PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
COMUNICATO STAMPA
Nella mattinata odierna, i militari del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta e della Compagnia dei Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere, unitamente al personale di Polizia Giudiziaria del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, hanno eseguito n. 52 ordinanze applicative di misure cautelari personali nei confronti di altrettante persone in servizio presso diversi uffici del Dipartimento dell’amministrazione Penitenziaria della Campania, principalmente presso la Casa Circondariale “Francesco Uccella” di Santa Maria Capua Vetere.
I Pubblici Ufficiali sono gravemente indiziati – a seconda delle loro diverse rispettive posizioni e partecipazioni soggettive, a seguire meglio specificate – dei delitti di concorso in molteplici torture pluriaggravate ai danni di numerosi detenuti, maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico (anche per induzione) aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio.
In particolare, ferma restando la presunzione di innocenza degli indagati fino ad una sentenza irrevocabile di condanna, sono state disposte ed eseguite, in data odierna:
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8 misure cautelari applicative della custodia in carcere nei riguardi di un Ispettore Coordinatore del Reparto Nilo e n. 7 assistenti/agenti della polizia penitenziaria, tutti in servizio presso la casa circondariale di S.M.C.V.;
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18 misure cautelari applicative degli arresti domiciliari nei confronti del Comandante del Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti del Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano/Comandante del “Gruppo di Supporto agli interventi”, del Comandante Dirigente pro tempore della Polizia Penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere, della Commissaria Capo Responsabile del Reparto Nilo del medesimo istituto, di un sostituto commissario, di tre ispettori Coordinatori Sorveglianza Generale presso l’istituto e di n. Il assistenti/agenti della polizia penitenziaria, sempre in servizio presso la Casa Circondariale di S.M.C.V.;
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3 misure cautelari coercitive dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza nei riguardi di tre ispettori della polizia penitenziaria, tutti in servizio presso la casa circondariale di S.M.C.V.;
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23 misure cautelari interdittive della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio rispettivamente rivestito, per un periodo diversificato, tra i 5 ai 9 mesi, nei confronti della comandante del Nucleo Investigativo Centrale della polizia penitenziaria, Nucleo Regionale di Napoli, del Provveditore Regionale per la Campania, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nonché n. 21 + Assistenti/Agenti della Polizia Penitenziaria, per la quasi totalità in servizio presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
Le indagini erano originate dagli eventi del 6 aprile 2020, successivi a delle manifestazioni di protesta di alcuni detenuti ristretti presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, avvenute il 9 marzo ed il 5 aprile 2020, episodi che rappresentano l’antecedente rilevante alle violenze operate il successivo 6 aprile.
In particolare il 9 marzo 2020, presso l’Istituto carcerario sammaritano, un gruppo di circa 160 detenuti del Reparto “Tevere” – diverso da quello ove poi si consumeranno le violenze del 6 aprile -dopo aver fruito dell’orario di passeggio, rifiutava di far rientro nel Reparto, protestando per la restrizione dei colloqui personali imposta dalle misure di contenimento del contagio COVID 19, senza che peraltro si verificassero tangibili danni a strutture o forme di violenza, in assenza di denunce sul punto.
Il 5 aprile 2020, seguiva poi una ulteriore protesta, operata da un numero imprecisato di detenuti del Reparto Nilo ed attuata mediante un barricamento delle persone ivi ristrette, motivata dalle preoccupazioni insorte alla notizia del pericolo di contagio conseguente alla positività di un detenuto al virus COVID-19.
L’iniziativa rientrava nella tarda serata anche mediante l’opera di mediazione e persuasione attuata dal personale di Polizia Penitenziaria del carcere.
All’esito della seconda protesta, nella giornata del 6 aprile 2020, veniva organizzata una perquisizione straordinaria, generalizzata, nei confronti della quasi totalità dei detenuti ristretti nel Reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere, intervento operato da circa n.283 unità, costituita sia da personale appartenente alla Casa Circondariale di S. Maria Capua Vetere, sia da personale facente parte del “Gruppo di Supporto agli interventi”, Gruppo istituito alle dipendenze del Provveditore Regionale per la Campania.
La “perquisizione” veniva attuata nei confronti di circa n. 292 persone recluse presso la Casa Circondariale di S. Maria Capua Vetere, detenuti allocati nel Reparto Nilo.
All’esito della successiva acquisizione delle immagini tratte dall’impianto di video-sorveglianza ritraenti alcune fasi del relativo svolgimento – prova documentale confermata da numerose audizioni delle persone detenute – era conseguentemente contestata l’arbitrarietà delle perquisizioni, disposte oralmente, emergendo il reale scopo dimostrativo, preventivo e satisfattivo, finalizzato a recuperare il controllo del carcere e appagare presunte aspettative del personale di Polizia Penitenziaria (dalle chat tratte dai dispositivi smartphone, poi sequestrati, emergeva la reale causale, ossia dare il segnale minimo per riprendersi l’istituto e motivare il personale dando un segnale forte), essendosi conseguentemente utilizzato un atto di perquisizione.
La perquisizione risultava, di fatto, eseguita senza alcuna intenzione di ricercare strumenti atti all’offesa ovvero altri oggetti non detenibili, ma, per la quasi totalità dei casi, le immagini della video sorveglianza rendevano un realtà caratterizzata dalla consumazione massificata di condotte violente, degradanti ed inumane, contrarie alla dignità ed al pudore delle persone recluse.
Le indagini sulla dinamica del 6 aprile e sulle violenze occorse erano originate da un esposto del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della Iibertà personale della Campania, datato 8 aprile 2020, nel quale erano segnalati presunti maltrattamenti operati in danno di detenuti da parte di personale della Polizia Penitenziaria, informazioni tratte dalle registrazioni di conversazioni telefoniche avvenute tra detenuti ristretti – non identificabili – ed i propri familiari, registrazioni che erano state pubblicate sul social network Facebook.
A ciò faceva seguito, in data 9 aprile 2020, una manifestazione di protesta attuata all’ingresso della struttura carceraria di Santa Maria Capua Vetere da parte dei familiari di alcuni detenuti ristretti nel reparto “Nilo”, durante la quale gli stessi lamentavano che i propri familiari erano stati oggetto di percosse ed alcuni di essi avevano riportato anche delle lesioni.
Quanto denunciato trovava un successivo ulteriore riscontro nella visita ispettiva, operata dal Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, nella serata del 09.04.2020, durante la quale alcuni dei detenuti allocati nel Reparto di isolamento Danubio – provenienti dal Reparto Nilo ed ivi trasferiti durante la sera del 6 aprile – riferivano di violenze patite, detenuti peraltro ancora recanti sul corpo i segni delle lesioni subìte ed ivi reclusi in condizioni degradanti.
Emergeva, infatti, che alcuni detenuti ivi ristretti non avevano ricevuto biancheria da bagno, dotazione da bagno, biancheria da letto, lenzuola e cuscini, non erano stati visitati e comunque prescritta alcuna terapia – benché evidentemente presentassero ecchimosi e contusioni evidenti – e gli fosse inoltre impedito ogni colloquio telefonico con i familiari, ragione per cui questi ultimi erano all’oscuro dello stato di salute dei loro cari.
All’esito delle informazioni e della denuncia presentata a questa Procura della Repubblica, in data IO aprile 2020, questo Ufficio delegava i Carabinieri della Compagnia di S.M.C.v. ad accedere presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere per estrapolare le registrazioni video disponibili, utili ad accertare la dinamica degli eventi del 5 aprile e, soprattutto, del 6 aprile 2020, così da appurare le modalità di svolgimento della perquisizione straordinaria.
Nonostante un tentativo di ritardare o impedire l’acquisizione delle immagini, 1’11 aprile 2020 l’intero impianto di video-sorveglianza veniva sottoposto a sequestro; l’esito dell’ estrapolazione delle immagini e la successiva visione – operata sia dai Carabinieri che personalmente dai Magistrati di questo Ufficio – risultava fondamentale alle indagini: era possibile accettare, in modo inconfutabile, la dinamica violenta, degradante ed inumana che aveva caratterizzato l’azione del personale impiegato nelle attività, persone difficilmente riconoscibili perché munite di DPI ed anche, quanto a numerosissimi agenti, di caschi antisommossa, unitamente a manganelli in dotazione – illegalmente portati seco – ed anche di un bastone.
In particolare emergeva che gli sfollagenti erano stati utilizzati sistematicamente per percuotere un numero considerevole di detenuti, colpi inferti anche con violenza, in varie parti del corpo. Dalla visione dei filmati utili (due degli impianti di video-registrazione erano peraltro inefficienti od oscurati) emergevano chiaramente le violenze esperite, rivolte alla quasi totalità dei detenuti del Reparto Nilo.
Tutti i detenuti del Reparto Nilo, con esclusione soltanto di una Sezione, erano stati infatti portati dalle loro celle alla sala ricreativa; taluni venivano convogliati nella sala della socialità, altri nelle aree cc.dd. del passeggio.
Era in modo solare che il personale di Polizia Penitenziaria aveva formato un “corridoio umano” al cui interno erano costretti a transitare indistintamente tutti i detenuti dei singoli reparti, ai quali venivano inflitti un numero impressionante di calci, pugni, schiaffi alla nuca e violenti colpi di manganello, che le vittime non riuscivano in alcun modo ad evitare, sia per il gran numero di agenti presenti, che per gli spazi angusti dei corridoio e degli altri locali in cui le violenze venivano praticate.
Alle violenze si sono sovente sovrapposte pratiche volutamente umilianti. Così, le medesime immagini riguardanti le sale della socialità dei vari reparti, ove sono stati raggruppati gran parte dei detenuti perquisiti, evidenziavano che gli agenti sovente costringevano i detenuti ad un prolungato inginocchiamento, sotto i loro ripetuti colpi, sferrati con il manganello o con calci, pugni e schiaffi. In alcuni casi, poi, le plurime percosse inflitte ai detenuti si sono trasformate in prolungati pestaggi, durante i quali i detenuti sono stati accerchiati e colpiti da un numero esorbitante di agenti, anche quando si trovavano inermi al suolo.
Paradigmatico, tra gli innumerevoli casi, era il trattamento subito da un detenuto, costretto a percorrere la sala della socialità trascinandosi in ginocchio, per essere malmenato con calci pugni e colpi di manganello; straziante era poi, tra tante, la scena in cui il medesimo detenuto, in ginocchio, cercava di proteggere il capo dalle percosse, venendo volutamente colpito da un agente con il manganello alle nocche delle dita.
L’elevato grado di sofferenza fisica patito dai detenuti picchiati era immediatamente percettibile dalla visione dei filmati del circuito di video sorveglianza, emergendo in maniera tragicamente evidente che gli agenti di Polizia Penitenziaria infliggevano alle vittime colpi, volutamente violenti, imprimendo notevole forza sia quando li colpivano con schiaffi, pugni e calci, sia quando utilizzavano il manganello.
Sulla base, poi, delle consulenze medico-legali disposte dal P.M. su 15 persone recluse – a distanza di circa IO giorni dall’evento – si evidenziavano ancora i segni, assolutamente visibili, delle percosse subite dalle vittime, ecchimosi violacee su varie parti del corpo, a dimostrazione dell’estrema violenza delle percosse inflitte ai detenuti, la cui acuta sofferenza patita non era dunque minimamente dubitabile.
Attraverso poi gli esiti delle consulenze cui erano sottoposti numerosi detenuti era accertato il loro trauma psichico, evincibile dal narrato delle vittime e dalle condizioni di estrema prostrazione psicologica e di vero e proprio terrore nei riguardi dei loro carcerieri, elemento quest’ultimo attestato dalla estrema ritrosia manifestata nella proposizione di denunce o querele, di fatto presentate solo da una sparuta minoranza delle vittime.
L’estrema brutalità delle aggressioni subìte, il tipo di umiliazioni loro imposte dagli agenti di Polizia Penitenziaria, le reazioni emotive manifestatesi nel corso della perquisizione stessa (molti detenuti a seguito delle percosse hanno cominciato a piangere ed uno di essi è addirittura svenuto), erano peraltro tutti elementi che rendevano chiara la sussistenza di un misurabile trauma psichico nella vittime.
Le consulenze tecniche disposte dal P.M. rivelavano che le persone offese, pur a distanza di diversi giorni dai fatti, avevano continuato a manifestare disturbi post-traumatici di varia intensità, tutti dipendenti dalle aggressioni subite in occasione della perquisizione straordinaria.
Emergeva poi, da successive acquisizioni delle comunicazioni rilevate dai dispositivi Smartphone sequestrati (coerenti con le rivelazioni rese da alcuni detenuti), che fosse stato praticato l’obbligo della rasatura di barba e dei capelli di numerosi detenuti.
Tutti i detenuti, con rare eccezioni, venivano dunque sottoposti a violenze ed indegne misure di rigore, degradanti ed inumane, prolungatesi per circa quattro ore nel pomeriggio del 6 aprile 2020.
A seguito delle numerose audizioni di detenuti coinvolti – venivano escussi oltre 70 detenuti – emergevano anche ulteriori dettagli delle violenze e torture subìte ed era possibile identificare numerose vittime ed autori della dinamica lesiva, tra la molteplicità degli Agenti impegnati nell’azione, chiaramente attuata come punitiva e dimostrativa.
Atteso che le Unità provenienti dagli altri carceri – per lo più sconosciute ai detenuti di Santa Maria Capua Vetere – erano quasi tutte munite di caschi e dispositivo di protezione individuale (significativamente emergeva, sullo smartphone poi sequestrato ad uno degli indagati, la considerazione, integrata da emoticon espressivo, “non sempre il mefisto serve ai banditi per fortunaG!’), era possibile identificare esclusivamente alcune delle Unità in servizio presso la Casa Circondariale di S. Maria Capua Vetere nonché alcuni funzionari della Polizia Penitenziaria, aventi ruoli direttivi.
A seguito delle dichiarazioni rese dalle vittime ed intercettazioni operate, per la necessità di identificare ulteriori agenti immortalati nelle immagini e ricostruire le vicende criminali, si procedeva a perquisizioni ed al sequestro degli apparecchi smartphone in uso alle persone individuate come coinvolte – a vario titolo e secondo gli specifici rispettivi ruoli – nell’azione criminale e lesiva e nelle torture e maltrattamenti patite dai detenuti, principalmente – ma non esclusivamente – nel pomeriggio del 6 aprile 2020.
Il sequestro veniva operato, contestualmente alle perquisizioni svolte nel carcere, in data 11/6/2020. Durante le operazioni numerosi Agenti manifestavano preoccupazione, assembrandosi presso l’ingresso del carcere, di fatto ostacolando il regolare svolgimento delle operazioni; ciò rendeva necessaria una lunga e laboriosa opera di persuasione da parte dei Magistrati e Carabinieri.
Ciò che emergeva dal sequestro degli smartphone, in particolare quanto alle comunicazioni intercorse tra gli Agenti di Polizia Penitenziaria, loro dirigenti e soggetti terzi, faceva ulteriore luce sugli eventi oggetto di indagini, sia quale autonoma prova, sia quale fondamentale riscontro delle dichiarazioni delle vittime, quanto alla dinamica che aveva originato la perquisizione del 6 aprile ed alle modalità di partecipazione alle violenze consumate in tale giornata.
Proprio dai sequestri degli smartphone era poi possibile accertare anche ulteriori delitti, individuati attraverso le chat e comunicazioni – in particolare falsi ideologici, depistaggi, azione di favoreggiamento, anche realizzate mediante la rivelazione di atti segreti, dinamica diretta ad ostacolare le indagini, tentare di occultare i reati e conseguirne l’impunità
AI di là della specifica valenza di tali comunicazioni, quali confessioni documentali e sostanziali chiamate in correità stragiudiziali, è difficile trovare termini più efficaci per comprendere i fatti e l’estensione delle responsabilità se non riportando i relativi testi.
I messaggi scambiati:
– Prima della perquisizione del 6 aprile 2020 (“Allora apposto domani chiave e piccone in mano”: “li abbattiamo come i vitelli “…. “Allora non passa nessuno “, “Casino lo faranno ai passeggi perché sul piano se escono dalla cella 3 cretini e vogliono fare qlc ci sono i colleghi di rinforzo, sarannosubito abbattuti”: “Ok domate il bestiame “, “i ragazzi sanno cosa fare”, “non sempre il mefisto serve ai banditi per fortuna !’, “ragazzi è arrivato il messaggio da Santa Maria., alle quindici e trenta tutti in Istituto, si chiude il Reparto Nilo per sempre!.tutti i detenuti chiusi per sempre!. è arrivato l’ok!”, “Vi aspettiamo già in trincea “, “Spero che pigliano tante di quelle mazzate che domani li devo trova tutti ammalati “, “Entro le 15.30 in tuta operativa tutti in Istituto. Si deve chiudere il Reparto Nilo x sempre, u tiemp re buone azioni e fernut_W la Polizia Penitenziaria_’), – immediatamente dopo gli eventi stessi (“il sistema Poggioreale “, “4 ore di inferno per loro”, “Non si è salvato nessuno”, “Applauso finale dei colleghi di Santa Maria”, “Aho ci siamo rifatti. 350 passati e ripassati” , “amo vinciut … “, “ripristinato ordine. 5 ore. È stato necessario usare forza fisica … Qualche ferito tra noi ma è stato un lavoro di altissimo livello … Pochi danni alla struttura. .. 200 sfollagenti … Gestita con strategia eccellente … ” … “Perquisizione indebolendo il loro potenziale … “, “qualche ammaccato tra i detenuti … Cose normali” , “abbiamo ristabilito un po’ l’ordine… l’ordine e la disciplina … ho visto cose che in sei anni non immaginavo nemmeno … ti dico solo questo sette sezioni … non se ne è salvata nessuna … nessuna”, “c’è stato solo un carcerato del Tamigi che ha dato in cuollo ad un collega e lo hanno portato a base’ i celle, a basc’ u fuosso … e niente, lo hanno portato a basc’ u fuosso e come di rito ha avuto pure la parte soia” …. “come è stato non si può dire … però amo vinciuto … la polizia penitenziaria oggi ha vinto “, “Oggi si sono divertiti al Nilo … Hanno dato anche per te … Specialmente il tuo amico tessari, sembrare na Pecorella …. E per di più stasera sta dormendo nella stanza dove sta la sorveglianza … Si e salvato solo Izzo Tommaso che stanotte aveva un po’ di fèbbre e sta da me… Ho provato in tutti i modi a provocarlo ma sì e mangiato la foglia “, “operazione pulizia a santa Maria, ho spostato 150 unità per perquisizione straordinaria al reparto dei disordini”, “Oggi noi dalle 15 e 30 alle 18 e 30 …. sistemati tutrice 400”, “Cmq dalle ore 16 alle 18 …. abbiamo fatto … tabularasa”, “Ho fatto tagliare la barba a tutti … 1 barbutoa (jj)(jj)(jj)(jj) “, “Oggi si sono divertiti al Nilo “, “Ke spettacolo “, “abbiamo messo a tacere i vari disordini e tutto ciò che li creava “, “È stato necessario il manganello “, “Hann kiavat i varrat a santamarijjjjj”, “A facce i killi puork i merd”… “Carcerati di merda” … “Munnezza” … “Orrendi, arroganti, skifosi”… “Dovrebbero crollare tutte le carceri italiane con loro dentro “), -nei giorni successivi AL 6 aprile 2020: (“ora stanno chiusi ora stanno chiusi … domani stanno chiusi … .fanno solo passeggio, nemmeno la saletta …. Non fanno niente poi si vedrà nei prossimi giorni … Possono uscire 1 x volta … Testa abbassata e mani dietro … Conta alzati in piedi vicino alletto … E chi nn lo fa giu al gabbione … Stamattina pasquale e Giulio ne hanno scesi 4 o 5 nn possono fermarsi vicino a nessuna cella … Lavoranti chiusi … Neanche le salette … Solo passeggip chiusura sempre …. Nessuno parla …. Solo grazie scusate e x favore … non vola una mosca …. Cmq s.maria un casino e ma si fa peggio che non hanno trasferito quelli della rivolta che ieri so stati presi di forza “) – e a partire dal l O aprile, momento dell’acquisizione delle immagini delle video-riprese relative alla perquisizione (“sarà un terremoto”… “La vedo nera”… “temo che domani sarà una carneficina” “ci andranno pesante” … “Volevano protestare fuori al carcere e consegnarsi in caserma” … “ma succede il terremoto” , “Pagheremo tutti tfJ… 300 agenti e una decina di funzionari … Tutti quelli di Santa Maria .. Eravamo tutti presenti … Troppe persone coinvolte …. decapiteranno mezza regione, … oltre a chiudere Santa Maria Capua Vetere”, “Travolgerà tutti”… “, “è stata gestita male e sta finendo peggio” … “finirà come la cella zero”, “Non vorrei pagare per tuttiQ” “sta cosa del nilo … Travolgerà tutti” , “Siamo ai piedi di pilato”, “mi arrivano brutte notizie da la, accussi nn ci ritiriamo proprio te piglio Na bella stanzulella a Secondigliano assieme a me e ci facimm Pasqua e Pasquetta assieme “, “lo sono in cerca di lavoro”), risultavano chiari nel dimostrare ulteriormente l’estensione dell’azione violenta e delle torture (per numero di autori e vittime), la programmazione dell’azione, la causale, nonché la consapevolezza delle conseguenze sanzionatorie correlate.
Da numerosissime diverse fonti – dichiarative, documentali ed intercettazioni – era inoltre evidente che a tutti i detenuti del Reparto Nilo fosse stato impedito il ricorso alle cure mediche e terapie, inibizione illecita diretta ad evitare l’emersione delle lesioni patite dalle persone ristrette, i cui segni erano presenti; nel corso delle indagini si procedeva, infatti, a svolgere numerose consulenze tecniche medico-legali da cui emergeva che i segni delle violenze erano presenti sul corpo delle vittime anche dopo oltre IO giorni rispetto ai fatti (emergerà infatti che numerosi detenuti avevano ancora i segni delle lesioni, a distanza di un tempo significativo: molti detenuti avevano infatti riportato traumi policontusivi, ancora evidenti, localizzati alle spalle, alla nuca, al volto, ai glutei, all’addome e agli arti inferiori e superiori, prevalentemente giudicati guaribili entro 20 giorni; risulterà, peraltro, che uno dei detenuti avesse riportato la rottura delle ossa nasali, un altro recluso un trauma fratturativo della costa, giudicato guaribili entro 40 giorni, oltre che una commozione labirintica da trauma contusivo periorbitario, con conseguente deficit uditivo dell’orecchio destro, determinante l’irreversibile indebolimento della funzione uditiva).
Si accertava che, al medesimo scopo di occultare le violenze subite dalle persone ristrette, era stata illecitamente impedita ogni comunicazione tra i detenuti e l’esterno, cosi da evitare possibili rivelazioni delle vittime ai rispettivi familiari e la percezione diretta da parte di terzi dei segni dei maltrattamenti, chiaramente visibili sul corpo dei detenuti nel caso si fossero consentite – come previsto dalle norme, nel periodo di contagio COVID 19 – le video-chiamate; si trattava peraltro di un ‘ulteriore restrizione abusiva, avente peraltro un significativo impatto sulla salute psichica dei detenuti, riducendone le possibilità relazionali affettive.
Per gli abusi, pestaggi, lesioni, maltrattamenti e comportamenti degradanti ed inumani, attuati nella giornata del 6 aprile 2020 ed anche a seguire, è stata ritenuta la gravità indiziaria per i delitti di concorso in tortura ai danni di 41 detenuti del Carcere di Santa Maria Capua Vetere, delitti puri-aggravati; inoltre sono stati ritenuti i delitti di maltrattamento aggravato ai danni di 26 detenuti ed analogamente accertati i delitti di concorso in lesioni personali volontarie consumate ai danni di 130 detenuti.
Tutti i delitti risultano aggravati dalla minorata difesa, dall’aver agito per motivi abietti o futili, con crudeltà, con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti la funzione pubblica, con l’uso di arma (i manganelli) e dell’aver concorso nei delitti un numero di persone di gran lunga superiore alle cinque unità (delitti di cui agli artt. 110, 112 comma l n.l), 613 bis comma 1,2,4 c.p., 582, 585, in riferimento al 576 n. l) e 577 comma 1 n. 4), 61 n. 5, c.p. ; delitti di cui agli artt. 572,61 nn. 1),4),5) e 9) C.p. e delitti di cui agli artt. 110, 112 comma l n.l), 582, 585, in riferimento al 576 nn. 1) e 577 comma 1 n. 4), 61 n. 5, c.p).
Si tratta di indagine che ha consentito di disvelare, in ogni suo aspetto, quello che è stato definito dal Giudice delle indagini preliminari “senza tema di smentita, uno dei più drammatici episodi di violenza di massa perpetrato ai danni dei detenuti in uno dei più importanti Istituti penitenziari della Campania” , “unvero e proprio uso diffuso della violenza, intesa da molti ufficiali ed agenti di Polizia Penitenziaria come l’unico espediente efficace per ottenere la completa obbedienza dei detenuti “, nonché “una orribile mattanza” .
Come sinteticamente valutato dal Gip, sono emerse “violenze, intimidazioni ed umiliazioni di indicibili gravità, senz ‘altro indegne per un paese civile, che annovera fra i propri principi costituzionali quelli del rifiuto del trattamento inumano dei detenuti e della finalità rieducativa della pena” (art. 27 Cost)
Con il provvedimento applicativo delle misure cautelari, coerentemente alle risultanze delle indagini e delle riprese video tratte dal circuito di videosorveglianza del carcere di S. Maria Capua Vetere, drammaticamente eloquenti, riproducenti per intero l’operazione di perquisizione condotta dagli ufficiali ed agenti di Polizia Penitenziaria, era riassunta l’azione, “caratterizzata da un uso massivo, indiscriminato e del tutto ingiustificato di ogni sorta di violenza fisica e morale ai danni dei detenuti”, essendo acclarato che “i pestaggi non sono stati frutto di un ‘estemporanea escandescenza di qualche Agente o Ufficiale di Polizia Penitenziaria ma sono stati accuratamente pianificati e svolti con modalità tale da impedire ai detenuti di conoscere i propri aggressori. Le vittime, infatti, erano costrette a camminare con la testa rivolta al suolo e nella sala della socialità erano posti con la faccia al muro, mentre venivano picchiati da tergo”.
In relazione ai delitti di tortura, maltrattamenti e lesioni pluriaggravate sono state emesse, in relazione alle singole posizioni soggettive per le quali è stata ritenuta la gravità indiziaria, ed eseguite:
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8 misure cautelari della custodia in carcere nei riguardi di un Ispettore Coordinatore del Reparto Nilo di un Ispettore Coordinatore del Reparto Nilo e n. 7 assistenti/agenti della polizia penitenziaria, tutti in servizio presso la casa circondariale di S.M.C.V;
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18 misure cautelari applicative degli arresti domiciliari nei confronti del Comandante Dirigente, pro tempore, della Polizia Penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere, della Commissaria Capo Responsabile del Reparto Nilo, di quattro Coordinatori Sorveglianza Generale presso il medesimo istituto, di dieci agenti della polizia penitenziaria, tutti sempre in servizio presso la casa circondariale di S.M.C.V.; stessa misura veniva disposta nei confronti del Comandante del Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti del Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano, Comandante del “Gruppo di Supporto agli interventi”, colui che aveva gestito, giungendo persino a rivendicare il merito, l’intera perquisizione.
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3 misure cautelari dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza nei riguardi del Coordinatore Sorveglianza Generale presso l’istituto carcerario di Santa Maria Capua Vetere e di due agenti della polizia penitenziaria, sempre in servizio presso lo stesso istituto
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19 misure cautelari interdittive della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti di altrettanti Agenti della Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa circondariale di SMCV