Due padri
(di Stelio W. Venceslai)
Dalle cronache emerge di tutto. Sono settimane interessanti. Più di tutto mi sembra, però, che emergano le storie di due padri, politici, ma sempre padri. Sono storie personali, ma profondamente indicative del marasma sociale in cui stiamo vivendo.
La prima è quella dell’on. Andrea Romano, un uomo della sinistra, intelligente e capace. Non condivido molte delle sue idee, ma le apprezzo.
Ha perso un figlio di 24 anni, qualche mese fa. Un dolore indicibile che solo chi ha avuto un’esperienza simile può capire.
La morte di un figlio ti strappa l’anima. Lo so per esperienza. Non si può dimenticare. Il mio l’hanno incenerito, senza neppure farmelo sapere.
Ebbene, da due mesi, nella capitale caput mundi, l’on. Romano non riesce a seppellire suo figlio.
È un uomo importante, che può anche muovere amicizie influenti. Non ce la fa. Suo figlio è al cimitero, assieme a tanti altri morti, da due mesi. L’AMA non riesce a smaltire i morti di Roma, a dar loro degna sepoltura. È un’infamia, una mancanza di rispetto, un oltraggio al dolore di chi sopravvive e, magari, vorrebbe tornare a portare un fiore.
L’AMA è il carrozzone del Comune, una struttura incapace pressoché di tutto, ovviamente sempre più costosa, che il sindaco di Roma, la Raggi, non è riuscita a rendere efficiente, dopo cinque anni di governo.
Romano è un uomo importante, l’ho già detto, un uomo noto, ma quante sono le persone comuni la cui indignazione e le cui sofferenze non trova spazio sui giornali e i media? L’indifferenza e l’incapacità delle strutture comunali, della burocrazia capitolina, sono note a tutti, tranne a chi vorrebbe allearsi con 5Stelle per rieleggere la Raggi alle prossime elezioni.
La politica ha le sue leggi e le sue contorsioni. Quasi sempre prevalgono le ultime. Mi auguro che, stavolta, non sia così.
Ma prima di tutto, vorrei che i nostri morti trovassero degna sepoltura e il nostro dolore non fosse offuscato dall’imbecille disumanità di chi ci governa.
L’altro padre è un uomo altrettanto noto, il comico Grillo. È talmente noto che senza alcun titolo, tranne quello di blaterare sciocchezze, è chiamato dal nostro Presidente della Repubblica alle consultazioni per la formazione del governo.
Anche ha un figlio, ora, nei guai. Lo difende, è giusto, lo capisco. Lo difende male, anzi malissimo. Ma il fatto è grave.
Questo ragazzotto, che non credo brillante come il padre, con altri tre ragazzotti, a stare alle cronache, ha violentato una ragazza, più o meno della stessa età, appena maggiorenne, in Sardegna. Uno stupro di gruppo, allegramente consumato in una villa di proprietà di Grillo, presente in altre stanze la madre del ragazzotto.
Non è una bella cosa. Il festino, ora, si muta in tragedia. I genitori della ragazza, giustamente, hanno denunciato lo stupro. I nostri quattro eroi rischiano di rovinarsi la vita per sempre. Il figlio di Grillo, oltre alla sua, ha già rovinata quella del padre, visto che ne sta derivando un caso politico.
Che dice Grillo, fondatore di 5Stelle, un partito in genere afono sulle cose serie e ancor più in questo caso?
Dice cose insensate, facendo capire che in fondo si tratta di una ragazzata, che la fanciulla era consenziente, e magari, forse, li avrebbe pure provocati, i quattro stupratori, e così via. Dice sciocchezze pericolose.
Anche la madre ha parlato, quella che era nella stessa villa, quando i ragazzi si “divertivano”. Era meglio il silenzio. Peggio del marito.
La gente bene, quella che giudica sempre dall’alto, i Farisei del secondo millennio cristiano, ritiene che Grillo sia stato maschilista. Una condanna senza appello.
Mi sta bene, però vorrei chiedere in giro: ma qualcuno, uno schiaffo, gliel’ha dato a questi ragazzotti? Ancora, e la fanciulla, c’è andata da sola, al festino? I genitori, ora giustamente indignati, lo sapevano oppure sono caduti dalle nuvole?
Come funzionano le famiglie, in questo inizio di secolo, nelle mani degli adolescenti oppure hanno ancora un controllo dei guai che possono combinare?
La permissività imperante è frutto d’indolenza oppure di rinuncia a una qualunque autorità morale sui propri figli?
Com’è possibile che lo Stato ci metta in prigione da un anno, contandoci le ore di libera uscita e, al contrario, l’”apertura” facile sia solo a casa nostra?
I valori si sono dispersi. Qualunque restaurazione che tutti auspicano passerà attraverso la riconduzione a principi etici troppo spesso dimenticati. Non fatevi illusioni, famiglie facili e ragazzi liberi, i tempi saranno duri alla fine della pandemia, anche per voi.
Roma, 23 aprile 2021.