Avvocati verso il commissariamento Il decano Garofalo: «Brutta pagina»

L’ORDINE

 di Biagio Salvati

«Sono molto dispiaciuto per quello che sta accadendo nella casa’ degli avvocati, non mi sarei mai aspettato una fine del genere per il nostro glorioso foro e non mi schiero né per l’una, né per l’altra parte. Hanno sbagliato entrambi».

Esordisce cosi, il decano e principe del foro di Santa Maria Capua Vetere, l’avvocato penalista Giuseppe Garofalo, un po’ il padre di tutte le toghe che si rammarica per l’esito della querelle che da mesi è in atto all’ordine forense sfociata, qualche giorno fa, con l’invio degli atti al Consiglio nazionale forense.

Per la prima volta nella storia del blasonato foro che coincide con la nascita del Tribunale di Terra di Lavoro (1808), il Consiglio dell’Ordine degli avvocati si avvia verso il commissariamento.

Dopo ben cinque convocazioni andate a vuoto, per la volontaria assenza dei dissidenti della minoranza, lunedì scorso il presidente ad interim Elio Sticco, si è visto costretto a inviare tutta la documentazione al Cnf.

«Non si doveva arrivare a questo – spiega Garofalo – impegnato come scrittore nella stesura di un nuovo libro sulla peste a Napoli e sul raffronto con l’attuale pandemia –  si doveva trovare un accordo per il bene dell’avvocatura, l’ordine forense non è un condominio».

Su questa brutta pagina, da lunedì scorso è calato peraltro anche un inquietante silenzio: tranne qualche voce che ha stigmatizzato la situazione poco dignitosa, per il resto nulla. Nella nota «urgente» inviata da Sticco al Cnf, si parlerebbe anche di gravi responsabilità (da affrontare sul piano disciplinare e penale) ravvisate nel comportamento del gruppo che sta «boicottando» da circa tre mesi l’attività del Consiglio.

Il presidente ad interim ha lasciato la funzione collegiale per mantenere quella ordinaria e poter quindi consegnare l’organismo al commissario: nomina che potrebbe essere decisa dal Cnf entro un mese sotto la vigilanza del ministro di Giustizia.

Il Cnf potrebbe a questo punto decidere di scegliere il decano di tutto l’albo, che sarebbe proprio Giuseppe Garofalo, o nominare una figura esterna che regolarmente retribuita insieme ad eventuali collaboratori traghetterà l’attività fino alle prossime elezioni, volute da tempo dai consiglieri di minoranza che sbandierano come nome del gruppo quello di «Dignità Forense».

«Non credo di essere interessato a un incarico del genere – spiega il principe del foro difensore di importanti imputati –  anzi vorrei scongiurare in qualche modo questa situazione che non porta certamente lustro alla nostra storia”.

Garofalo, penalista di grido che ha celebrato arringhe in tutta Italia e all’estero, è stato per dieci anni consigliere dell’ordine forense con i presidenti Giuseppe Fusco, Vittorio Verzillo, Raffaele Papa e Francesco Troiano, a proposito di quei tempi ricorda: «C’erano anche a quell’epoca dissidi o punti di vista diversi, ma si affrontavano con un piglio diverso, non si sono mai raggiunti screzi tali da portare a derive come quelle a cui assistiamo oggi».

E aggiunge: «Basti pensare che l’allora presidente Vittorio Verzillo, quale rappresentante della classe forense, spinse il Comune a cambiare il nome di piazza Maria Pia di Savoia, intitolandola a Giovanni Bovio (nome attuale della piazza davanti al Teatro Garibaldi, N.d.R.) filosofo, poeta, drammaturgo e uomo politico di fine 800.  Un foro frequentato dalla più alta avvocatura, come il napoletano Enrico De Nicola, poi diventato presidente della Repubblica un cui ritratto campeggia proprio nella sala del Consiglio dell’Ordine degli avvocati.

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