VentiVentuno. The Winner is: PROCIDA/  Riflessioni su un progetto inclusivo di successo

 di Vincenzo Gisondi

L’iniziale Progetto di Capitale italiana della Cultura, nato nel 2015 per premiare i migliori ‘progetti di squadra’ e che ha visto susseguirsi sul podio città come Mantova nel 2016, Pistoia nel 2017; ha premiato Palermo e Matera, rispettivamente nel 2018 e 2019, fino ad arrivare a Parma lo scorso anno, quest’anno è stato vinto dalla comunità isolana di Procida che lancia a tutto il paese il suo slogan: ‘’Procida non isola’’. Il Progetto italiano nasce da quello europeo denominato Ecoc (European Capitals of culture).

Procida non ha vinto un concorso di bellezza per quanto il patrimonio paesaggistico sia stupendo; né un premio legato alla performance, nonostante il progetto prevedesse un efficientamento amministrativo della comunità partecipante. E neppure si è vista assegnare un riconoscimento per il miglior manifesto di eventi teatrali, culturali o musicali tout court anche se questi progetti sono stati valutati tra quelli delle dieci finaliste.

Qui la cultura e le arti devono attivare le capacità, le speranze e le proposte della comunità urbana e territoriale coinvolta, ma occorre soprattutto calamitare visitatori e turisti per azionare il volano economico iniziale di fiducia, credibilità e attività imprenditoriali che andranno oltre l’anno in corso; tutti convinti di ambire non a qualcosa di irrealizzabile. E consapevoli dell’uso corretto del proprio patrimonio storico-culturale.

Il gioco di squadra che ha impegnato la vincente Procida ha coinvolto la zona dei campi Flegrei e del Golfo con il suo arcipelago, Ischia e Capri, fino a Bagnoli. Il lavoro impegnativo e gratificante di ‘sviluppo a base culturale’, che ha dovuto superare le iniziali difficoltà legate alla dimensione del luogo ed alla sua capacità di ‘sorreggere’ il peso di una tale sfida, vuole dare un’idea del livello ormai raggiunto in Italia dalla progettazione culturale dove entrano in gioco i migliori esempi positivi di generosità, coraggio, passione civica e senso dell’importanza della cultura. Ne vengono fuori ‘prodotti finiti’ che sono modelli esportabili per la ripartenza di tutte le nostre città colpite dalla Pandemia.

Ha vinto la brillante idea di coinvolgere tutte le energie e le migliori qualità culturali, umane ed imprenditoriali. Procida ha dato visibilità mondiale alla Campania intera catalizzando su di essa l’attenzione di tutti i media internazionali. Ha vinto una medaglia d’oro di visibilità nell’anno della Olimpiadi.

La giuria ha valutato anche i dubbi legati all’isola ed al territorio coinvolto premiandone, però, con un atto di fiducia, la visione del futuro, l’entusiasmo ed il lavoro dei membri del team. Ciò affinché questo nuovo esempio di integrazione non resti un test di laboratorio, ma una scommessa vinta di come una comunità isolana possa ispirare l’Italia.

Ma ogni successo, difficile da raggiungere, è difficilissimo da mantenere…la sfida continuerà !

Una considerazione finale un po’ più profonda nasce spontanea dall’analisi di questa vittoria e riguarda la riconsiderazione del bene comune. Come, cioè, rifondare il patto sociale che unisce le nostre società logorate da conflitti divisivi emersi dopo la crisi finanziaria e l’esplosione del Covid in cui si è allargato il legame tra generazioni di giovani e vecchi, uomini e donne, ricchi e poveri, nativi ed immigrati, nazionalisti e globalisti, popolazioni urbane e rurali.

Altra domanda: come ritornare ad una visione condivisa circa la ripartizione dei beni comuni tra gruppi sociali per accettare la reciproca dipendenza in cambio di obiettivi e benefici collettivi non raggiungibili individualmente; in cui, in altre parole, l’individualismo diventi collettivo ? E come riscrivere un patto sociale in cui ciascun individuo si chieda cosa dover dare alla comunità e la comunità dare ai singoli?

La risposta potrebbe essere nel ribaltare il liberismo tatcheriano in cui ‘non esiste la società e gli individui devono badare a sé stessi’ con la compensazione a favore delle fasce più deboli che verrebbero incluse e coinvolte in una ripartenza senza pochi vincitori e molti perdenti con inevitabile squilibrio e disuguaglianza sociale. In cui, per dare qualche numero, non si raggiunga l’obiettivo del 99,9% degli individui che possiede una ricchezza pari a quella concentrata nelle mani dello 0,01% dei super ricchi.

Il nuovo contratto sociale, deve andare oltre il welfare e ricreare una partnership tra individui, famiglie, imprese e Stato per il raggiungimento di benefici collettivi. Le diverse fasi del ciclo di vita: infanzia, istruzione, lavoro, salute e vecchiaia vanno reimpostate alla luce di alcuni principi fondamentali: standard di vita minimi per tutti, uguali opportunità che mettano ciascuno in grado di contribuire al bene comune come meglio può e rete di protezione per le fasce più deboli.

L’inclusione deve diventare il motore della crescita economica con una maggiore istruzione per tutti, inclusione delle donne nel mondo del lavoro, assistenza alla maternità ed agli anziani. Una nuova idea di ripartenza che metta l’individuo al centro del progetto, che garantisca a tutti uguali opportunità, ma stessi doveri di contribuzione al bene collettivo, senza parassitismi. Si supera la visione tatcheriana e reganiana che ‘non vede la collettività oltre l’individuo’ per dare a tutti, col nuovo modello, la libertà di intraprendere ed operare sul mercato se, però, il destino individuale dipende dalla comunità di cui si fa parte e dove ciascuno deve contribuire al bene collettivo.

Certo che l’inclusione non è affatto semplice. Ma non essendosi ancora scoperto un sistema politico migliore di quello democratico occorre lavorare sui difetti di questo modello in quanto la storia ci insegna che spesso le sue divisioni interne hanno fornito spinte al suo progresso ed al miglioramento dell’umanità.

Per concludere, solo una visione del bene comune lungimirante e partecipativa può consentire alle democrazie di superare le fratture che si creano nei momenti più difficili e bui della loro storia. E’ in quei momenti che si è rinvigorita la linfa collettiva da cui è ripartita la loro rifondazione. Che i partecipanti, tutti, al nuovo contratto sociale, ne sappiano trarre insegnamento.

Dott. Vincenzo Gisondi
Consulente Finanziario iscritto all’OCF
EFA – European Financial Advisor

Cell. +39 347 7556975