Pulci di notte di Stefano Lorenzetto
Armando Spataro, ex procuratore della Repubblica a Torino, scrive un articolo per La Stampa in cui sciorina tre purchè e un nè, tutti con gli accenti gravi anziché acuti. Essendo laureato, dovrebbe ripassarsi anche i codici dell’ortografia.
In occasione dell’uscita del nuovo libro di Matteo Renzi, Controcorrente, Gaia Zini analizza su Domani l’incessante peregrinare dell’ex premier da una casa editrice all’altra (Rizzoli, Mondadori, Feltrinelli, Marsilio): «Adesso Piemme. Perché gli editori si lasciano scappare un autore che vende? L’unica spiegazione è che pretenda anticipi troppo alti: nei contratti editoriali una parte è garantita all’autore, che un certo numero di copie, e poi una remunerazione in percentuale sulle copie comprese». Chiamala spiegazione.
Emilio Gioventù scrive su Italia Oggi: «“Al fine di ottimizzare al meglio la terapia medica e riabilitativa, il Santo Padre rimarrà ricoverato ancora qualche giorno”, ha comunicato il portavoce vaticano Matteo Bruni». È noto che in Urss talvolta riuscivano a ottimizzarla al peggio.
Dalla Repubblica: «“Sono renitente, insieme ad altri 2 milioni e mezzo di italiani”: Flaviano Schenone, 67 anni, ex insegnante in pensione, storico ed ex Sessantottino spiega perché finora non si è vaccinato». Maiuscola reverenziale a parte, deve trattarsi di una vocazione molto precoce: nel 1968 aveva 14 anni.
Francesco Storace sulla prima pagina del Tempo: «A novembre se ne andrà la pandemia. E pure il professor Massimo Galli, per il quale suonerà l’ora della pensione. Me lo sono trovato di fronte ieri ad Agorà, su RaiTre, con uno sguardo così livoroso che sembrava volesse infettarmi il Covid». Il verbo infettare è transitivo. Usato in questo modo, dà l’impressione che il virologo Galli sia così cattivo da riuscire nell’incongrua impresa di rendere infetta una malattia respiratoria contagiosa di tipo pandemico. Storace avrebbe dovuto scrivere «attaccarmi il Covid»: il verbo attaccare, in senso figurato, significa proprio «trasmettere, specialmente per contagio».
Concludendo su Libero la recensione del saggio Dove eravamo rimasti? (Baldini+Castoldi), che Alberto e Giancarlo Mazzuca hanno dedicato a Indro Montanelli, il suo successore Vittorio Feltri annota: «Si dà il caso fortunato, che un anno dopo il mio ingresso in via Negri a Milano, le vendite del suddetto Giornale raddoppiarono, da 120 copie a 250 mila». Si tratterebbe di un aumento record: +208233 per cento. Bastava posporre la parola copie per evitare l’equivoco e riportare il dato alle sue dimensioni reali, che peraltro restano ragguardevoli: da 120.000 a 250.000 copie è pur sempre un +108 per cento.
Nel fare le pulci a un articolo, Stefano Lorenzetto infila la seguente macroscopica perla: «Mario Ajello parla sul Messaggero dei trascorsi del nuovo amministratore delegato della Rai designato dal premier Mario Monti». Né Anteprima né Italia Oggi, che pubblicano questa rubrica, se ne accorgono. L’infallibile lettore Pierluigi De Biasi sì. E così pure Dagospia, che la riprende correggendo il cognome del presidente del Consiglio da Monti in Draghi.
Lorenzetto è in ottima compagnia, comunque. Titolo dalla Repubblica: «Conte e Grillo doppio dietrofront / si tratta l’intesa. Il garante contestato vede Di Maio e Fico e riapre la trattativa. Il premier, senza truppe per la scissione, accetta che i 7 saggi lavorino sul suo statuto». Nel quotidiano fondato da Eugenio Scalfari hanno trasformato in legge il proverbio medievale «Semel abbas, semper abbas»: Conte resta premier anche se dallo scorso 13 febbraio non lo è più.
In un’inchiesta, peraltro molto documentata, sul pauroso deficit dell’Inpgi (Istituto nazionale previdenza giornalisti italiani), Marco Franchi scrive sul Fatto Quotidiano: «Ora sull’istituto è in arrivo una nuova tsunami». Il gender dilaga.
«Per soffiare alla politica la tv pubblica, Draghi pensa a Giorgio Stock (ex Warern Media) come prossimo ad», scrive La Verità in un titolo. Deve trattarsi di una nuova compagnia: noi eravamo fermi alla Warner Media.
Tutti i giorni, nella rubrica delle farmacie di turno, si può leggere sulla Gazzetta di Mantova che «per la dispensazione di medicinali durante le ore notturne a battenti chiusi sono dovuti Euro 7,50». Dato che lo Zingarelli fa risalire dispensazione al 1288 e vi appone la croce che segnala gli arcaismi (vocaboli scomparsi), il quotidiano lombardo si conferma il più antico d’Italia.
Titolo dal sito della Gazzetta di Parma: «Giornata parmigiana per il ministro per la Disabilità. Erika Stefani in visita a Parma». Certo sarebbe stato più difficile che una giornata parmigiana si svolgesse a Bologna.
SL
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