mercoledì, 25 Dicembre 2024
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Oscar Di Montigny, direttore marketing Banca Mediolanum, posa per una foto in occasione di un incontro con la stampa, 13 febbraio 2014, a Milano. ANSA / MATTEO BAZZI

È l’Oscar della condanna: 4 mesi per evasione fiscale

È l’Oscar della condanna: 4 mesi per evasione fiscale

È l’Oscar della condanna: 4 mesi per evasione fiscale

Di Montigny – “Sistema Mediolanum”: al genero di Doris, possibile candidato di Salvini & C., contestate fatture false per 230mila euro

di  | 19 GIUGNO 2021

Dobbiamo fare autocritica. Sul favorito tra i candidati sindaco per il centrodestra a Milano, Oscar di Montigny, abbiamo scritto sul Fatto che “non risultano condanne a suo carico”. Abbiamo sbagliato. Il Mr. Baciperugina di Banca Mediolanum è stato condannato in via definitiva per aver esibito per anni false fatture all’erario, al fine di evadere il fisco. Il gioco è andato avanti dal 2005 al 2008, finché la Procura di Milano non ha aperto un’inchiesta sul sistema Mediolanum, mandando sotto processo una lunga serie di promotori finanziari e dipendenti della banca di Ennio Doris, oltre a un finanziere svizzero, Giovanni Guastalla, e a un commercialista brianzolo, Marco Baroni. Nel 2011 sono arrivate condanne per tutti. Oscar di Montigny, che aveva presentato al fisco false fatture per 230 mila euro, se l’è cavata, grazie al giudizio abbreviato, con una condanna a 4 mesi di reclusione, convertiti in una sanzione di 4.560 euro, più altri 3.000 euro di risarcimento danni all’Agenzia delle entrate, oltre alle spese processuali (assolto per il delitto di dichiarazione fraudolenta per l’anno 2008).

Una brutta storia, anche perché nella quarantina di promotori finanziari e dipendenti Mediolanum indagati dai pm Roberto Pellicano e Mauro Clerici, di Montigny aveva un ruolo speciale: era ed è il genero del capo, avendo sposato la figlia di Ennio Doris, Sara. La Guardia di finanza di Milano l’aveva chiamata “Operazione Transferre”: aveva individuato una “associazione a delinquere organizzata e diretta da Guastalla” che operava come un “sodalizio criminoso organizzato e stabilmente dedito al riciclaggio e all’emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di favorire l’evasione fiscale”. Guastalla, alla fine, confessa e racconta il suo sistema: offriva dalla Svizzera un servizio ai contribuenti italiani che volevano abbattere i redditi e pagare meno tasse. Forniva fatture estere per inesistenti corsi d’aggiornamento professionale. I soldi facevano un lungo giro. Le fatture venivano emesse da società americane, britanniche, austriache, ungheresi, svizzere. Pagate su Barclays di Londra. Denaro trasferito a una scatola di Vaduz. Poi mandato alla Prezofin di Chiasso che lo consegnava agli spalloni che lo riportavano in contanti in Italia e lo restituivano ai clienti, tranne un 3 per cento trattenuto da Baroni, “uomo di fiducia di Ennio Doris”, come compenso per la sua intermediazione. Grazie a questo giochetto, gli uomini Mediolanum pagavano meno tasse. Ma a guadagnarci era soprattutto Banca Mediolanum, che con il sistema Guastalla risparmiava sugli stipendi: “Pagava i promotori in misura ridotta”, scrive il giudice in sentenza, e “poteva lucrare una riduzione dei costi relativi alle retribuzioni”. Mette a verbale Guastalla: “Mi dava l’idea di un ordine di gruppo, di scuderia… Baroni mi disse che lui seguiva quasi tutti i principali promotori di Mediolanum e li seguiva sia in Italia, con la presentazione delle dichiarazioni, sia all’estero, attraverso i servizi di contenimento del carico fiscale… I promotori si rivolgevano a lui perché aveva un ottimo rapporto con Ennio Doris e Oscar di Montigny”. Conclude il giudice: “Il disegno criminoso posto in essere godeva dell’avallo di Banca Mediolanum”, che offriva ai propri promotori e dipendenti “una sorta di incentivo fiscale”. L’adesione al sistema Guastalla “non scaturiva da autonome e personali decisioni dei singoli promotori/dipendenti, ma era piuttosto da inquadrare in un contesto più ampio che necessariamente coinvolgeva lo stesso Istituto di credito”. Se Baroni era il regista del sistema, di Montigny era, fra tutti gli imputati, il più vicino a Doris. Era suo genero, non un promotore finanziario, ma il capo della comunicazione. Da allora, si è costruito addosso il personaggio di “esperto di Mega trends e Grandi Scenari, Innovative Marketing, Comunicazione Relazionale e Corporate Education”. Dimenticata la vecchia evasione fiscale, si dà arie da guru. Oggi sembra perfetto per quello che potrebbe essere ricordato come lo scontro a colpi di marketing tra generi di banchieri: il genero di Doris contro Giuseppe Sala, genero di Nanni Bazoli (ex Banca Intesa).

FONTE:

MANI PULITE 25 ANNI DOPO

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