Campania. Prodotti “made in carcere”, al via il concorso per il logo

Un logo per i prodotti “made in carcere”. È l’idea alla base del concorso bandito dal Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria della Campania e dal Carcere possibile, la onlus della Camera penale di Napoli che si occupa di tutela dei diritti dei detenuti. Il concorso è rivolto a giovani al di sotto dei 36 anni di età i quali, entro il 31 agosto prossimo, dovranno inviare la loro idea progettuale di logo, con un claim o un’immagine accompagnata da un claim, per i prodotti realizzati dai detenuti nei vari laboratori gestiti dall’amministrazione penitenziaria, dalle associazioni e dalle cooperative sociali.

 

Si tratta, dunque, di creare un segno distintivo che identifichi la provenienza dei prodotti realizzati dai detenuti e ne accresca l’interesse commerciale. Sarà scelto il progetto più votato dalla giuria composta da componenti dell’amministrazione penitenziaria e del Carcere possibile, nonché da esperti di comunicazione pubblicitaria. La proclamazione del vincitore avverrà il 15 ottobre e a lui sarà corrisposto un premio di 1.500 euro. Il progetto è curato dal provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, Antonio Fullone, e dal direttivo del Carcere possibile, guidato dall’avvocato Anna Maria Ziccardi, in particolare con la collaborazione degli avvocati Sabina Coppola e Sergio Schlitzer.

 

La finalità del concorso è legata alla constatazione che negli istituti penitenziari della regione Campania i detenuti realizzano prodotti di diverse categorie merceologiche, molti dei quali di significativa qualità e che tuttavia raramente riescono ad avere il risalto che meritano dal punto di vista commerciale. “Per tale ragione – si precisa nel bando – il concorso intende valorizzare e promuovere la diffusione dei suindicati prodotti e le relative attività di formazione e di reinserimento che ne rendono possibile la realizzazione, mediante l’apposizione di un segno distintivo idoneo a identificarne la provenienza”.

 

Al concorso potranno partecipare giovani under 36 e potranno presentarsi anche in gruppi di più persone, purché nessuna di esse abbia superato il limite di età stabilito nel bando. L’obiettivo è quello di valorizzare il lavoro che alcuni detenuti svolgono all’interno dei laboratori delle carceri campane e provare a incrementare queste attività che sicuramente rappresentano un ponte tra il mondo dietro le sbarre e il mondo esterno e sicuramente possono essere un passo in avanti concreto nel percorso di rieducazione e riabilitazione di chi deve scontare una pena.

Creare un logo per i prodotti “made in carcere” vuol dire anche dare un’identità al lavoro dei detenuti, dare loro un peso sul mercato, e quindi un futuro. Del resto in prigione si realizzano prodotti di qualità, soprattutto di tipo artigianale, artistico e alimentare. Individuare un segno distintivo per tali prodotti vuol dire dare una forma, dare un nome, un colore, un’immagine a ciò che viene realizzato dai detenuti durante le ore di lavoro in cella, e tutto questo va di certo in un’ottica di recupero sociale di chi ha commesso un reato e sconta per questo una pena in carcere.

FONTE: di Viviana Lanza Il Riformista, 19 giugno 2021