Pulci di notte
di Stefano Lorenzetto
Gianluca Vialli va in pellegrinaggio al santuario della Beata Vergine della Speranza di Grumello Cremonese dopo la vittoria dell’Italia agli Europei. Per l’occasione, il sito del Corriere della Sera parla del tumore al pancreas contro cui Vialli combatte da anni e afferma che questa drammatica esperienza «ha portato l’ex attaccante di Inter e Sampdoria a essere uno dei grandi motivatori del gruppo azzurro con il celebre discorso di Roosevelt prima della finale contro l’Inghilterra». Non ne dubitiamo. Tuttavia il calciatore non ha mai indossato la maglia dell’Inter, ma solo quelle di Cremonese, Sampdoria, Juventus e Chelsea. E della Nazionale, ovviamente.
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Dall’editoriale di Marco Travaglio sulla prima pagina del Fatto Quotidiano: «Quelli che, su due quotidiani di centrodestra come Repubblica, Sole 24 Ore e Giornale, si inventano che la Ue fa “sponda al progetto Cartabia”». A noi i quotidiani sembrano tre, ma va tenuto conto che in prima superiore fummo rimandati a settembre in matematica.
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Intervista di Matteo Salvini al Giornale. Gli chiede Stefano Zurlo: «Quando si vaccinerà?». Risposta del leader leghista: «Presto, come detto più volte». Se lo ha detto più volte, ma non si è ancora vaccinato, significa che tanto presto non è.
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Titolo dalla Stampa: «Finanziamento illecito / indagati Renzi e Presta / “I pm non mi fermano”». Mi è pronome personale di prima persona singolare. Qui però i soggetti sono due. Quindi chi pronuncia la frase tra virgolette? Renzi o Presta?
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Titolo dalla prima pagina del Corriere della Sera: «Parla Brusaferro (Iss). “Immunizzare giovani e non”». Avendo la presente rubrica ripetutamente chiosato l’errore, stavolta lasciamo la parola al linguista Aldo Gabrielli: «La negativa no, così fortemente tonica, riassume in sé tutto un discorso (i grammatici la definiscono parola olofrastica, come il sì affermativo): “Vuoi venire o no?”; quel monosillabo no racchiude infatti l’intera frase sottintesa “non vuoi venire?”; tanto vero che noi possiamo anche dire distesamente “Vuoi venire o non vuoi venire?”. La negativa non, invece, non ha questo valore riassuntivo, ma è soltanto la premessa negativa di una frase che segue. Nessuno infatti alla domanda “Vuoi venire?” risponderebbe col semplice “Non”, che lascerebbe la frase in sospeso; ma o risponderebbe per esteso “Non voglio venire”, o userebbe la negazione “No” che riassume questa frase. Vittorini intitolò un suo libro Uomini e no, come dire “Uomini e non uomini”. Uomini e non sarebbe stato un titolo strafalcionato» (Il museo degli errori, Mondadori, 1977, pagina 120). Piccolo appunto al grande maestro Gabrielli, a 44 anni di distanza: strafalcionato, così come strafalcionare, non si rintracciano né nel Grande dizionario della lingua italiana (Utet) di Salvatore Battaglia, pubblicato in 21 volumi fra il 1961 e il 2002, né nello Zingarelli 2022 (Zanichelli).
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Titoli da un’unica edizione del Giornale: «Guerra sul Green pass»; «Ennesima tegola su Arcuri»; «Il Pd tra due fuochi»; «Giustizia, scontro fra Draghi e il M5s»; «Festa finisce nel sangue»; «Londra riapre lo scontro con Bruxelles». Infine anche «Mps e la Fondazione fanno pace». La riedizione di Guerra e pace.
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Scrivendo sul Venerdì di Repubblica dell’apertura degli archivi vaticani su Pio XII, don Filippo Di Giacomo, facondo commentatore della Rai, segnala come imminente un importante convegno storico promosso a Roma dall’École Française e dal Deutsches Historisches Institut. Ma l’iniziativa si è tenuta dal 14 al 16 giugno ed è pertanto improbabile che «il 15 e 16 luglio» si riuniscano, «in presenza e da remoto, 70 studiosi di 15 Paesi», come precisa l’ex carmelitano (ora prete della diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo). Il titolo della rubrica, Cronache celesti, spiega la svista, suggerendo cristianamente di chiudere un occhio.
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«Tutti i colori dell’Olimpiade. Pellegrini chiude il cerchio. “Baraonda, buio e verde speranza”», titola La Stampa a tutta pagina. Ok, ci crediamo. Ora però diteci che cos’è accaduto.
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Titolo dal Corriere della Sera: «Il sì di Fedriga al lasciapassare: chiudere di nuovo farebbe sembrare il siero inutile». È del tutto inappropriato l’uso del sostantivo siero in luogo di vaccino. Non si tratta di sinonimi, come si evince da qualunque vocabolario. La disinvolta consuetudine è stata censurata fin dal maggio scorso anche dall’Accademia della Crusca. Infatti il siero è un medicamento iniettabile, preparato utilizzando appunto il siero del sangue di animali. Invece il vaccino è un prodotto batterico o virale che, introdotto nell’organismo, conferisce uno stato d’immunità provocando un processo morboso attenuato.
SL
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