo le stesse.

L’accordo tra Adolfo Russo e Renato Iaselli stipulò un’intesa tra i perdenti, visto che entrambi erano usciti sconfitti dallo scontro con la lista della Del Vecchio, rappresentata dall’avvocato Ottavio Pannone.

Questa corrente, per i motivi descritti all’inizio, non ha certo lesinato tempo ed energia per esplicitare un’attività di opposizione. A quanto ci risulta, Pannone ha scritto, e tanto, agli organismi nazionali per denunciare il presunto immobilismo del Consiglio dell’Ordine.

E fin qui, siamo dentro alle ragioni apparentemente nobili che possono determinare la caduta di un presidente.

Ma la realtà è un’altra e la racconta proprio Russo: Sono stati i tre consiglieri suddetti a staccare la spina, con le solite argomentazioni surreali, dato che Russo non ha torto nel dire che non si può lamentare del contenuto di un’azione di governo chi di quel governo è parte integrante, visto che Renato Iaselli è il vicepresidente dell’Ordine, Palmirani è il segretario e la Puoti il Delegato alla Formazione.

è un dato di fatto quello rappresentato dai termini temporali, superati i quali Iaselli non avrebbe potuto ricandidarsi a Presidente.

Siamo lì, e si tratta di un dato oggettivamente evidente, plateale, per non affermare che il vero motivo è stato questo.

D’altronde, i ribaltoni, perché quello di Russo e Iaselli fu un’inglorioso e piuttosto impresentabile ribaltone, non portano mai da nessuna parte, perché la loro matrice, oltre ad essere connessa con l’ingrediente principale di ogni ambizione, cioè il proprio tornaconto personale, veniva stipulata tra due persone che si sentivano concorrenti, rivali tra loro.

Chissà, probabilmente Iaselli riteneva che ci fosse un accordo più o meno tacito, più o meno manifesto, per effetto del quale Russo avrebbe fatto il presidente in questa consiliatura, salvo poi appoggiare Iaselli nella prossima.

Questo è un articolo di quelli che a noi piace definire “di installazione”. Un punto di partenza, che ci permetterà, nei prossimi giorni, di scriverne altri mai imprigionati dai testi dei comunicati stampa, che pur rispettiamo, tanto è vero che ne forniamo conto ai nostri lettori, con l’ampia profusione esposta in calce a questo articolo, partendo dalla lettera di dimissioni di Russo e arrivando a quella simpaticissima del novantenne Elio Sticco, il quale ci comunica che sarà lui il reggente dell’Ordine, passando per quella della Sadutto.