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Venerdì 12 marzo
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Luca Angelini, redazione Digital |
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Buongiorno.
I casi di morti sospette nell’Ue per effetti avversi sarebbero una trentina (cinque quelle su cui si indaga in Italia) su circa 5 milioni di vaccinati (più 11 milioni nel Regno Unito), l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) conferma che si tratta di un farmaco “efficace contro la malattia”, ma la somministrazione del vaccino anti-Covid AstraZeneca è stata sospesa in Danimarca, Norvegia e Islanda. La stessa Aifa ha bloccato, in via precauzionale e temporanea, l’utilizzo di un lotto, come hanno fatto, per altri lotti, Austria, Estonia, Lettonia, Lituania e Lussemburgo. Abbastanza per spingere il premier Mario Draghi a telefonare alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: al momento, non vi sarebbe evidenza di un nesso causale tra somministrazione del preparato AstraZeneca e i casi di trombosi e altri disturbi cardiocircolatori. Ma gli accertamenti proseguono.Sempre ieri, è arrivato l’ok dell’Ema all’utilizzo di un altro vaccino, quello Janssen (Johnson & Johnson): all’Unione europea sono destinate 200 milioni di dosi, 7,3 milioni delle quali per l’Italia, fra aprile e giugno. E ci sono buone notizie anche sull’efficacia di un anticorpo monoclonale prodotto a Parma dalla britannica Gsk.
E di vaccini l’Italia continua ad avere un bisogno disperato perché la terza ondata, ormai, è nei numeri e, da lunedì, sarà anche nei colori della mappa del Paese: 18 regioni su 20 — le eccezioni sono Sicilia e Sardegna — saranno arancione o rosse. Tra queste ultime dovrebbe esserci la Lombardia (dove il commissario regionale all’emergenza, Guido Bertolaso, ieri è sbottato contro gli errori nelle convocazioni per i vaccini sulla piattaforma di Aria spa, fortemente voluta dall’assessore regionale al Bilancio, Davide Caparini) e potrebbe esserci anche il Lazio, finora in zona gialla ma con un indice Rt schizzato a 1,3. La decisione del governo sui nuovi “colori” arriverà oggi ma, con reparti Covid e terapie intensive sempre più pieni, senza la promessa accelerazione sui vaccini (cosa diversa dalle corse a farsi vaccinare prima degli altri, di cui scrive Alessandro Trocino) nuove chiusure sono l’unica speranza di arginare una strage di proporzioni già spaventose. Che, dopo il Natale, anche la Pasqua sarà “blindata” è praticamente scontato.
La politica:
— Enrico Letta (qui il ritratto firmato da Monica Guerzoni) ha accettato di guidare il Pd e assicura che non ci saranno vendette o epurazioni. “È la soluzione più forte per la segreteria del partito — ha commentato il dimissionario Nicola Zingaretti —. Se serve darò sempre una mano”. Ma, avverte Massimo Franco nella sua Nota, “senza un ripensamento radicale del partito e della sua funzione, l’operazione si ridurrebbe al piccolo cabotaggio della sopravvivenza”.
— Nel Movimento 5 Stelle, invece, mentre il “rifondatore” Giuseppe Conte incontra i capigruppo parlamentari, si tratta con Davide Casaleggio per una questione non proprio di altissima politica: i soldi (e l’uso della piattaforma Rousseau).
Altre notizie importanti:
— La Banca centrale europea accelera negli acquisti di titoli di Stato per dare una spinta all’economia, la sua presidente Christine Lagarde, “vede” la ripresa ma, segnala Federico Fubini, resta troppa incertezza, che paralizza le scelte delle aziende.
— Il principe William è intervenuto a difesa della famiglia, dopo le accuse lanciate in tv da Meghan Markle: “Non siamo razzisti. Parlerò con mio fratello”, ha detto.
— Con un discorso alla nazione nel quale ha parlato vaccini, sussidi per i bassi redditi e riconversione energetica, Joe Biden, fresco di firma sul pacchetto da 1.900 miliardi di dollari di aiuti per i danni della pandemia, ha fatto ieri sera il suo esordio televisivo da presidente.
— La morte di Alisha, 14 anni, uccisa e buttata nella Senna, poco lontano da Parigi, da una coppia di compagni di classe, commuove e scuote la Francia, sconvolta da un’ondata di violenza e bullismo.
Casi di cronaca:
— Gianni Morandi è stato ricoverato al centro ustionati di Cesena per lesioni alle mani e alle gambe. Il cantante di Monghidoro, 76 anni, “stava bruciando delle sterpaglie quando è scivolato, si è aggrappato e si è procurato delle ustioni” dicono dal suo entourage.
— Nell’inchiesta per possibile istigazione al suicidio per la morte dell’ex cantante e sceneggiatore di fiction tv Teodoro Losito ieri è stata sentita anche Adua Del Vesco, al secolo Rosalinda Cannavò, ex concorrente del Grande Fratello Vip. Nel corso di una puntata del reality, lei e un altro concorrente, Massimiliano Morra, avevano fatto riferimento alla morte di Losito parlando di un “Lucifero” a capo di una setta. L’ipotesi è che potessero riferirsi ad Alberto Tarallo, compagno di Losito e capo della Ares Produzioni. Il quale ha già smentito tutto in una puntata di Non è l’Arena di Massimo Giletti, ma ora dovrà farlo di fronte ai magistrati. Che sentiranno anche Barbara D’Urso.
La pagina sportiva:
— Giornata positiva per le italiane nell’andata degli ottavi di Europa League: il Milan ha pareggiato 1 a 1 all’Old Trafford contro il Manchester United, grazie a un gola al 92’ di Kjaer. La Roma ha travolto per 3 a 0 lo Shakhtar Donetsk. Oggi riparte la Serie A, con Lazio-Crotone e Atalanta-Spezia.
Da leggere:
— Oggi in edicola e su Digital Edition un nuovo numero di 7, il magazine del Corriere. In copertina una straordinaria intervista a Francesco Totti firmata da Walter Veltroni. L’ex capitano giallorosso racconta i suoi giorni con il Covid, la perdita del padre amatissimo, il rapporto con la moglie Ilary Blasi e i suoi anni alla Roma. Un dialogo inedito e davvero imperdibile. La bioeticista Chiara Lalli e il giurista Carlo Rimini si confrontano sulla sentenza che per la prima volta in Italia ha autorizzato un’aspirante madre a procedere con la procreazione assistita anche se l’uomo con cui ha creato gli embrioni, poi crioconservati, non vuole diventare padre.
— Le giornate delle mamme e dei papà nell’Italia della Dad (didattica a distanza) tra difficoltà, ansie e creatività, raccontate, per il blog La 27Ora, a Greta Sclaunich. Per aggiungere le vostre esperienze, cliccate qui.
Da ascoltare:
— Dopo le parole della regina Elisabetta e del principe William sull’intervista di Meghan e Harry a Oprah Winfrey è il momento giusto per far raccontare a Luigi Ippolito (oggi, nel podcast Corriere Daily che potete ascoltare qui) che aria si respira a Londra a quasi una settimana dallo choc, mentre l’esperta di reali Enrica Roddolo ricorda tutti i guai familiari dei Windsor. A seguire Lorenzo Cremonesi, di ritorno dall’Iraq, in cui ha seguito papa Francesco, spiega l’importanza storica del viaggio del Pontefice.
Qui sotto trovate un menù davvero ricca di approfondimenti, dall’editoriale di Dario Di Vico sui più deboli rimasti senza aiuti, al ricordo di Gianni Agnelli firmato da Aldo Cazzullo nel centenario della nascita; dall’anticipazione della rubrica di Roberto Saviano per 7, “Leggermente fuori fuoco” (stavolta dedicata alla guerra in Congo per coltan e cobalto, due minerali essenziali per i dispositivi tecnologici) alla CineBussola streaming di Paolo Baldini. Per chiudere con il Caffè di Massimo Gramellini sulle ultime disavventure giudiziarie di Fabrizio Corona.
Buona lettura!
(Questa newsletter è stata chiusa alle 2. In sottofondo, The Sound of Piazzolla: il grande Astor è stato omaggiato anche da Google, potevamo forse esentarci?)
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Vaccino AstraZeneca, la cautela dell’Aifa: “Prodotto efficace, più benefici che rischi”
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«C’è solo un nesso temporale e non causale» fra la morte del militare di Catania e la vaccinazione con AstraZeneca, ricevuta poche ore prima. «In attesa di raccogliere maggiori elementi anche attraverso la risposta dell’autopsia», Aifa sospende (mantenendo la fiducia in una soluzione positiva) il giudizio sul caso che minaccia di compromettere il normale corso della campagna di immunizzazione col preparato dell’azienda anglo-svedese. Il direttore dell’Agenzia del farmaco Nicola Magrini tende ad essere rassicurante: «Dobbiamo continuare a credere nel valore di questi vaccini, il rapporto fra il beneficio e il rischio resta favorevole. Bisogna considerare questi eventi con molta tranquillità e credere nella validità della campagna di profilassi. Il preparato di AstraZeneca è capace di prevenire la malattia e gli effetti gravi».
Aifa ha dunque optato per una temporanea sospensione del lotto «fino a quando avremo elementi certi per escludere o confermare il nesso causale con gli episodi verificatisi in Italia». È la stessa prudenza raccomandata dall’ente regolatorio europeo Ema. Il fatto che gli eventi avversi, in Italia e all’estero, si siano concentrati in un ristretto lasso di tempo ha fatto alzare il livello di guardia.
Il lotto italiano cui appartengono le dosi sospettate di reazioni avverse gravi (identificato col numero ABV2856) è stato «bloccato in via precauzionale» e non ci sono elementi per ritenere al momento che l’inoculazione possa aver provocato un effetto «che non è mai stato segnalato nonostante nel mondo siano state inoculate diversi milioni di dosi, più di 10 solo nel Regno Unito». Finora, ha detto Magrini, i 40 decessi avvenuti nel corso della campagna portata avanti oltre che con dosi Astrazeneca, soprattutto con Pfizer e Moderna, «sono stati attentamente esaminati. Non erano correlati alle inoculazioni». (Qui l’articolo completo)
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Non autosufficienti, i più deboli rimasti senza aiuti
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Sono poco meno di 3 milioni, hanno pagato il prezzo più salato alla devastazione del virus (la mortalità si è concentrata tra persone ultraottantenni con due o tre patologie concomitanti) ma ciononostante non riescono ad ottenere la giusta e necessaria attenzione. Si aspettavano che, una volta illuminata dai media la loro condizione, politica e amministrazione agissero di conseguenza e invece niente. Sono il piccolo esercito degli anziani che vivono nelle Rsa o in casa propria ma non sono autosufficienti vuoi a causa di una riduzione drastica della mobilità fisica (con l’impossibilità di lavarsi, vestirsi e camminare) vuoi per un grave disturbo cognitivo (il terribile Alzheimer tra tutti).
Avrebbero bisogno di assistenza continuativa domiciliare o residenziale per rispondere alla condizione di dipendenza permanente, però non trovano interlocutori e risposte. Perché se è vero che la spesa corrente per il welfare italiano pende sul lato pensionistico, una è la condizione di un ex lavoratore settantenne in buona salute, altra e diversa quella di un anziano che dipende dai congiunti per le funzioni vitali e il sostentamento materiale.
Su questa esigenza di rappresentanza e di voce si muove il Network Non Autosufficienza, una rete di esperti affiancata da 8 associazioni di malati di Alzheimer e Parkinson, da Cittadinanzattiva, Forum del Terzo Settore, Forum Disuguaglianze Diversità e sostenuta da Caritas Italiana. Un raggruppamento mai così largo e che testimonia la preoccupazione di fondo che circola tra le famiglie coinvolte.
Il primo impegno è stato quello di elaborare una proposta sull’assistenza che nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza purtroppo manca. «Sarebbe paradossale – dice Cristiano Gori, coordinatore del Network – che un Piano nato per rispondere a una tragedia dimenticasse coloro che hanno pagato il prezzo maggiore, le vittime». E aggiunge che la pandemia ha solo messo drammaticamente a nudo una criticità che esisteva da tempo. (Qui l’editoriale completo)
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La Bce accelera gli acquisti. Lagarde vede la ripresa, ma resta troppa incertezza
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Di solito un’azienda investe solo quando le sembra di avere almeno qualche certezza sull’ambiente in cui si muove. Deve avere un’idea di chi sia la persona di riferimento nel suo sistema istituzionale. Deve capire quali sono gli obiettivi di bilancio dello Stato e perché. Deve sapere quali siano le soglie d’innesco che portano la Banca centrale ad aumentare o ridurre i suoi interventi. Per investire, un’azienda deve avere un’idea di come sia destinata a muoversi nei prossimi anni almeno una di queste tre variabili. Nell’area euro, oggi, nessuno lo sa. Le regole di bilancio restano sospese e da riscrivere, ma non è ancora iniziato il dibattito pubblico per farlo e si sa solo che esistono visioni diverse.
Quanto ai leader, la cancelliera tedesca Angela Merkel è in uscita a settembre; Emmanuel Macron è atteso in Francia da una complicata campagna di rielezione fra un anno e Mario Draghi è assorbito per ora dalle emergenze di Palazzo Chigi. Anche Ursula von der Leyen esce scossa dagli errori nella campagna vaccinale, che pure la sua Commissione Ue non ha commesso da sola.
Resterebbe Christine Lagarde, la presidente della Bce. Ieri ha spiegato che la zona euro potrebbe crescere del 4% quest’anno e nel 2022. Ma i motivi che non fanno di lei la figura di riferimento dell’area contribuiscono anche a confondere le imprese, i consumatori e gli investitori su come funzioni realmente la Bce oggi. Non è chiaro, soprattutto, quanto l’istituto sia disposto a tollerare che l’intera area resti a pochi passi da una corrosiva deflazione anche in futuro. Ieri, malgrado i tentativi di spiegarsi e trovare il punto d’equilibrio in un Consiglio direttivo diviso, la presidente ha finito per rifugiarsi dietro una coltre di ambiguità. Non per la prima volta. E come in passato, nei prossimi giorni i mercati si apprestano inevitabilmente a metterla alla prova – vendendo titoli di Stato europei – per capire quali siano le sue reali linee rosse.
Il problema che la Bce ha davanti è dato da una situazione per niente nuova: come nel 2009 gli Stati Uniti stanno uscendo da una crisi globale prima dell’area euro. La campagna vaccinale già avanzata e un piano di stimolo senza precedenti che vale il 9% del prodotto lordo, varato dalla Casa Bianca di Joe Biden, stanno già innescando un forte rimbalzo. (L’articolo completo sul Corriere di oggi)
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Gianni Agnelli: il secolo dell’Avvocato. Il potere, le donne, la Fiat (e lo sport)
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Invidiava i commilitoni più grandi, che avevano l’età per andare alla guerra di Spagna; e a chi era tanto ingenuo da chiedergli su quale fronte l’avrebbe fatta, rispondeva che un ufficiale piemontese di cavalleria va alla guerra dalla parte del suo Paese, quindi con Franco e non con gli anarchici e i comunisti. Sulla scrivania aveva una foto della polizia a cavallo che carica i dimostranti. Eppure con i capi del sindacato e i segretari del Pci coltivò un rapporto anche personale. Il motivo era questo: mentre considerava il fascismo estraneo a Torino, «città francese» come l’aveva definita il Duce di fronte alla fredda accoglienza nella nuova grande fabbrica di Mirafiori, l’Avvocato pensava il comunismo italiano come una cosa essenzialmente torinese; suo nonno aveva dovuto vedersela con Gramsci e Togliatti, lui con Lama e Berlinguer.
Torino era il centro dell’universo di Giovanni Agnelli, e non solo perché vi era nato, questo stesso giorno di cent’anni fa. Da Torino, dalla città-fabbrica traeva la propria forza, da quella Mirafiori che Giorgio Bocca paragonava alla città dell’Apocalisse, con le mura e i sotterranei, dalle vie squadrate e dalle ventitré porte spesso affollate di sovversivi venuti a incontrare o sobillare gli operai, che negli Anni ’70 a migliaia percorrevano i reparti brandendo una spranga di ferro e scandendo: «Agnelli, l’Indocina/ ce l’hai nell’officina!». Era insomma quella Gerusalemme terrena una fonte di guai, e anche di violenze e di lotte, chiuse solo dalla marcia dei 40 mila (14 ottobre 1980); ma era anche una fonte di potere e di legittimazione, che consentiva all’Avvocato di andare a Roma a parlare con il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio da pari a pari, anche perché i politici cambiavano, ma il capo della Fiat restava sempre lui.
Certo, Agnelli non amava e forse non sapeva esercitare la forza in prima persona. Quando nel 1946 Vittorio Valletta gli aveva detto «ci sono soltanto due possibilità, o fa lei il presidente o lo faccio io», aveva risposto «professore lo faccia lei»; e per vent’anni il professore «cit e gram», piccolo e cattivo, aveva comandato in fabbrica; ma poi aveva dovuto cedergli il posto, annunciando che «da oggi Gianni Agnelli non è più solo il nipote di suo nonno» (al che gli chiesero: «Lei Valletta cosa pensa di fare adesso?». «Morire il più presto possibile» fu la risposta. Venne accontentato l’anno dopo, Gianni e Umberto Agnelli erano in vacanza nel Pacifico, dovettero muoversi i marines per avvertirli che il professore era morto sul serio. Rientrarono subito a Torino). (Qui l’articolo completo)
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Biden e Big Tech, un cambio di rotta
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Quando Joe Biden ha scelto Tim Wu, un docente della Columbia University noto per le sue denunce delle concentrazioni monopoliste dei giganti della Silicon Valley, come suo special assistant per la tecnologia e la concorrenza molti si sono interrogati sulle reali intenzioni del presidente. Abbandona davvero la linea di Barack Obama che per otto anni (con Biden come vice) non è mai entrato in conflitto coi gruppi di Big Tech? O cerca solo di tranquillizzare la sinistra democratica (decisa a ridurre il potere di Amazon, Google, Facebook ed Apple), salvo poi scegliere esperti più moderati per i ruoli di commissario FTC, l’authority di controllo, e di viceministro della Giustizia per l’Antitrust?
La scelta di Lisa Kahn, altra celebre attivista anti Big Tech, alla FTC rafforza la sensazione che Biden abbia deciso di cambiare rotta anche perché le grandi società tecnologiche hanno ormai raggiunto livelli di concentrazione monopolistica e di potere sconosciuti 12 anni fa, all’inizio dell’era Obama. L’Fbi sta ancora svolgendo le verifiche che accompagnano tutte le nomine pubbliche prima della loro ufficializzazione. Poi toccherà al Senato fare un esame politico e ratificare queste scelte.
Ma le indicazioni di Biden sono già significative, visto che sta puntando su due personaggi che, tra l’altro, hanno chiesto di fare a pezzi Facebook (Wu) e di vietare ad Amazon di competere con le imprese che vendono attraverso i suoi canali (Khan). Niente di tutto questo accadrà a breve scadenza: per ora le priorità di Biden sono la lotta al coronavirus e il rilancio dell’economia. E gli istituti di ricerca vicini alle industrie tecnologiche stanno già attaccando Wu e Khan, definiti populisti dell’antitrust che rischiano di danneggiare l’industria americana impegnata in una dura competizione con la Cina.
In realtà i due sono rappresentanti di punta della New Brandeis School che, dopo decenni in cui le politiche anti monopoli sono state considerate solo in base agli effetti prevedibili sui prezzi al consumo, vogliono tornare alla filosofia del celebre giudice della Corte Suprema Louis Brandeis valutando, ai fini antitrust, non solo i prezzi (poco rilevanti nei casi di Google e Facebook), ma anche l’impatto su innovazione, diseguaglianze, diritti alla privacy, stagnazione dei redditi.
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La guerra in Congo per coltan & cobalto, liquirizia amarissima che sa di sangue
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Sono cresciuto tra minerali, mia madre mineralogista è stata direttrice del Real Museo Mineralogico di Napoli e ha passato tutta la vita a studiarli. Tra quelle mura mi sentivo circondato da qualcosa di eterno. I minerali non mi hanno mai comunicato pericolosità, solo un incredibile fascino che mi pareva però statico rispetto a musica, poesia, filosofia. La verità delle pietre mi sembrava fredda, scientifica, chimica. Crescendo ho capito che mi sbagliavo: nella potenza dei minerali c’è la storia viva, pulsante, della Terra. L’unica bibliografia del pianeta, la nostra storia di specie, la si può leggere solo nelle profondità abissali.
Ricordo che c’era, al Real Museo, un piccolissimo diamante che veniva sistematicamente nascosto per evitare che sfondassero la vetrina per rubarlo. C’erano minerali ben più preziosi, ma l’istinto verso il diamante sarebbe stato diverso e non abbisognava di conoscenze di mercato. Bastava dire: diamante. La sola parola rimandava a qualcosa di inarrivabile. Qualcosa di luminosissimo che si può trovare solo nell’abisso, e che conduce all’abisso. La fotografia nella pagina a fianco l’abisso lo racconta, l’abisso in cui sprofonda l’Africa, ricca di tutto ciò che di più prezioso esista e depredata di quanto di più prezioso esista. Diamanti, certo. Oro, sempre oro. Ma il nuovo oro generato dalla fame della tecnologia si chiama coltan e cobalto. Senza coltan e cobalto non si potrebbe conservare nessuna energia in nessun dispositivo.
Ora mi addentro in una terra che per anni ho attraversato – la terra dei minerali – ma resta un mondo fantastico. Il coltan è una miscela complessa di due minerali dal nome letterario: la columbite e la tantalite. «Nel 1801», mi racconta mia madre, «Charles Hatchett ritenne di aver scoperto un nuovo elemento chimico: chiamò questa “nuova terra” columbium, in onore di Cristoforo Colombo, e il minerale che lo conteneva columbite». Oggi il nome columbium è stato sostituito da niobio, ma il minerale resta la columbite. Anche la tantalite ha un nome letterario: nel 1802, A. G. Ekeberg la chiamò così perché, non sciogliendosi negli acidi, gli ricordò di re Tantalo, gettato nel Tartaro e condannato in eterno ad avere una fame e una sete che nessun cibo né l’acqua avrebbero mai placato. Nonostante l’unione di due nomi così romantici, il coltan è il vero responsabile, con il cobalto, di conflitti insanabili (anche il cobalto ha un’etimologia affascinante, dal greco kobalos, coboldo: leggenda vuole fosse proprio un coboldo a ingannare i minatori e a far trovare cobalto invece di metalli preziosi).
In Congo le fazioni in guerra per cobalto e coltan sono finanziate da società di mezzo mondo: americane, russe, cinesi, francesi, belghe. Una guerra mondiale che combattono le etnie locali. La morte dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio ci ha mostrato come la nostra distrazione verso uomini capaci come lui si interrompa solo per eventi tragici. Attanasio conosceva il Congo nel profondo, ma di rado in Italia i conoscitori dell’Africa trovano spazio e attenzione per poter raccontare, ad esempio, le dinamiche di migrazione e sfruttamento, il disinteresse che rende interi Paesi terra di saccheggio. Cobalto e coltan sono sistematicamente saccheggiati e hanno messo il Congo al centro del mondo della guerriglia: fazioni di volta in volta sostenute e armate dagli interessi di tutte le restanti aree del pianeta, tutti parimenti coinvolti nella infinita guerra mondiale congolese. Forse è proprio questa la parola che bisognerebbe usare per i conflitti africani: mondiali.
La foto mostra un uomo giovanissimo che scende in un pozzo della miniera di coltan. Spesso sono impiegati bambini e ragazzini, soprattutto nelle gallerie a cielo coperto. Sono molto richiesti perché più agili, più piccoli ed elastici, adatti a spazi angusti. La mortalità è altissima per la velocità di scavo: il coltan somiglia a scaglie di liquirizia ed è in cunicoli raramente messi in sicurezza, che rovinano addosso ai minatori. Liquirizia amarissima, che lascia in bocca il sapore del sangue.
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Diritti Lgbtiq, l’Europa si dichiara “zona di libertà”
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Da ieri l’Unione europea è «zona di libertà Lgbtiq» (ne ha scritto anche Elena Tebano nella nostraRassegna stampa, ndr). Almeno così l’ha dichiarata il Parlamento Ue a larga maggioranza. Una dichiarazione simbolica che vuole essere una risposta politica forte a quanto sta accadendo in Polonia e Ungheria, dove le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, non binarie, intersessuali e queer (Lgbtiq) vengono discriminate e le pressioni di Bruxelles per il rispetto dello Stato di diritto non stanno dando risultati.
Sono infatti passati due anni dalla creazione della prima “Lgbt Free Zone” in Polonia e ad oggi sono oltre 100 le regioni, contee e comuni che hanno adottato risoluzioni simili. In Ungheria la situazione non va meglio. In novembre la città di Nagykáta ha adottato una risoluzione che vieta la «diffusione e la promozione della propaganda Lgbtiq» e il Parlamento ungherese ha anche emendato la costituzione limitando i diritti delle persone Lgbtiq.
Gli eurodeputati hanno chiesto alla Commissione di usare tutti gli strumenti a sua disposizione per far rispettare lo Stato di diritto, incluse le procedure di infrazione, l’attivazione dell’articolo 7 del trattato Ue e la nuova clausola che protegge il bilancio dell’Ue (ma la cui applicazione è stata rimandata a più avanti). Il punto è che finora non ci sono stati progressi, ci sono due Paesi che si stanno allontanando volontariamente dai valori fondanti l’Ue: non solo nel mancato riconoscimento dei diritti delle persone Lgbtiq, ma anche di quelli delle donne (la Polonia ha vietato l’aborto), della libertà d’informazione, dell’indipendenza della magistratura. Non riuscire a far rispettare lo Stato di diritto restando impantanati nei meandri delle regole vuol dire accettare che esistono cittadini europei di serie A e di serie B.
A maggio si apre la Conferenza sul futuro dell’Europa. Non inizia sotto i migliori auspici, ma sarà l’occasione per la società civile per obbligare istituzioni e Stati membri ad ascoltare la propria agenda e a chiedere cambiamenti sostanziali.
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Dai cartoon all’horror, la CineBussola dei film in streaming
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Cartoon, thriller, horror, commedie. Ecco il consueto panorama settimanale dello streaming.
“Raya e l’ultimo drago” di Don Hall e Carlos Lopez Estrada è un cartoon Disney di nuova generazione. Storia di una principessa orientale che deve trovare l’ultimo drago per salvare la Terra minacciata. Digital design guardando al mercato cinese (su Disney+).
“La sentinella” di Julien Leclercq racconta i tormenti di una bella soldata dell’esercito francese, reduce dalla Siria e colpita da stress post traumatico, che diventa giustiziera per vendicare la sorella. La guerriera è la Bond-girl Olga Kurylenko (su Netflix).
“Yes Day” del portoricano Miguel Arteta parla in chiave di commedia del rapporto genitori-figli attraverso il ritratto di una famiglia perfetta che decide di far scattare il giorno del sì: saranno i ragazzi a dettare le regole. Con Jennifer Garner ed Edgar Ramirez (su Netflix).
“Bastardi a mano armata” di Gabriele Albanesi parte dalla vicenda di Sergio (Marco Bocci) detenuto, graziato e arruolato per recuperare un dossier scottante nella villa di un boss (su #iorestoinSALA, Apple TV, The Film Club, Infinity, Chili, Rakuten Tv, Google Play, iTunes).
“The Rental” di Dave Franco è un horror-thriller che segue il tranquillo weekend di paura di una doppia coppia: il luogo dei sogni diventa un inferno, ognuno dei quattro ha qualcosa da nascondere e da farsi perdonare (su Amazon Prime Video).
“La rosa velenosa” di George Gallo, Luca Giliberto e Francesco Cinquemani ha come interpreti John Travolta, 67 anni, e Morgan Freeman, 83. Il detective inseguito dai sicari del boss ritrova il suo scomodo passato. Nel cast la figlia di Travolta, Ella Blue (su Sky Cinema e Now Tv, Chili, TimVision, Rakuten Tv, Google Play, iTunes, PlayStation Store, CG Digital).
“Martin Eden” di Pietro Marcello ripropone il classico di Jack London trasferendo l’azione da San Francisco in una Napoli da angiporto. Il protagonista, aspirante scrittore, è interpretato da Luca Marinelli (su Netflix, Amazon Prime Video, Infinity, Chili, TimVision, Rakuten Tv, Google Play, Microsoft Store, iTunes, PlayStation Store).
“Shaun, vita da pecora – Farmageddon” di Will Becher e Richard Pehlan è un film d’animazione targato Bbc sulle avventure della pecora Shaun, la cui serie tv nacque dal successo di «Wallace e Gromit». Vita di campagna turbata dall’arrivo di un alieno (su Sky Cinema e Now Tv, Chili, TimVision, Rakuten Tv, Google Play, iTunes).
“Crawl – Intrappolati” di Alexandre Aja è un horror-catastrofico ambientato in Florida: una giovane campionessa di nuoto (Kaya Scodelario) prigioniera dell’uragano e degli alligatori ritrova il papà perduto (su Netflix, Amazon Prime Video, Infinity, Chili, TimVision, Rakuten Tv, Google Play, Microsoft Store, iTunes, PlayStation Store).
“L’assistente della star” di Nisha Ganatra segue il difficile rapporto tra una star del blues in disarmo (Tracee Ellis Ross: è la figlia di Diana Ross) e la sua giovane assistente (Dakota Johnson). Eva contro Eva e le regole dello show-business (su Sky Cinema e Now Tv).
(Qui, in anteprima, la CineBussola completa, con tutti i trailer)
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Alla notizia che sarebbe dovuto tornare in carcere per avere violato le regole dei domiciliari, Fabrizio Corona si è cosparso il volto di sangue a uso dei social (che hanno poi rimosso le immagini). Caricato su un’ambulanza, ne ha frantumato i vetri a pedate. Pare che gli faranno una perizia psichiatrica, ma ad averne bisogno saremmo anche noi, che da vent’anni ci interessiamo a lui.
Il mondo è pieno di persone incapaci di modificare il carattere e quindi il proprio destino: riuscirci è difficilissimo, come ben sa chiunque abbia provato a togliersi un vizio o a levigarsi l’ego nel tentativo di non soffrire più per il successo altrui. Da Eschilo a Shakespeare, gli eroi tragici sono appunto quelli che non riescono a cambiare. Ma hanno un talento, o comunque una grandezza che, se non nobilita né giustifica le loro trasgressioni, le rende dense di significato. Fabrizio Corona non ha e non è nulla di tutto ciò. Perché allora i contemporanei seguono la sua vita con curiosità spasmodica e gli dedicano copertine e ospitate televisive, salvo scandalizzarsi per l’uso che egli ne fa?
Forse Corona incarna uno dei tanti «io» che si affollano nel nostro petto: quella pulsione adolescenziale permanente dell’animo umano che vorrebbe ignorare ogni regola, a cominciare dall’autocontrollo, compiacendosi di passare per vittima. L’educazione e la consapevolezza cospirano nel comprimerla, ma quando non ci riescono, quella pulsione esplode in forme caricaturali. E la tragedia diventa farsa.
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