Di colpo abbiamo scoperto l’entità del disastro afghano. Nessuno poteva immaginare fino a che livelli di stupidità potesse arrivare la diplomazia americana dopo vent’anni di presenza in quel Paese.
In vent’anni tutto l’Occidente, al seguito del padrone americano, non si è reso conto che i Talebani non solo non erano stati sconfitti ma, addirittura, stavano vincendo. Quando finalmente si è accesa la luce, l’allora Presidente Trump ha deciso il ritiro delle truppe, infischiandosene degli alleati, ed ha avviato dei negoziati con i vincitori, a Doha, nel Qatar, per salvare la faccia. In cambio della pace (o, meglio, di un esodo americano tranquillo) ha offerto soldi, armi e potere. Un vero affare.
Subentrato Biden, con le mani legate dalle iniziative di Trump, le assicurazioni ricevute dai servizi segreti americani erano nel senso che l’esercito nazionale afghano (300.000 uomini), formato, armato e foraggiato dall’Occidente, avrebbe resistito ai Talebani almeno per qualche mese, il tempo necessario per andarsene tranquilli. Poi, avvenisse pure la catastrofe. E così è stato, solo che l’esercito è collassato in quattro giorni assieme allo Stato di cui era espressione.
Informazioni false, dunque, come erano falsi i gas tossici iraqeni che avrebbero sterminato il mondo civile. La CIA e l’FBI hanno ingannato il mondo.
Ora, l’Afghanistan non è più un problema per Washington. Se ne sono lavati le mani. I profughi afghani mica andranno negli Stati Uniti. Dove andrà questa gente disperata?
L’Europa non è in grado di accoglierli. Non è stata capace di accogliere gli emigranti in questo decennio, figuriamoci se potrà digerire anche l’esodo afghano. I buoni propositi della Merkel si scontrano già con il diniego assoluto dell’Austria e, fra poco, dell’Ungheria e di altri Paesi. Se l’Europa fosse capace, negherebbe i finanziamenti a Vienna e a Budapest e a tutti quegli altri che fossero contrari all’accoglienza. Ma non c’è da farsi illusioni.
Non vedo nella von der Layen la durezza necessaria.
Si parla di “corridoi umanitari”. Per andare dove? In Turchia, in Pakistan oppure in Iran? Tutti Paesi felici, ricchi e potenti, dove l’integralismo islamico è nato e si rafforza di giorno in giorno. Oppure verso la rotta balcanica (Serbia, Slovenia, Croazia)?
La questione riguarda anche il nostro Paese dalle frontiere malsicure, terrestri e marittime. Il dovere di accoglienza nei confronti di chi ha collaborato con le truppe italiane impone soluzioni diverse da un lager o da uno di quei centri d’accoglienza che sono campi di concentramento male allestiti e sovra affollati esistenti in Italia. Si è in grado di provvedere? Quali interventi sono stati programmati in questo senso? Al momento, a parte le ovvie dichiarazioni fatte, nessuno.
Ciò serve soltanto ai Salvini per sollevare l’eterno problema delle nostre frontiere, secondo un cliché ormai collaudato, ai Letta per implorare soluzioni europee “condivise”, cosa che non avverrà mai, ai 5Stelle per trovare un’altra occasione per dividersi.
Purtroppo, i temi di politica interna, il semestre bianco, le prossime elezioni amministrative, che farà Draghi (il Presidente della Repubblica o del Consiglio?) inquinano i processi mentali dei nostri politici. Sono talmente stolti che guadano a Nuova Papua e dimenticano la Libia e la Tunisia, che sono dall’altra parte del mare.
Occorre, invece, che l’Italia, l’eterna esclusa dai maneggi franco-tedeschi e anglo francesi, faccia sentire la sua voce nell’Unione europea, esigendo chiarezza d’idee ed azioni concrete che sono mancate fino ad ora.
Il quadro geopolitico è in fermento: tutti gli assetti tradizionali sono sconvolti, nuovi gradi attori si muovono sulla scena mondiale: la Turchia, la Cina, l’Iran, l’India, il Pakistan, che emerge da un lungo sonno. Lo scudo americano non c’è più. Occorre uno scudo europeo.
Se non si comincia a provvedere con decisione, occorre prendere decisioni diverse, autonome. Occorre avere il coraggio di far sentire la propria voce, molto flebile e poco ascoltata. Draghi ha l’autorità e il carisma necessari per farsi sentire. Lo faccia, anche se non sarà seguito sulla via della concretezza dai partiti italiani, troppo vaghi, troppo immiseriti su questioni di poco conto, eternamente alle prese con i risultati dei sondaggi pre-elettorali.
Non c’è molto tempo davanti a noi. Le questioni internazionali si riverberano immediatamente sull’Italia e sulla nostra classe dirigente. Questo è il momento di dimostrare di essere all’altezza della situazione.