La Repubblica

Buongiorno Rep: di Maurizio Molinari

11 marzo 2021

Prima pagina

“Bisogna mettere il Paese in sicurezza”. E, per farlo, inasprire le misure di contenimento dei contagi. Ma non con un lockdown generalizzato, tranne che nelle festività pasquali, quando dovremo rimanere tutti a casa. Draghi lo spiegherà domani, durante la visita a un centro vaccinale. “Accompagnerà l’appello – anticipano Tommaso Ciriaco e Carmelo Lopapa– con tre messaggi, che ritiene indissolubilmente legati: sicurezza sanitaria, ristori per la ripartenza e vaccini per tornare a correre”. Sono i pilastri del suo progetto. L’unica strada per sconfiggere la pandemia. E nel tentativo di far digerire la stretta, assieme alle nuove regole, saranno messi a disposizione diversi miliardi destinati al Decreto Sostegno che il premier intende varare la prossima settimana.

La corsa al nuovo oro (cioè i vaccini) è frenetica e la campagna d’Italia dello Sputnik avanza con determinazione. Gli emissari russi, confessa a Repubblica un imprenditore italiano, arrivano a proporre alle nostre aziende fino a quattro volte le somme offerte dal ministero guidato da Giorgetti per avviare la produzione di fiale. Rosalba Castelletti, Giuliano Foschini e Fabio Tonacci ricostruiscono nei dettagli le mosse dei russi per tentare le imprese italiane, purché le attività inizino in tempi rapidissimi. Come osserva Paolo Garimberti, “i vaccini sono il nuovo strumento del soft power, hanno il potere di influenzare i cuori e le menti dei popoli e allargare la rete delle influenze politiche”.

Ma c’è un’altra linea del fuoco sulla qualeil governo è impegnato. Sulla Pubblica amministrazione, dice Sergio Rizzo, “Draghi ha deciso di prendere il toro per le corna”. E non poteva essere diversamente. Nel 2011 fu proprio lui, insieme a Trichet, a incoraggiare Berlusconi ad adottare misure drastiche per riformare il pubblico impiego. Così Palazzo Chigi ora ha siglato un accordo con i sindacati per il rinnovo del contratto di lavoro collettivo (che prevede un aumento mensile di 107 euro e introduce novità su smart working e produttività). Ma lo ha fatto alla maniera di Draghi: con un pragmatismo, come spiega Roberto Mania, che alla fine sposta anche un po’ più a sinistra il baricentro dell’esecutivo.

S’arroventa, invece, il fronte dell’acciaio in Italia. Arcelor Mittal mette in mora il governo perché mancano all’appello 400 milioni per l’Ilva. La società accusa Invitalia di non aver sottoscritto l’aumento di capitale promesso. E avvia un ricorso alla corte arbitrale. “L’ad Domenico Arcuri ha trovato sulla sua scrivania quella lettera da Londra che riporta ancora più in alto mare la sopravvivenza del cuore d’acciaio del nostro Paese .E il futuro di quasi 11 mila lavoratori diretti del gruppo”, scrive Marco Patucchi. Ed è attesa per oggi la sentenza del Consiglio di Stato sulla decisione del Tar che spegne gli altiforni a Taranto.

Enrico Letta, intanto, è pronto a guidare il Pd con una maggioranza blindata. Per Stefano Cappellini “è il solo leader del Partito democratico, tra i pochi in attività e i molti esuli, che da neo-segretario potrebbe lavorare alla svolta necessaria ma senza strappi e traumi”. Letta può provare a tenere insieme “la costruzione di un nuovo campo progressista da una parte e un impulso convinto all’agenda Draghi dall’altra”.

La creazione di porti franchi è una politica chiave della Brexit. Ora lo sappiamo. Perché il governo di Boris Johnson ha rivelato i nomi di otto zone economiche speciali (dai porti sul Tamigi a Plymouth) dove le merci possono transitare senza essere troppo controllate, dove si può produrre con un fisco amico e senza oneri doganali. Federico Varese racconta queste aree offshore in competizione diretta con Dubai e Singapore che potrebbero diventare dei buchi neri del capitalismo. E spiega, soprattutto, come tra i luoghi prescelti vi siano alcune località dove la criminalità organizzata inglese è molto radicata.

Luigi Manconi s’interroga: e se i fucilieri della Marina militare italiana Girone e Latorre coinvolti nel 2012 nell’uccisione di due pescatori in India fossero innocenti? Al momento si attende un processo davanti a un tribunale italiano per valutare finalmente le responsabilità dei due militari. “Oggi mi sento di dire – scrive – che l’orientamento prevalente è quello di dare per scontata la responsabilità dei due fucilieri e, allo stesso tempo, di giustificarla come fosse la conseguenza di uno stato di concitazione; oppure l’effetto di una doverosa difesa da assalitori veri o presunti. E così sembrerebbe interesse di tutti lasciar cadere nell’oblio l’intera vicenda, attraverso il proscioglimento dei due militari; oppure attraverso una condanna mite”. Data la complessità del quadro probatorio un regolare processo pubblico, sostiene Manconi, sarebbe la via migliore per confrontare tesi, verificare testimonianze e acquisire la documentazione rimasta secretata.

La nuova Ferrari fa sognare gli appassionati di Formula 1 con un look rinnovato che Alessandra Retico descrive con uno slogan: “le radici nel passato e la testa nel domani”. La livrea della macchina per il Mondiale 2021, infatti, si veste di numerosi simboli. Come il doppio rosso: il bordeaux-amaranto della prima vettura da corsa di Maranello (la 125S) e il corallo, molto più contemporaneo. E sul cofano motore irrompe un graffio verde acido.

Se la Rossa scalda i motori per scendere in pista, un tennista è tornato a scendere in campo. È Roger Federer che ci ha dato una dimostrazione: la strada per il ritorno alla normalità osserva Gabriele Romagnoli, “è praticabile, ma arrivare al traguardo costerà fatica: qualche sforzo più di prima”. Il campione ha rivinto, ma dopo due ore e mezzo di battaglia.

Buona lettura,

Maurizio Molinari

E se i due marò fossero innocenti?

10 MARZO 2021

La rappresentazione mediatica e politica della vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non regge. La ricostruzione è piena di incongruenze, solo un regolare processo pubblico può ricostruire la verità

DI LUIGI MANCONI

La rappresentazione politica e mediatica della vicenda detta “dei due marò” è gravemente fallace. Già a partire dalla definizione dell’attività svolta da Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Che non sono affatto due marò, bensì due fucilieri della Marina militare italiana. In ragione del loro mestiere – “fuciliere” suona perfino peggio di marò, che al più evoca i controversi marines – sui due è calata sin dal primo momento un’atmosfera, diciamo così, “di destra”. Inoltre, pesava e pesa lo scenario ideologico: due militari di un paese occidentale, accusati di aver ucciso due pescatori di un paese asiatico, occupati in un’attività assai faticosa e precaria, esposta a mille insidie. Infine, la sensazione che l’affaire di Latorre e Girone venisse gestito da una parte dello schieramento politico italiano (rappresentato da Fratelli d’Italia) e addirittura contrapposto polemicamente (e confusamente) a un’altra terribile vicenda internazionale, quella dell’assassinio di Giulio Regeni in Egitto.Con queste premesse è stato in qualche misura fatale che dei due fucilieri e dei due pescatori indiani rimasti uccisi si parlasse per successive ondate emotive, fino a che sull’intera vicenda è calato il silenzio. Poi, il 21 maggio del 2020, la Corte Permanente di Arbitrato dell’Aja alla quale l’Italia e l’India avevano affidato la soluzione della controversia, si è espressa riconoscendo ai due militari italiani l’immunità funzionale e precludendo all’India l’esercizio della propria giurisdizione nei loro confronti. È stato riconosciuto, cioè, che Latorre e Girone erano funzionari dello Stato italiano, impegnati nello svolgimento della loro missione (difendere un mercantile da eventuali abbordaggi di pirati). Pertanto, sarà compito dell’Italia esercitare la propria giurisdizione penale e risarcire l’India per i danni fisici, materiali e morali causati all’equipaggio e all’imbarcazione del peschereccio St. Antony, dove si trovavano le due vittime.Tutto inizia il 15 febbraio del 2012, intorno alle ore 16.30, quando la petroliera italiana Enrica Lexie incrocia un peschereccio e lo identifica come una imbarcazione di pirati. Latorre e Girone, secondo le regole di ingaggio – questa è la loro versione – sparano alcune raffiche, a scopo intimidatorio, in acqua, davanti alla prua del peschereccio, senza mirare ai membri dell’equipaggio. Poco dopo, un peschereccio denominato St. Antony comunicherà che due pescatori, Ajeesh Pink e Valentine Jelestine, sono rimasti uccisi in una sparatoria avvenuta al largo della costa del Kerala. Successivamente, il 19 febbraio, Latorre e Girone verranno arrestati. Partirà da qui una lunga storia confusa e per tanti versi indecifrabile, fatta di molti colpi di scena, spostamenti dell’attenzione tra Nuova Delhi e Roma, attività di servizi di spionaggio e controspionaggio, speculazioni politiche e complicatissime relazioni internazionali. Non solo tra il nostro paese e l’India, ma tra diversi attori geo-politici presenti nell’area, variamente interessati alla soluzione o alla non soluzione della vicenda. Al momento si attende un processo davanti un tribunale italiano per valutare finalmente le responsabilità dei due militari e acquisire la verità giudiziaria su fatti che tanto dolore e turbamento hanno prodotto in quattro famiglie e nelle opinioni pubbliche dei rispettivi paesi.Oggi mi sento di dire che l’orientamento prevalente è quello di dare per scontata la responsabilità dei due fucilieri e, allo stesso tempo, di giustificarla come fosse la conseguenza di uno stato di concitazione; oppure l’effetto di una doverosa difesa da assalitori veri o presunti. E così sembrerebbe interesse di tutti lasciar cadere nell’oblio l’intera vicenda, attraverso il proscioglimento dei due militari; oppure attraverso una condanna mite che riconoscesse tutte le attenuanti del caso. Ma è proprio questa la soluzione che non va bene a Massimiliano Latorre, luogotenente e responsabile dei sei militari presenti sul mercantile italiano. Latorre intende battersi perché il processo si celebri regolarmente, perché l’opinione pubblica possa seguirlo e perché egli abbia modo, in quella sede, di dimostrare la propria innocenza. Le sue parole, l’esame della documentazione disponibile fatta da Alessandro Paccione per conto di A Buon Diritto Onlus, un libro molto rigoroso di Toni Capuozzo, edito da Mursia e altre verifiche inducono, a questo punto, a porre la domanda: e se fossero innocenti?Esaminiamo i passaggi essenziali della tesi dell’accusa rappresentata dagli organi di polizia del Kerala. A sostegno di questa vi sono, in primo luogo, le testimonianze dei pescatori della St. Antony, che hanno riconosciuto nella petroliera italiana la nave da cui sono partiti i colpi. Ma va notato che il riconoscimento della Lexie da parte dell’equipaggio del peschereccio è avvenuto solo dopo che erano state ampiamente diffuse, attraverso i media, le immagini della imbarcazione italiana; e ciò nonostante che il nome della Lexie fosse ben visibile, collocato com’era su più parti della stessa imbarcazione. Per quanto riguarda la perizia balistica, che avrebbe  ricondotto i proiettili estratti dai corpi dei pescatori a due delle armi in dotazione ai militari, le sue conclusioni vengono smentite dalla precedente autopsia. Le misure dei proiettili, infatti, risultano diverse e non compatibili con il calibro di quelle in dotazione ai fucilieri. Per altro, le misure dei proiettili appaiono tra loro difformi. E la cosa mal si concilia con l’uniformità di armi e munizioni in dotazione ai militari italiani, come verificato dall’esito della perquisizione effettuata sul mercantile. D’altra parte, le stesse risultanze della perizia balistica, contenute in una relazione del 4 aprile 2012, ricollegano i proiettili rinvenuti nei cadaveri delle vittime ad armi il cui numero di matricola è riconducibile a fucilieri altri e diversi rispetto a Latorre e Girone. Oltre ai molti dubbi che hanno reso scarsamente credibile questa perizia, va considerato che le armi di Latorre e Girone – non ricollegate a nessun proiettile – risulterebbero avere il caricatore vuoto, a riprova della circostanza che queste (e non quelle di altri fucilieri) sono state impiegate per sparare i colpi partiti dalla petroliera italiana. Ma c’è un ulteriore elemento controverso relativo ancora una volta ai proiettili sparati in quel tragico pomeriggio: i periti balistici non sono stati in grado di ricondurre i frammenti di proiettili ritrovati sul peschereccio a nessuna delle armi in dotazione ai fucilieri. Resta insoluta, dunque, la questione relativa alla provenienza di questi altri due proiettili.Detto questo, e accogliendo in ipotesi la linea difensiva di Massimiliano Latorre, rimane una domanda grande e pesante come un macigno: chi ha ucciso i due pescatori? La tipologia dei proiettili rinvenuti e la loro traiettoria possono avvalorare due ipotesi alternative. La prima è quella che attribuisce la sparatoria a imbarcazioni dello Sri Lanka, motovedette della Marina o pescherecci che, notando la St. Antony nelle acque dell’ex Ceylon (particolarmente ricche di tonni), avrebbero fatto fuoco sul peschereccio indiano. Parte della perizia balistica, infatti, rileva la conformità fra i proiettili rinvenuti e quelli in uso alla guardia costiera dello Sri Lanka. La seconda ipotesi considera la presenza di un’altra imbarcazione, battente bandiera greca, in quelle stesse acque. In un dispaccio dell’Ansa del 21 febbraio 2012 si legge che l’ufficio marittimo della Camera di Commercio Internazionale (ICC) aveva denunciato l’avvenuto tentativo di abbordaggio di pirati alla nave greca Olympic Flair, a due miglia e mezzo dalla costa indiana, nello stesso giorno dell’incidente che ha coinvolto l’Enrica Lexie. Quest’ultima e la petroliera italiana risultavano essere assai simili sia per colore che per sagoma, differenziandosi solo per la forma del fumaiolo. Il giorno in cui le autorità internazionali confermavano il presunto attacco dei pirati ai danni della Olympic Flair, la Marina militare ellenica smentiva qualsiasi tipo di coinvolgimento. Ma l’elenco delle contraddizioni, dei buchi neri e delle approssimazioni è assai lungo. Si pensi al fatto che, mentre è definitivamente accertato che l’ora dell’incidente rientra nella fascia tra le 16.00 e le 16.30, il capitano del peschereccio, in un primo momento, ebbe a dichiarare che esso sarebbe avvenuto molte ore dopo, alle 21.30. Un elemento cruciale dell’accusa è quello che attribuisce a Latorre e Girone di aver agito “senza alcun ragionevole motivo o preavviso in conformità con i mandati marittimi prescritti per tale circostanza”, ovvero in piena inosservanza delle regole anti-pirateria. Ma il rapporto redatto a bordo da Latorre illustra puntualmente la sequenza di azioni dissuasive messe in atto verso un natante sospetto in avvicinamento, fino alla scarica di colpi in acqua. Poi, una circostanza davvero rilevante emerge dalle testimonianze dei pescatori superstiti: secondo questi, tutti a bordo dormivano, escluse le due vittime. Il che porta alla conclusione che non esistano reali testimoni oculari dei fatti.Come si vede, siamo di fronte a un quadro probatorio estremamente complesso, dove è difficile orientarsi. Proprio per questo un regolare processo pubblico è la via migliore per poter mettere a confronto tesi diverse, verificare testimonianze e acquisire una documentazione rimasta in parte secretata. Massimiliano Latorre è convinto di poter dimostrare l’innocenza sua e di Salvatore Girone. Ora, dalla sua parte, c’è un legale che promette battaglia. Chi scrive lo conosce bene e lo apprezza: è Fabio Anselmo, avvocato di cause difficili e di processi vinti, come quelli per la morte di Federico Aldrovandi, per quella di Stefano Cucchi e per la vicenda giudiziaria che ha visto lo stato tedesco condannato a risarcire i danni al figlio di un internato in un lager nazista. In genere, chi mostra un carattere forte e una particolare tenacia di difensore, su un campo di calcio o in tribunale, viene paragonato a un “mastino napoletano”. Non so se esistano in quella città emiliana, ma nel caso di Fabio Anselmo, si potrebbe parlare di “mastino ferrarese”.

F1, Ferrari: ecco la nuova SF21. Elkann: “In pista con lo spirito di Enzo”
La nuova Ferrari (afp)

Svelata la nuova monoposto per il mondiale 2021. Ha una livrea bicolore col posteriore amaranto che ricorda la prima vettura del Cavallino. Il presidente: “Il 2020 ci ha reso più forti, onoreremo il nome del fondatore”. Binotto: “Power unit completamente nuova”. Al volante Leclerc e Sainz10 MARZO 2021 1 MINUTI DI LETTURA

Una livrea rivoluzionaria e bicolore, con il posteriore amaranto. Maranello ha svelato con un evento online, la nuova Ferrari per il campionato mondiale di Formula Uno. Si chiama SF21 e ha lo stesso colore della prima vettura da corsa del Cavallino, la 125 S. Un amaranto che era stato usato un anno fa al Mugello per il traguardo dei mille Gran Premi. La casa di Maranello è già in Bahrain, dove da domani parte una tre giorni di test. Il 28 marzo al via il mondiale.

F1, Ferrari svela la nuova monoposto SF21

 

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Elkann: “Onoreremo il nome di Enzo Ferrari”

A battezzare la nuova Rossa il presidente della Ferrari, John Elkann: “Il 2020 è alle nostre spalle ma non sarà dimenticato, anzi, ci avrà resi più forti. Non vediamo l’ora di tornare in pista” ha detto il numero uno di Maranello. “E’ stato eccitante vedere come Charles e Carlos hanno contribuito, assieme a ingegneri e meccanici, alla preparazione della stagione. Siamo tutti impazienti di mettere in pista la vettura e dare il massimo. La presentazione è un momento molto speciale, è il momento della verità. Ai nostri tifosi, agli appassionati di Formula Uno vogliamo assicurare che onoreremo il nome del nostro fondatore, Enzo Ferrari, e che inizieremo il Mondiale 2021 col suo spirito vincente”.

Binotto: “Stagione di tante sfide”

Le novità della nuova SF21 sono state illustrate dal team principal Mattia Binotto: “E’ lei la protagonista di oggi, la monoposto che Leclerc e Sainz useranno quest’anno”, ha detto introducendo la macchina, che anche per questioni regolamentari è basata sulla vettura della passata stagione. “Ma abbiamo cercato di migliorarla in tutte le sue aree: l’aerodinamica è stata rivista, la power unit è completamente nuova”. Novità anche nella livrea “col posteriore che richiama l’amaranto della primissima vettura della Ferrari, la 125-S. Lo stesso colore che abbiamo usato al Mugello per celebrare i nostri 1000 Gp”. “E’ una stagione di tante sfide – ha detto ancora Binotto  – Ripartiamo dalla nostra storia ma ci proiettiamo verso il futuro, sempre contraddistinto dal rosso Ferrari”.

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