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ANTEPRIMA DALLA REDAZIONE DIGITALE DEL CORRIERE DELLA SERA
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Buongiorno. L’ennesima stretta antivirus sembra alle porte. Oggi si attendono i nuovi dati settimanali sulla diffusione del contagio, poi si riunisce la Conferenza Stato-Regioni; domani il Consiglio dei ministri decide, e sostituisce dopo appena sei giorni il Dpcm del 6 marzo con un nuovo decreto. La zona rossa laddove si superino i 250 contagi settimanali su 100 mila abitanti a settimana diventerà una certezza.
— Da capire se le chiusure entreranno in vigore subito o com’è più probabile — per mantenere la promessa di evitare scatti repentini, come quello della Lombardia che giovedì ha chiuso le scuole dalla sera alla mattina — da lunedì 15. Ma a quel punto, gran parte del Paese potrebbe essere già passata all’arancione o al rosso, per gli adeguamenti automatici ai parametri che decidono i colori. Oppure per decisioni autonome di Regioni e Comuni, come nel caso della Puglia (coprifuoco a Bari dalle 19), della Campania (chiusura di lungomari, piazze e ville comunali) o Piemonte (ricoveri no Covid solo per urgenze e cure oncologiche). I parametri, nel frattempo, potrebbero essere ridotti essenzialmente a tre — indice di trasmissibilità Rt, posti occupati in terapia intensiva, numero di vaccinati — per calibrare la velocità delle decisioni a quella con cui circolano le varianti del virus.
— A raccomandare scelte forti sono gli esperti del Comitato tecnico scientifico: non un lockdown generale ma misure più stringenti nei weekend e anche nelle zone gialle. È una linea condivisa, nel governo, dal ministro della Salute Speranza e contrastata da quello dello Sviluppo economico Giorgetti, il cui capo, Salvini, afferma che “nei week end non servono più chiusure ma più controlli”. Toccherà a Mario Draghi dirimere l’ormai stucchevole divisione tra sinistra rigorista e destra aperturista (con la consueta eccezione del presidente veneto Zaia) e prendere le decisioni più sensate: l’ipotesi di chiudere bar e ristoranti nel weekend, non solo in zona rossa, appare la più verosimile.
— Il virus, d’altro canto, continua a correre: ieri i nuovi contagi sono stati 22.409, con un tasso di positività salito al 6,2%; 332 i morti, 255 i ricoveri in terapia intensiva, con la soglia critica superata in 11 Regioni. E il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile dell’Istat rileva che il Covid-19 ha abbattuto l’aspettativa di vita degli italiani, scesa in 12 mesi da 83,6 a 82 anni. Dopo continui miglioramenti della longevità, si tratta di una “brusca interruzione e una significativa inversione di tendenza”.
— La speranza, più che mai, è affidata ai vaccini. Con notizie, come sempre, contrastanti. Quella incoraggiante: la Commissione europea ha concordato l’acquisto nelle prossime due settimane di altri 4 milioni di dosi di Pfizer, di cui 536 mila andranno all’Italia. Quella sconcertante: da febbraio l’Ue ha esportato oltre 34 milioni di vaccini anti-Covid verso 31 Paesi, tra cui la Gran Bretagna con addirittura 9,1 milioni di dosi e gli Usa con 954 mila.
Attenzione: sconcertante non vuol dire negativo, l’Ue fa bene a rivendicare, con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, la sua vocazione “esportatrice” perché “nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro”, e a contestare l’atteggiamento opposto degli inglesi (che da parte loro lo negano). Dopodiché, averne dato 9 milioni proprio a loro, mentre in tutta l’Unione finora sono stati distribuiti solo 55 milioni di vaccini, qualche interrogativo lo pone. L’impressione è che, dopo questa rivelazione, la linea più attenta inaugurata dall’Italia con il blocco delle 250 mila dosi destinate alla tranquilla Australia diventerà sempre di più la linea dell’Europa.
— Oggi intanto è atteso l’ok dell’Agenzia europea del farmaco per il vaccino Johnson & Johnson. Considerando anche il tedesco Curevac, in tutto in Italia dovrebbero arrivare tra aprile e giugno 55 milioni di dosi. Ma per varie incognite, che spiega Lorenzo Salvia, la cifra può cambiare sia in meglio sia in peggio.
Il nuovo piano vaccinale, che il governo presenterà nel fine settimana, prevede poi altre novità:
1) Sarà possibile vaccinare nei luoghi di lavoro, su richiesta delle aziende, o negli ambulatori Inail per quelle più piccole.
2) Stop alle regole diverse da regione a regione.
3) Confermato il criterio delle fasce d’età, partendo dai più anziani, ma con alcune correzioni, come la precedenza agli “estremamente fragili”, vittime di una serie di patologie, e ai disabili gravi, riconosciuti dalla legge 104.
4) La monodose resta un’opzione, ma per ora si applica solo ad AstraZeneca che di per sé prevede il richiamo dopo 12 settimane, quindi la decisione vera è rinviata.
5) A vaccinare, oltre a specializzandi e ai medici di famiglia, potrebbero esserci anche i dentisti.
Altre cose importanti:
— Governo e sindacati hanno firmato un “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale” che prevede il rinnovo dei contratti del pubblico impiego per il triennio 2019-2021 — con un aumento di 107 euro per circa 3,2 milioni di statali —, smart working, revisione dei sistemi di classificazione professionale, formazione, sistemi di partecipazione sindacale e welfare contrattuale. L’accordo segue le parole pronunciate martedì in Parlamento — 12 anni dopo il suo celebre anatema contro i “fannulloni da licenziare” — dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta: “Per troppo tempo, e qui dobbiamo fare tutti un mea culpa, abbiamo visto la Pa come un costo. Alzi la mano chi non ha mai pensato questo. Un pregiudizio durato troppo a lungo. Con la pandemia abbiamo visto che se non ci fossero stati gli infermieri, i medici, le forze dell’ordine, questo Paese si sarebbe disgregato. Dobbiamo ripartire da qui”.
— Enrico Letta si è preso 48 ore “per riflettere bene e poi decidere” se accettare di diventare segretario del Pd, perché “questa inattesa accelerazione mi prende davvero alla sprovvista”. Letta è combattuto tra il “cuore” e un lavoro serio e prestigioso come quello all’Università SciencesPo di Parigi, che dovrebbe lasciare per mettere la testa in un vespaio. Sembra propenso a dire sì — già lo chiamano “il Draghi del Pd” — purché lo lascino respirare e i postrenziani non comincino a chiedere il congresso un minuto dopo. D’altronde sono sovrarappresentati in Parlamento e qualsiasi leader deve o accordarsi con loro (magari dandogli un vicesegretario) o scontrarsi (Zingaretti s’è vergognato e ha salutato). Di certo, con Letta il Pd si metterebbe subito in sintonia con il governo Draghi, che il segretario dimissionario e il suo suggeritore Bettini davano l’idea di aver subito (un errore ancora non ammesso).
— Il Congresso americano ha approvato definitivamente il maxi-piano da 1.900 miliardi di dollari varato dal presidente Biden per rilanciare il Paese nel post Covid. È “l’intervento di welfare più ampio dai tempi della Great Society di Lyndon Johnson” e “il secondo maggiore piano di sostegno alle famiglie della storia americana”, scrive Massimo Gaggi. I giudizi (non tutti entusiastici) della grande stampa internazionale li trovate sulla nostra Rassegna.
— La Libia ha un nuovo governo di unità nazionale e questo, scrive Lorenzo Cremonesi, “apre uno spiraglio di speranza concreta per poter uscire alla tragica catena di violenze, lotte tra milizie e gravissime divisioni tribali seguite alla caduta del regime di Muammar Gheddafi nel 2011. La Camera dei rappresentanti (il Parlamento), riunita eccezionalmente a Sirte, lo ha votato all’unanimità ieri mattina, dopo che sino all’ultimo minuto si erano tenute serrate trattative sulla nomina dei 26 ministri. Fatto eccezionale nella storia della Libia post-Gheddafi, il nuovo premier, l’uomo d’affari misuratino 59enne Abdul Hamid Dbeibah, gode del sostegno sia della Tripolitania, che della Cirenaica e del Fezzan (la regione desertica meridionale)”. Oggi Dbeibah parlerà al telefono con Draghi.
— La Ferrari ha presentato la nuova monoposto chiamata a riscattare anni di mortificazioni: il rosso convive con l’amaranto e un ancora più blasfemo tocco verde, ma conta di più “la speranza irrazionale che si accende ogni volta oltre il realismo”, scrive Giorgio Terruzzi. — Stasera ci sono due belle partite di Europa League, per l’andata degli ottavi di finale: il Milan gioca in trasferta con il Manchester United alle 18.55, la Roma in casa con lo Shakhtar Donetsk alle 21.
— Da ascoltare: il podcast Corriere Daily (che trovate qui) sui quasi 6 milioni di studenti costretti a casa dalla Dad. Laura Cuppini spiega quello che bisogna sapere sulla diffusione del Covid fra i giovani, Elisabetta Andreis fa sentire le voci (sconfortate) dei genitori. Nella seconda parte, Paolo Tomaselli fa il bilancio dei tre anni di Cristiano Ronaldo alla Juventus, con altrettanti flop europei.
— Da leggere: l’intervista a Nada Malanima, in cui la cantante racconta a Renato Franco la storia che ha ispirato La bambina che non voleva cantare, il bellissimo film trasmesso ieri da Rai1. È la storia del suo rapporto controverso con la musica e con la madre depressa: “Ho capito che le cose che ho vissuto io le hanno vissute altre persone in contesti diversi”.
— Il nuovo Corriere Salute, sul tema del dolore: che siano disturbi lievi e passeggeri, come mal di denti o lombalgia, o una sofferenza continua, è sempre un segnale del corpo. Chiarire l’origine del disturbo e non limitarsi a “silenziare” il sintomo è importante per curarlo e per non abusare di antidolorifici. Ma il dolore cronico è in sé malattia, da trattare con farmaci ad hoc. Tra gli altri argomenti, la sofferenza nei bambini (come distinguerla dai capricci) e il calo del desiderio nelle donne (possibile spia di disturbi cardiovascolari come per gli uomini).
Sotto, gli approfondimenti. Buona lettura, e buon giovedì!