Ampelografia
am-pe-lo-gra-fì-a
SIGNIFICATO Classificazione e studio delle caratteristiche morfologiche della vite nelle sue varietà
ETIMOLOGIA composto moderno degli elementi greci ampelo- da àmpelos ‘vite’ e -grafia, da gráphein ‘scrivere’.
- «Sono i caratteri ampelografici tipici del nebbiolo.»
Ampelo era un giovane amato da Dioniso. Amava giochi e divertimenti dei più spericolati, e Dioniso, nel suo presentimento profetico, sapeva che Ampelo avrebbe fatto la fine terribile di altri giovani amati da divinità, e anche, tristemente, che dalla sua morte sarebbe scaturito qualcosa di grande valore. Fu incornato da un toro mentre tentava di cavalcarlo, e tremendamente mutilato; ma con le impetrazioni di Dioniso il suo corpo rotto radicò in vite.
In greco ‘vite’ è appunto àmpelos — una radice strana e isolata. In effetti fa parte di quel patrimonio eloquente e mesmerizzante che sono i residui del substrato pre-ellenico, cioè della lingua pre-indoeuropea che si parlava sui lidi greci (e su tutta una parte di Mediterraneo che lambisce anche l’Italia). È un substrato che traspare tutto in nomi propri, di persone e di divinità, in nomi di mare e di botanica, e di luoghi, e di posizioni di potere. Che grande differenza c’è fra questa parola sola, arroccata sulle sassaie della Grecia, e quelle della radice della parola ‘vino’, che si sono diffuse in maniera tentacolare su lingue indoeuropee e semitiche, viaggianti insieme al vino, a partire dalle antiche lingue parlate fra Mar Nero e Caucaso dove il vino fu inventato.
E però, anche se la parola è isolata, il fatto di significare ‘vite’ in una delle lingue più famose e venerate al mondo le garantisce un successo perdurante. Prendiamo proprio l’ampelografia, unica parola corrente in cui troviamo l’àmpelos come elemento componente, e che è la disciplina che classifica i vitigni.
Come forse nel corso della vita abbiamo avuto modo di accorgerci, non c’è una sola uva, ma molte, e il tipo a cui appartiene come frutto, il vitigno, non si distingue solo alla fine, per sentori e sapori che troviamo nel bicchiere di vino, o magari sullo scaffale del supermercato per colore e forma dell’acino, ma per le forme e caratteristiche di ogni parte della pianta — germogli, foglie, grappoli. Sono le caratteristiche ampelografiche.
Possiamo notare differenze negli apici dei germogli, nella quantità di infiorescenze; possiamo notare differenze nelle foglie, con lobi più o meno pronunciati, nervature, dentature sul margine; possiamo notare forme diverse di grappolo, che può anche essere più compatto o più spargolo, cioè con acini più serrati o più radi.
Sono caratteristiche che tecnicamente hanno delle ripercussioni sulla gestione della vite e sulla vocazione del suo prodotto (ad esempio un grappo spargolo rende meno, ma l’aria che passa fra gli acini li rende meno vulnerabili alle intemperie e meno soggetti a muffe e parassiti). Rimangono caratteristiche interessanti per identificare una pianta vera, che non è solo un nome da etichetta, ma ha un volto di tralci, foglie e grappoli. Ed è splendido che, per trasmettere le giuste, elevate pretese di una disciplina scientifica, sia stato recuperato nell’Ottocento il termine per ‘vite’ di un’antica alta lingua che aveva così conservato una voce preistorica, dei tempi in cui l’umano conobbe queste piante e questo mare.