La dolce vita delle spie, dove muoversi senza bisogno di stare nell’ombra, sentendosi in qualche modo a casa. Quando è caduto il Muro, è tramontato il mito di Vienna: il porto franco delle trame sospeso tra i due blocchi, città di misteri consacrata da quel “Terzo Uomo” scritto non a caso dal maestro delle spy story Graham Greene. Ma subito il Grande Gioco dell’intelligence ha trovato un nuovo approdo, molto più confortevole: Roma, la più levantina delle capitali occidentali, scenario nell’ultimo trentennio di arcani internazionali rimasti quasi sempre sotto silenzio.
Senza più l’Unione Sovietica, i russi non apparivano più come nemici bensì partner nella lotta al terrorismo. E nella lunga stagione di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, Vladimir Putin è diventato l’amico più caro tra dacie, lettoni e transazioni economiche mai decifrate. Un’apertura che il fondatore di Forza Italia ha sempre presentato come perno di una mediazione verso gli Stati Uniti, sognando di incentivare la pace mondiale. Dopo di lui, però, è arrivata l’ondata del populismo con la scalata al potere di Lega e Cinque Stelle prima maniera, facendo dell’Italia una terra di conquista: il ventre molle della Nato, con un ministro degli Interni che lodava il Cremlino e tifava per l’annessione della Crimea, dove lavorare per scalzare il pilastro meridionale dell’Alleanza atlantica.
Tutte le strade portano a Roma, inclusa la via della Seta. Con un’esplicita influenza di Pechino per legarci commercialmente all’impero economico d’Oriente. Come dimenticare le visite di Beppe Grillo all’ambasciata cinese e la campagna per adottare la rete 5G Made in China? Si è arrivati persino alla collaborazione spaziale lanciata agli esordi del governo Conte, progettando insieme satelliti e stazioni orbitanti dove mandare AstroSamantha Cristoforetti. L’assedio del Dragone alle aziende con tecnologie pregiate è stato asfissiante. Contrastato dal più sensibile dei nostri reparti d’intelligence, quell’unità anti-proliferazione dell’Aise che veglia sui mercanti di strumentazioni a doppio uso: in apparenza civile ma molto spesso militare. Una sfida riservatissima, giocata su diversi fronti fino agli ultimi giorni del governo Conte.
Nasce sulla scacchiera dei segreti industriali uno degli affaire più delicati: la cattura di Aleksandr Korshunov, top manager dell’azienda bellica statale Odk, sorpreso nel settembre 2019 a Capodichino mentre andava a godersi i lussi di Capri. Contro di lui c’era un mandato di cattura statunitense perché Korshunov grazie ad alcuni soci italiani si era appropriato dei disegni di motori americani. A dimostrazione della caratura del personaggio, si mosse Vladimir Putin accusando gli Stati Uniti perché facevano “arrestare cittadini russi in Paesi terzi”, in modo da “complicare le relazioni bilaterali”: un messaggio chiaro al governo di Roma. Quando poi la Corte d’Appello di Napoli si è pronunciata in favore dell’estradizione negli Usa, la magistratura russa ha presentato a sua volta la domanda di processarlo in patria. Tra Mosca e Washington, a chi abbiamo dato ragione? Korshunov è volato a casa, grazie a una decisione del ministero guidato allora da Alfonso Bonafede.
Quasi un replay di quanto accaduto dopo il blitz di Trastevere del 21 maggio 2016. Sergey Nicolaevich Pozdnyakov aveva dato appuntamento al funzionario dell’intelligence portoghese Manuel Frederico Carvalho, promettendo 10 mila euro in cambio di documenti Nato top secret. La polizia è entrata in azione e li ha colti sul fatto. Pozdnyakov però ha rivendicato di avere una copertura diplomatica e dopo due mesi è stato scarcerato dalla magistratura capitolina, con successiva archiviazione delle accuse. Tutti felici e contenti, tranne gli alleati visibilmente infastiditi per la posizione italiana. Tanto più che nell’ultimo lustro la Penisola è tornata a essere strategica nel confronto tra potenze, con un peso crescente delle uniche installazioni Nato del Mediterraneo. Non a caso, lo scorso agosto è finito in cella un colonnello francese del comando atlantico di Napoli, catturato Oltralpe per avere venduto informazioni classificate agli emissari del Cremlino.
L’irritazione americana ha raggiunto l’acme un anno fa, quando il premier Conte ha accolto l’offerta di Putin e aperto le braccia a una brigata chimica dell’esercito russo per lottare contro il Covid. Non era mai avvenuto che truppe di Mosca sbarcassero in territorio della Nato e la mossa di Palazzo Chigi ha spiazzato i vertici militari e quelli degli apparati di sicurezza. Perché i volenterosi accorsi per disinfestare gli ospizi lombardi erano anche specialisti dell’intelligence e si sono aggirati per mesi intorno alla base di Ghedi, sede pure di un deposito statunitense di armi atomiche. Sempre marcati a vista dai nostri soldati e dalla nostra intelligence. Che tiene gli occhi bene aperti su chi cerca di confondersi tra la folla di turisti e tra il personale delle 120 ambasciate attive nella capitale, a cui vanno aggiunte le delegazioni accreditate agli uffici Onu della Fao.
Un via-vai di cui hanno approfittato spesso gli agguerriti 007 nord-coreani, usando la Città Eterna come trampolino di lancio per le loro incursioni europee. Missioni non sempre fortunate, perché proprio a Roma il regime di Pyongyang ha subìto lo smacco più clamoroso: la defezione dell’ambasciatore Jo Song-gil, sparito alla fine del 2018 e ricomparso due anni dopo a Seul. Un’operazione da manuale a cui non sono estranei le donne e gli uomini dell’Aise.
Nonostante i luoghi comuni farseschi e la lunga litania di scandali, nel corso degli anni i nostri Servizi hanno sempre saputo farsi rispettare dagli avversari. Lo racconta Fulvio Martini, l’ammiraglio che ha guidato il Sismi nella fase finale della Guerra Fredda, descrivendo un episodio: «Da intercettazioni telefoniche, ci risultò che alcuni agenti del Kgb, parlando del Sismi, ci chiamavano gli “italianucci”. Decisi allora di dare una lezione al capo della “residentura”, cioè il centro romano del Kgb, usando su di lui le stesse tecniche di pressione che loro usavano a Mosca contro gli occidentali. Impiegai per l’operazione più di quindici auto, che non lo lasciarono per un minuto quando lui era fuori dell’ambasciata, stringendolo da vicino. Alla fine gettò la spugna e rientrò a Mosca. Nessuno ci chiamò più gli “italianucci”».
Nel suo “Nome in codice Ulisse”, forse il miglior memoir di una nostra spia, Martini sottolinea una questione chiave rimasta ancora irrisolta: «Il rapporto classe politica-Servizi è un punto dolente della vita pubblica italiana. La classe politica italiana è mentalmente impreparata alla gestione dei Servizi, non li capisce, tende a volte a usarli per scopi per i quali non possono e non devono essere impiegati, ma soprattutto non ha nei confronti dei servizi quella considerazione, quella consapevolezza di non poterne fare a meno che esiste non solo nei Paesi autoritari ma anche nelle piccole e grandi democrazie, soprattutto quelle anglosassoni». Adesso le cose stanno cambiando. Lo dimostra la delega affidata da Mario Draghi a un esperto come Franco Gabrielli. E le parole pronunciate nel presentare il suo esecutivo: «Questo governo nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica,nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori». Anche a costo di affrontare un braccio di ferro con il Cremlino.
C’era una volta
Dieci anni fa
Sabato 2 aprile 2011. «Sugli immigrati ci sarebbero tante storie da raccontare. A Lampedusa non attraccano carrette da mercoledì, ma un aereo ha avvisato la Capitaneria di porto che a cinquanta miglia a sud c’è un barcone con 50 persone a bordo. Anche Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr (l’agenzia dell’Onu per i rifugiati), dice che si sono perse le tracce di due imbarcazioni: “La prima è un gommone con 68 persone a bordo, partito il 25 marzo dalla Libia; il secondo un barcone con oltre 330 persone, salpato il 22 marzo sempre dalla Libia. Su entrambe le imbarcazioni ci sarebbero persone di varie nazionalità, in particolare eritrei, somali ed etiopi”. Ci sono poi le storie dei migranti che percorrono a piedi tratte inimmaginabili. A Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, hanno arrestato un tunisino che era arrivato camminando da Manduria, in provincia di Taranto. Altri sei tunisini sono stati rintracciati dalla Stradale sull’A1, procedevano a piedi sulla corsia d’emergenza all’altezza dello svincolo di Afragola. Venivano da un centro d’accoglienza calabrese. Altre storie: quelle degli immigrati trovati cadavere. Uno stava su una nave della Minoan Lines, appena approdata ad Ancona dalla Grecia, in un furgone telonato, in mezzo a un mucchio di scatoloni. Lungo la scogliera di Punta Regilione, tra Marina di Modica e Pozzallo (Ragusa), ne sono stati trovati altri due, uno venerdì, l’altro ieri. C’è poi la storia degli immigrati che la notte vanno in giro a rubare. A Lampedusa, stamattina, parecchie case risultavano svaligiate. Poi c’è la corsa ai treni per andare al Nord. Almeno trecento ieri alla stazione di Taranto. È gente che ha i parenti in Francia e vuole raggiungerli. Questi di Taranto erano fuggitivi di Manduria. I poliziotti li hanno bloccati e convinti a rientrare. Intanto altri immigrati arrivano a Ventimiglia, dove i francesi non li fanno passare. Il centro d’accoglienza è stato sistemato nell’ex caserma dei vigili del fuoco. Sonia Viale, sottosegretario all’Economia, lo ha visitato e definito “dignitoso”. Mentre lei era dentro, duecento italiani, fuori, manifestavano contro il razzismo» [Dell’Arti, Gazzetta].
La tendopoli di Manduria è ormai un calderone dove ribollono gesti individuali di umanità che si perdono nel caos collettivo. Un tunisino di 16 anni ha minacciato di darsi fuoco, un poliziotto è rimasto ferito mentre tentava di fermare l’esodo dei migranti.
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L’Agenzia delle Entrate, cioè il Fisco, ha un nuovo database e ha così scoperto che ogni italiano, per cento euro di tasse versate al fisco, ne evade 17 e 86 centesimi. Il Corriere della Sera ci ha aperto la prima pagina con un articolo di Enrico Marro: «Si evade il 38% delle imposte. Al Sud fino a due euro su tre. Al Centro e al Nord sono più alte le somme non pagate. Sono i dati dell’Agenzia delle Entrate. Il contribuente italiano, in media, evade 17 euro e 87 centesimi per ogni 100 euro di imposte versate al Fisco. Ma se si escludono i redditi che non si possono evadere (lavoro dipendente, pensione, interessi su Bot e conti correnti) la percentuale sale a 38 euro e 41 centesimi. In certe zone questa evasione arriva a 66 euro, in altre scende al 10».
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José Luis Rodríguez Zapatero, premier spagnolo, si ritira: «Viva Zapatero. Verrebbe da dirlo adesso che lascia, quello che la Guzzanti diceva quando cominciò. Sapete perché? Perché Zapatero ha annunciato il ritiro all’età di 51 anni, cioè 4 in meno delle giovani promesse Veltroni e Casini, 9 in meno del leader della sinistra nostrana Bersani, e — neanche a dirlo — 24 in meno del premier italiano, che a lasciare non ci pensa nemmeno. Tanto di cappello: ecco un uomo che sa quando togliere il disturbo» [Rosaspina, CdS].
Venti anni fa
Lunedì 2 aprile 2001. Nuove accuse sul capo di Slobodan Milosevic. Oltre che per malversazione e abuso di potere, la magistratura e la polizia serbe imputano al clan dell’ex leader jugoslavo un complotto per insurrezione contro lo Stato, sulla base delle armi e di un piano trovati nella villa di Belgrado. Altri gravissimi capi di imputazione potrebbero derivare dalla linea assunta dalla sua difesa. In un documento diffuso dal suo avvocato, l’ex presidente jugoslavo nega di essersi appropriato di fondi pubblici, ma ammette di aver utilizzato segretamente i soldi dello Stato per finanziare le milizie serbe impegnate nelle guerre in Croazia e in Bosnia. Gli Stati Uniti hanno annunciato lo sblocco degli aiuti alla Jugoslavia, ma hanno condizionato le donazioni alla cooperazione con i tribunali Onu e al proseguimento sulla strada delle riforme.
Venticinque anni fa
Martedì 2 aprile 1996. Dini rinuncia alle nomine dei vertici Eni e Bnl.
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Viene definitivamente smentito il possibile impegno di Di Pietro nella campagna elettorale. L’Ulivo offre comunque all’ex Pm un ministero in caso di vittoria.
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L’ex presidente polacco Lech Walesa, lasciato senza pensione dal Parlamento, ha ripreso il posto di operaio nei cantieri navali di Danzica, culla di Solidarnosc negli anni 80. Walesa è entrato ai cantieri con i suoi cacciavite da elettricista.
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Davanti alle telecamere della tv che li filmava a loro insaputa, due poliziotti della contea di Riverside, presso Los Angeles, lunedì mattina hanno pestato selvaggiamente due ispano-americani, un uomo e una donna, senza che questi opponessero alcuna resistenza. L’uomo è finito in ospedale con un braccio rotto; la donna è stata medicata e portata subito in carcere. Il disumano pestaggio, che ricorda quello del nero Rodney King nel 1991 da cui scaturì la traumatica rivolta dei ghetti di Los Angeles, ha suscitato un grave scandalo. I due poliziotti sono stati sospesi.
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Pubblicità. La Pepsi sferra l’attacco decisivo alla rivale di sempre, la Coca Cola. Ben 800 miliardi di lire saranno spesi solo per cambiare confezione e colore della lattina, che diventerà blu. Per la campagna promozionale sono state ingaggiate le due modelle Cindy Crawford e Claudia Schiffer. Un Concorde dipinto di blu volerà nei cieli d’Europa. Oggi perfino il quotidiano Daily Mirror era blu.
Trenta anni fa
Martedì 2 aprile 1991. Sciopero degli investitori in Borsa contro la tassa sul capital gain.
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Ad Altofonte (Palermo), ucciso Francesco Paolo Pipitone, 62 anni, direttore della Cassa Artigiana. Aveva tentato di opporsi a dei mafiosi che stavano compiendo una rapina.
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Muore a Manhattan Marta Graham, una delle maggiori protagoniste della danza moderna. Era nata l’11 maggio 1894 a Pittsburgh. Divenne famosa nel 1930 quando Igor Strawinskij la chiamò per La sagra della primavera. Inventò un nuovo modo di ballare e si affermò come coreografa.
Quaranta anni fa
Giovedì 2 aprile 1981. «L’interrogatorio di Carlo Bordoni, ex braccio destro di Sindona, da parte della Commissione parlamentare, si è concluso tra raffiche di indiscrezioni e di polemiche. Ufficialmente deputati e senatori della Commissione presieduta da Francesco De Martino, ex segretario del Psi, hanno detto niente o poco più di quanto già si sapeva sulle sovvenzioni ai partiti (sei miliardi destinati alla Dc, altre somme ad altri gruppi) ma, è stato riferito, Bordoni non sa se – e in che misura – il danaro sia stato effettivamente versato, tranne due miliardi finiti alla Democrazia Cristiana. Bordoni ha anche parlato delle tangenti finite nelle tasche degli intermediari, beneficiati con il meccanismo dei tassi di interesse differenziati sulle somme procacciate. Infine, chiuse le dichiarazioni ufficiali, qualcuno dei parlamentari ha fatto filtrare le indiscrezioni. Queste riguardano la famosa lista dei cinquecento esportatori di capitali favoriti da Sindona» [CdS].
Cinquanta anni fa
Venerdì 2 aprile 1971. A Bonn Colombo e Brandt trovano un accordo per l’adesione dell’Inghilterra al Mec. «Esiste il problema della politica ostruzionistica – autentica o apparente – della Francia, che i due paesi vorrebbero aggirare ricordando agli uomini politici francesi gli impegni che si assunsero al vertice europeo dell’Aia. Brandt si sarebbe già mosso in questo senso: è stato infatti rivelato che fra lui e Pompidou c’è stato in questi giorni uno scambio epistolare. Ha detto, il cancelliere in una intervista, di avere constatato, nella risposta di Pompidou, come Parigi abbia mantenuto la posizione che assunse a gennaio, durante l’ultimo incontro franco-tedesco, per l’adesione inglese al Mercato comune. Questo è già qualcosa, anche se non spiega l’improvvisa impennata francese all’ultima riunione del Consiglio europeo, quando Giscard d’Estaing portò in campo, improvvisamente, il problema del ruolo della sterlina come moneta di riserva, pretendendo che fosse compreso nel negoziato con Londra».
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Il Corriere propone un dibattito dal titolo Quando Dio è latitante. «I sociologi segnalano il declino delle religioni e la diffusione dell’ateismo, i futurologi prevedono un Duemila senza chiese e senza preghiere, i teologi scapigliati parlano di morte di Dio. Ma al di là della cronaca e delle spesso frivole divagazioni, qual è oggi lo spazio delle grandi religioni? Si sentono davvero inutili gli uomini che ancora parlano di Dio?».
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Janis Joplin è al primo posto nella classifica americana con l’album Pearl.
Sessanta anni fa
Domenica 2 aprile 1961. La villa dove Kennedy sta trascorrendo la Pasqua è sorvegliata giorno e notte da numerosi agenti del servizio segreto. Altri sono dislocati in vari punti della zona. Altri ancora sono impegnati nel seguire le mosse dei quattro cubani che avrebbero progettato di rapire la figlia del Presidente, la piccola Caroline. Kennedy e la sua consorte si sono recati nella chiesa di Sant’Edoardo per assistere alla messa pasquale. La piccola Caroline è rimasta a casa, ed è stata vista giocare nel parco della villa. Le sono sempre vicini due poliziotti in borghese. « Un operaio cubano di Miami, un fidelista impiegato in una ditta di abbigliamento, il 24 marzo, parlando in una riunione del partito democratico portoricano, era stato sentito dire: “Dobbiamo rapire Caroline Kennedy per costringere gli Stati Uniti a smetterla di interferire nelle faccende interne di Cuba”» [CdS].
Settanta anni fa
Lunedì 2 aprile 1951. Alla Carnegie Hall di New York il pianista ucraino Simon Barer sta suonando il primo movimento del concerto di Grieg con l’orchestra filarmonica di Filadelfia diretta da Eugene Ormandy quando si accascia sul pianoforte, stroncato da un’emorragia cerebrale.
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Jack Kerouac inizia a scrivere Sulla strada.
Diciotto pagine appiccicate una dopo l’altra per raccontare in dettaglio un weekend di bagordi a base di droghe, alcol e sesso. Le inviò nel 1950 Neal Cassady all’amico Jack Kerouac che ne trasse ispirazione per Sulla strada, la sua opera più celebre. «Penso non si possa comprendere la genesi di Sulla strada senza aver letto quello che mi confidò Neal», dirà Kerouac nel 1969.
Cento anni fa
Sabato 2 aprile 1921. L’Armenia diventa una delle Repubbliche sovietiche
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La giunta di Caserta si dimette dopo che i fascisti hanno espugnato il palazzo municipale, distrutto la sede della Società operaia e devastato l’abitazione del sindaco, minacciato di morte. [Franzinelli1].
Centodieci anni fa
Domenica 2 aprile 1911. Il francese Gustave Garrigou, grande sconfitto della prima edizione (1907), si prende la rivincita trionfando alla Milano-Sanremo, 289,3 chilometri percorsi in 9h47’00” (29,570 km/h), secondo è un altro transalpino, Louis Trousselier, staccato di 6’, terzo il primo degli italiani, Luigi Ganna, a 16’, quarto Carlo Galetti a 20’, sesto, a 21’, Eugène Christophe, vincitore dell’edizione 1910. Via alle 5.40, i 70 concorrenti trovano finalmente un clima accettabile. In vetta al Turchino passa per primo Henri Lignon, che batte allo sprint Ganna, André Blaise, Galetti e Garrigou, il quale attacca nella discesa viscida e ghiaiosa con il compagno di squadra Louis Trousselier. A Voltri i due alfieri della Alcyon hanno un minuto di vantaggio sui connazionali Lignon e Marcel Godivier, a 3’ Ganna e Luigi Azzini. A Savona (100 km al traguardo) i battistrada hanno 5 minuti di vantaggio su un gruppetto di cui fanno parte Ganna, Galetti, Blaise, Lignon, Christophe e il belga Jules Masselis. Sullo strappetto di Bergeggi-Torre del Mare (90 km all’arrivo) Trousselier arranca e Garrigou resta solo in testa: a Noli ha un vantaggio di 2’22”, il gruppetto di Ganna è a 6’37”, di lì a Sanremo è una passerella trionfale [Delfino-De Marco-Pietrucci 2009].
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L’Unione Sportiva Milanese sfida i francesi della Voironnaise all’Arena, nella prima partita di rugby giocata da una squadra italiana.
Centoventi anni fa
Martedì 2 aprile 1901. L’on. Zanardelli s’incontra e si abbocca alla stazione di Verona col cancelliere tedesco von Bülow, diretto a Venezia.
Centotrenta anni fa
Sabato 2 aprile 1891. «Il Re riceve una lettera amichevole di Menelik posteriore alla rottura dei negoziati. Dopo aver ricordato la sua arrendevolezza nella questione dei confini e spiegato il suo rifiuto di ammettere circa l’art. 17 del Trattato di Uccialli un obbligo che dichiara di non aver mai accettato e che sarebbe umiliante e lesivo alla sua indipendenza, protesta di volere l’amicizia con l’Italia e dice essere sua ferma intenzione che la trattazione dei suoi affari con l’Europa si faccia col concorso del Governo italiano» (Comandini).
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Nuovo dazio a Milano. «I forestieri che verranno a Milano fra due o tre settimane, oltre all’attrattiva dell’Esposizione, potranno vedere condotti a termine parecchi lavori edilizi importanti. Oltre alla tanto sospirata sistemazione di via Dante, alla riduzione della piazza Castello a elegante giardino; alla formazione di due squares davanti al teatro Dal Verme; trasportandosi in altro punto della città, e precisamente a Porta Vittoria, vedranno compiuti i lavori per la costruzione di quella nuova barriera. In quel punto la cinta daziaria, costituita da una semplice cancellata, segna una sporgenza a guisa di lumaca verso il corso Ventidue Marzo, racchiudendo il monumento delle Cinque Giornate, il quale viene – ossia verrà – perciò a trovarsi entro dazio».
Centoquaranta anni fa
Domenica 2 aprile 1881. A Montecitorio, stasera, si tiene una riunione di deputati di ogni partito per studiare il modo di diminuire la tassa del sale senza perturbare il bilancio (Comandini).
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A Napoli, al Teatro San Carlo, la Gioconda del maestro Ponchielli ottiene un entusiastico successo. Sono replicati tre pezzi. Moltissime chiamate al proscenio (Comandini)
Centosessanta anni fa
Martedì 2 aprile 1861. Un telegramma dell’Agenzia Havas-Bullier dirama da Parigi questo inverosimile programma per l’assestamento della questione Romana: «1°, il papa, capo della religione cattolica, continuerebbe a portare il titolo e a possedere in Roma il diritto di alta sovranità (suzéraineté) che vi ebbe nei primi secoli; 2°, il nuovo regno d’Italia libererebbe la Chiesa da tutti i vincoli legali della potestà civile. Le elezioni ai vescovadi e ai benefici rientrerebbero nell’assoluto dominio della Chiesa. Tutte le leggi contro le immunità ecclesiastiche sarebbero abolite; 3°, il re Vittorio Emanuele cederebbe all’Imperatore dei francesi l’isola di Sardegna, che Napoleone III, continuando la tradizione di Carlomagno, donerebbe in tutta proprietà alla Chiesa che vi trasporterebbe la propria residenza non rinunziando però al titolo di pontefice romano; 4°, Roma sarebbe la capitale d’Italia» (Comandini).
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«Sono comunicate al Senato le dimissioni da senatore del marchese Brignole Sale, ritenendo questi contrario alle sue convinzioni far parte di un consesso che per la proclamazione di Vittorio Emanuele a Re d’Italia è divenuto Senato del Regno d’Italia, non volendo egli far parte che di un Senato «della Monarchia di Savoia» (Comandini).
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«Garibaldi, a Genova, tormentato da dolori reumatici ad un braccio e ad un piede, rimane in casa in via Assarotti ricevendo molte visite. A sera gli operai fannogli una calorosa dimostrazione. Padre Pantaleo scende a ringraziare i dimostranti» (Comandini).
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Stamane alle funzioni della Cappella Sistina Pio IX ha avuto un lungo svenimento; le funzioni sono state sospese e il papa è stato trasportato nei suoi appartamenti; ma a sera stava già meglio (Comandini).
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Le spoglie di Napoleone Bonaparte sono definitivamente tumulate agli Invalides nella «cripta con blocchi di porfido finlandese, disegnata dall’architetto Louis Visconti» [Valensise, Foglio].
Centosettanta anni fa
Mercoledì 2 aprile 1851. «Sono tanto avanti che entro cinque settimane sarò pronto con tutta la merda economica. E fatto ciò, porterò a termine a casa il lavoro sull’Economia e nel [British] Museum mi butterò su di un’altra scienza. Questa roba comincia ad annoiarmi. In fondo, da A. Smith e D. Ricardo in poi, questa scienza non ha più fatto progressi, per quanto molto si sia fatto anche mediante singole ricerche, spesso molto fini (…). Entro un tempo più o meno breve pubblicherò due volumi di 60 fogli di stampa» [Marx ad Engels a proposito del quaderno Oro monetario. Il sistema monetario perfetto].