Dieci anni fa
Mercoledì 27 aprile 2011. Il presidente delle Repubblica appoggia la decisione del governo di bombardare la Libia. La Lega non è d’accordo sulla procedura scelta da Berlusconi per prendere questa decisione. Non è d’accordo sull’atteggiamento remissivo tenuto da Berlusconi l’altro giorno nell’incontro con Sarkozy. Spiega Maroni: «Siamo rimasti sorpresi perché nell’ultimo consiglio dei ministri Berlusconi era contrario ai bombardamenti. Noi non cambiamo idea da un giorno all’altro. I bombardamenti intelligenti, per definizione, non esistono. Mi sembra inevitabile, a questo punto, che ci sia un passaggio parlamentare su una cosa così rilevante. Lo chiede l’opposizione, noi non siamo contrari. Ho parlato con Bossi: la linea della Lega sulla questione della Libia non cambia, ed è quella espressa dal segretario e riportata dalla “Padania”».
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Il Senato approva un emendamento che abroga le norme sul nucleare. Berlusconi spiega: «È il futuro, ma quello che è successo in Giappone ha spaventato i cittadini e se fossimo andati oggi al referendum il nucleare non sarebbe stato possibile per molti anni. La moratoria è una posizione di buonsenso». Scontro polemico con l’opposizione: è un imbroglio, il premier ha gettato la maschera, vuole soltanto evitare i referendum [CdS].
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A New York Alberto Yusi Lajud Peña detto “El Prime”, il capo della banda dei newyorkesi che lo scorso 19 febbraio partecipò al furto del secolo – un centinaio di uomini sparsi in 28 Paesi hanno assaltato simultaneamente i bancomat delle principali città, da New York a Tokyo, ripulendoli fino all’ultimo centesimo – viene ucciso in casa sua mentre gioca a domino con i fratelli che rimangono gravemente feriti. «Quando la polizia fa irruzione nella villetta dove si nasconde, lo trova già morto. Nella casa viene ritrovata una valigetta con l00mila dollari in banconote, segno che “El Prime” non è stato ucciso per soldi, ma perché non aprisse bocca» [CdS].
Venti anni fa
Venerdì 27 aprile 2001. È scontro tra il ministro della Sanità Umberto Veronesi e la Rai. Ciò che ha scatenato l’ira dell’oncologo è stato il monologo di Adriano Celentano sul trapianto degli organi nella prima puntata del suo programma 125 milioni di cazzate. In una lettera al presidente Zaccaria il ministro ha scritto che «sono state dette parole ottuse e irresponsabili, pagate con miliardi pubblici». Numerosi malati in attesa di trapianto hanno chiamato già ieri sera i centralini della Rai per protestare, e questa mattina è intervenuta la Lamat (Libera Associazione pro malati in attesa trapianto) per denunciare la disinformazione nelle parole di Celentano in apertura di trasmissione. Ma il presidente della Rai, Roberto Zaccaria, difende il conduttore: «Non si può ingabbiare Celentano, tagliarlo sarebbe stato andare contro lo spirito del servizio pubblico». E poi, pur non condividendo tutte le opinioni di Celentano, aggiunge che la Rai non è la Gazzetta Ufficiale: «Adriano è un artista che ha una sua opinione – dice – non si può pensare che ciò che dice corrisponda a quello che pensano tutti».
Celentano si era espresso contro il trapianto degli organi deciso d’autorità – in base a una legge approvata dal Parlamento – anche in mancanza di indicazioni da parte del trapiantato.
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La Corte di Cassazione conferma soltanto tre delle condanne emesse per l’omicidio dell’eurodeputato Salvo Lima: gli ergastoli per Totò Riina e Raffaele Ganci e 18 anni per il collaboratore Salvatore Cancemi. Le condanne per l’omicidio che diventano definitive sono cinque, poiché Giovanni Brusca (che aveva avuto 18 anni) e Salvatore Biondino (condannato all’ergastolo) avevano rinunciato al ricorso in Cassazione. La Corte non ha confermato le condanne per gli altri componenti la cupola mafiosa, con la motivazione che per essere condannati è necessario il cosiddetto “riscontro individualizzante”. e ha disposto il rinvio ad un altro processo d’appello
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Al centro postale dell’aeroporto di Fiumicino viene trovata una busta non affrancata con un proiettile, privo di esplosivo, indirizzata a Berlusconi presso la sede romana di Fi.
Trenta anni fa
Sabato 27 aprile 1991. L’attrice Laura Antonelli è stata arrestata nella sua villa di Cerveteri, vicino a Roma. In un piatto di legno, nel salone, i carabinieri hanno trovato 36 grammi di cocaina. «In camicia da notte, lo sguardo allucinato, la faccia gonfia di alcol, apre la porta della villa al maresciallo Sollazzo e gli dice: “Venga, dentro c’è una festa”, accompagnandolo, indifferente, fino a quel celebre vassoio pieno di coca (con puntiglio il tribunale annotò: 36 grammi di cocaina, pari a 162 dosi, valore 9 milioni di lire)».
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Francesco Cossiga non desidera essere rieletto per un secondo mandato al Quirinale. Non accetterà nemmeno possibili candidature offerte «per alcun motivo e per nessun periodo del mandato»
Quaranta anni fa
Lunedì 27 aprile 1981. Tragico assalto di un commando terrorista che sembra ripetere la sequenza del rapimento Moro. Sei uomini hanno sequestrato alle 21.40, a Torre del Greco, Ciro Cirillo, 60 anni, assessore dc alla Regione Campania di cui era già stato presidente. Cirillo era appena giunto su un’Alfa blindata della Regione davanti al garage del palazzo dove abita. Con lui erano l’autista Mario Canciello, 33 anni e il brigadiere della Digos Luigi Carbone, 56 anni, entrambi uccisi. Gli sedeva a fianco il suo segretario particolare Ciro Fiorillo, di 45 anni ferito alle gambe.
Cinquanta anni fa
Martedì 27 aprile 1971. «Pietro Valpreda e tre dei suoi presunti complici dovranno rispondere, davanti alla corte di assise di Roma, della strage di piazza Fontana e degli attentati dinamitardi di Roma del 12 dicembre 1969. Alle nove di stamane il giudice istruttore Ernesto Cudillo ha depositato in cancelleria la sentenza di rinvio a giudizio. L’ultimo atto di quella che passerà alla storia come la grande inchiesta giudiziaria degli anni 70 contro i movimenti anarchici consta di 252 pagine. In essa il magistrato osserva come vi siano sufficienti elementi di prova perché i quattro maggiori imputati siano rinviati a giudizio per rispondere di strage» [CdS].
Sessanta anni fa
Giovedì 27 aprile 1961. «Il generale De Gaulle non si allontanerà più da Parigi: non farà più viaggi all’estero, non visiterà più le Provincie della Francia, come aveva fatto periodicamente negli ultimi due anni, non andrà a passare il sabato e la domenica a Colombey-Les-Deux-Eglises. Egli si dedicherà anima e corpo alla liquidazione definitiva del complotto, alcuni capi del quale non sono mai comparsi sulla scena e vengono ora ricercati. Egli procederà alla epurazione di alcuni organismi amministrativi, il cui contegno ha lasciato molto a desiderare nei primi giorni dell’insurrezione di Algeri; ed egli studierà e attuerà, anzitutto, una riforma radicale dell’ esercito. Finché non sarà stata fatta piazza pulita, l’articolo 16 della Costituzione, che mette tutto il potere nelle mani del Capo dello Stato, rimarrà in vigore».
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La crisi del Laos s’è aggravata al punto da spingere il Presidente Kennedy a convocare d’urgenza, stamane, i leader democratici e repubblicani del Congresso, per metterli al corrente degli ultimi sviluppi della situazione. Atmosfera di tensione e di allarme per i successi dei ribelli. Si tratta di decidere se intervenire o no nel Laos
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La Sierra Leone ottiene l’indipendenza dal Regno Unito.
Settanta anni fa
Venerdì 27 aprile 1951. Il Primo ministro Ala Hussein ha rassegnato stasera le dimissioni nelle mani dello Scià di Persia dopo che, com’è noto, la commissione parlamentare per il petrolio aveva proposto l’esproprio delle installazioni appartenenti alla Anglo-Iranian Oil Company.
Ottanta anni fa
Domenica 27 aprile 1941. Le truppe tedesche entrano ad Atene.
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In una Lubiana ormai annessa all’Italia viene fondato il Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno sulla base di un accordo tra comunisti, cristiano-sociali, liberali di sinistra ed intellettuali progressisti.
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Africa settentrionale. Un tentativo degli inglesi di spezzare l’accerchiamento attorno a Tobruk viene respinto.
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Estremo Oriente. Riuniti a Singapore, inglesi, olandesi e americani concordano un piano di difesa comune in caso di attacco giapponese.
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«Mackensen viene a casa alla una del mattino ed assieme andiamo a Villa Torlonia, ove troviamo un Mussolini assonnato, ma molto cortese. Hitler dice che il Generale greco Tsolacoglu (o giù di lì) è pronto a costituire un governo ad Atene, col quale potremmo trattare la resa della Grecia. È favorevole alla cosa e considera tutto ciò “una grazia del Cielo”. Bisogna mandare una delegazione a Larissa, domattina per tempo. Propongo Anfuso e il Duce approva. Noi naturalmente siamo meno entusiasti dei tedeschi e mi sembra scorgere in tutto ciò la spiegazione di molti ed anche recenti atteggiamenti germanici in Grecia. Senonché Anfuso, giunto in mattinata a Larissa, fa sapere che non incontra né la delegazione tedesca né quella greca e che per di più il Maresciallo List non era minimamente informato del suo arrivo. Ciò mette di buonumore il Duce poiché prova “che in Germania esistono grosse scollature e ci dà un nuovo singolare avvenimento da aggiungere ai tanti che hanno costellato questi sei mesi di relazioni tedesco-greche”. Più tardi List comunica che le due delegazioni arriveranno domattina. Chiedo al Duce di dare alla Stefani il suo telegramma di elogio per Cavallero e accetta la mia domanda» [dai diari di Galeazzo Ciano].
Cento anni fa
Mercoledì 27 aprile 1921. Un colpo di mano militare istituisce un effimero «Governo eccezionale di Fiume d’Italia», espressione del fascio di combattimento, presieduto dal comandante degli squadristi triestini Francesco Giunta [Franzinelli].
Centoventi anni fa
Sabato 27 aprile 1901. Parte il Giro automobilistico d’Italia. «Ci telegrafano la Torino, 27 aprile, mattina: La partenza degli automobilisti ebbe luogo tra le ore 7 e le 3 sotto la pioggia, la quale impedì che accorresse ad assistere allo spettacolo la folla che si prevedeva […]. Ci telegrafano da Genova, 27 aprile, notte: Eccomi a riassumervi l’andamento della giornata odierna. Stamani, nonostante il tempo piovoso, qualche centinaio di eroici curiosi si affollava attorno al palazzo delle Belle Arti, dal quale gli automobilisti dovevano partire. Le partenze cominciarono alle ore otto, prolungandosi sino dopo le dieci. Molti, vedendo la persistenza del cattivo tempo, preferivano rinunziare. Tuttavia si raggiunse una trentina di vetture, che affrontarono la strada orridamente fangosa. I primi chilometri rappresentarono una vera sofferenza: fango sulla strada, acqua diluviante dal cielo. Verso le ore dieci cessò la pioggia; a poco a poco le nubi si ruppero. Brillò qualche raggio di sole, che si fece più persistente. Prima di giungere ad Alessandria il tempo poteva dirsi ristabilito. Nessun incidente durante il percorso : qualche gomma rotta e qualche vettura, il cui motore si mostrava non in condizioni da superare le molteplici difficoltà create dalle strade pessime. Ad ogni paese, che si attraversava, molti curiosi assistevano salutando cortesi ed augurando buon viaggio».
Centocinquanta anni fa
Venerdì 27 aprile 1871. Nel territorio di Varese è segnalata la comparsa del tifo bovino: l’esportazione è vietata (Comandini).
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Nella notte muore a Milano di vaiuolo il marchese Alessandro Litta-Modignani (n. Milano 21 agosto 1800). Partecipò alla campagna del ’48. Lega alla Biblioteca Ambrosiana una pregevole raccolta di opere di ceramica del Perù, anteriori alla conquista spagnola (Comandini).
Centosessanta anni fa
Sabato 27 aprile 1861. Ordinanza del ministro per la guerra dichiara disertori tutti gli uomini della seconda classe 1840 i quali entro il 15 maggio non abbiano raggiunti i rispettivi corpi, o non abbiano giustificato il loro indugio (Comandini).
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Il gen. Garibaldi arriva verso le 2 p. alla stazione di Castelguelfo di dove recasi a Majatico, poco sopra Sala, alla villa della marchesa Araldi Trecchi (Comandini).
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Non riceveranno più la rata della pensione di vecchiaia gli ex impiegati dell’Asburgico Regio Governo che si fanno crescere la barba come quella di Garibaldi, o peggio, che esibiscono una «barba a collare» detta «alla Cavour». Informate da un telegramma di Vienna, ne danno notizia oggi le autorità di polizia di Verona. Lo stesso giorno arrivano a Padova l’ex Duca di Modena Francesco V e l’ex Granduca di Toscana Ferdinando IV. Passano in rivista le truppe del presidio austriaco, che schierano fra i ranghi anche militari dei due sovrani deposti. Assicurano loro che presto saranno chiamati a superare il Po per riconquistare «i troni usurpati da Re Vittorio Emanuele II». Sono ulteriori minacce di guerra, che si aggiungono a quelle che inducono la Francia a ritenere ancora inopportuno il ritiro delle proprie truppe da Roma. È quanto sostiene il quotidiano La Patrie. Spiega che Parigi rimane a presidio del Papa, non solo per garantire la sua sicurezza, ma anche «per contribuire, colla sua presenza, alla pace dell’Italia» al fine di consentirle di sviluppare serenamente la sua organizzazione e le nuove istituzioni unitarie. «La partenza dei francesi da Roma – dice il giornale – produrrebbe in breve un conflitto fra l’Austria e il Regno d’Italia. Ecco perché tutte le potenze, e l’Inghilterra per prima, veggono senza rammarico l’occupazione francese, che gl’interessi religiosi ugualmente reclamano» [Lupo, Sta].
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Il presidente Abraham Lincoln sospende il diritto dell’Habeas corpus.
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La Virginia Occidentale attua la secessione dalla Virginia.
Centonovanta anni fa
Martedì 27 aprile 1831. Alle 2,45 del pomeriggio, nel Palazzo Reale di Torino, muore il re Carlo Felice. Poco prima di spegnersi chiede al principe di Carignano Carlo Alberto di seguire nella sua condotta le virtù degli avi. Carlo Alberto assume la corona, riceve i dignitari di corte e trasferisce stabilmente nel Palazzo Reale i propri figli. Alle 5 del pomeriggio, in Piazza d’Armi, le truppe del presidio prestano giuramento al nuovo sovrano nelle mani del governatore conte Thaon di Revel. Vittorio Emanuele II diventa quindi principe ereditario della corona di Sardegna (in quanto figlio primogenito di Carlo Alberto, che è il sovrano).
«Nacque in Torino il 6 apr. 1765 da Vittorio Amedeo III di Savoia, poi re di Sardegna, e da Maria Antonietta Ferdinanda di Borbone, figlia di Filippo V re di Spagna. Fu battezzato coi nomi Carlo Felice Giuseppe Maria, ed ebbe il duca del Genevese […]. aveva un temperamento coerente e inflessibile, ma chiuso, diffidente, impulsivo; era di animo onesto, sincero, capace di commozione e di tenerezza, ma anche suscettibile, astioso e vendicativo; aveva una mente perspicace, capace a volte perfino di autoironia, ma anche culturalmente piuttosto sprovveduta e non molto duttile. Il profilo di un principe così contraddittoriamente impastato di pregi e di difetti è già tutto nelle pagine del Journal che C. F. iniziò a scrivere nel 1785 (o 1784 secondo altra fonte indiretta)» [Treccani]. «Nel 1807 sposa a Palermo Maria Cristina di Sicilia, figlia del Borbone Ferdinando I e di Maria Carolina d’Austria. Con le abdicazioni dei fratelli Vittorio Emanuele I e Carlo Emanuele IV, nel 1821 Carlo Felice di Savoia è chiamato al trono del regno, dopo essere stato viceré della Sardegna dal 1799 al 1802 e dal 1804 al 1817. Quando riceve la corona dal fratello si trova a Modena, ragione per la quale il re uscente nomina reggente Carlo Alberto di Savoia. Quest’ultimo un po’ per debolezza e un po’ per convinzione, concede al popolo la Costituzione: Carlo Felice s’infuria e, entrato a Torino il 17 ottobre 1821, nel mentre revoca il provvedimento, gli disconosce il diritto di erede al trono. L’avvento di Carlo Felice trova un regno in preda alla rivoluzione liberale ed egli, con le sue idee assolutistiche e le sue convinzioni sull’inviolabilità e la sacralità del diritto dei sovrani, avvia una ferma repressione dei moti costituzionali. Ciò gli aliena la collaborazione con gli esponenti di punta del partito moderato. Per la durezza e la spietatezza della sua repressione, da cui scaturisce la condanna a morte di Santorre di Santarosa, è soprannominato Carlo il Feroce. Attratto più dalla cultura che dalla politica, attua la riforma giudiziaria, realizza importanti opere di pubbliche utilità, ma soprattutto si tiene lontano dalle guerre» [Salvatori, Periodico].