I dati più aggiornati sul numero di persone detenute in 41 bis e nei circuiti di Alta

Sicurezza restano quelli diffusi dalla Relazione inviata alle Camere dal ministro della

Giustizia Bonafede il 28 gennaio 2021. Secondo la Relazione, al 31 dicembre 2020 le

persone detenute in regime di 41 bis sono 759 di cui 746 uomini e 13 donne. La maggior

parte è detenuta negli istituti del L’Aquila (152), Milano Opera (100), Bancali Sassari (91) e

Spoleto (81).

Per quanto riguarda l’Alta Sicurezza (suddivisa nei tre livelli Alta sicurezza 1, 2 e 3), il

gruppo più cospicuo è l’Alta sicurezza 3 che comprende circa 9.000 detenuti. Sempre

secondo la Relazione alle Camere, sono invece 79 a dicembre 2020 i detenuti accusati o

condannati di terrorismo reclusi nei circuiti di Alta sicurezza 2.

32 REMS PER 550 INTERNATI

L’universo delle misure di sicurezza per pazienti psichiatrici autori di reato va incontro

ad un “autunno caldo”. A giugno la Corte Costituzionale ha emesso un’ordinanza

istruttoria (n. 131/2021) con cui ha posto alcune domande sul concreto funzionamento

del sistema Rems. La Corte vuole sapere se la capienza delle Rems è adeguata ai

“bisogni”, quanto sono lunghe e come vengono gestite le “liste d’attesa”. Le 32 Rems

Italiane che ospitano circa 550 persone internate potrebbero dunque andare incontro

ad una stagione di cambiamenti ed è pendente alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo

alcuni ricorsi riguardanti pazienti destinati alle Rems che “attendono” il posto in carcere. Intanto però rimangono sul tavolo tutte le criticità della tutela della salute

mentale in carcere, gli istituti penitenziari continuano ad ospitare Articolazioni per la

salute mentale con enormi criticità.

SITUAZIONE CRITICA DELL’ARTICOLAZIONE DI SALUTE MENTALE NEL CARCERE DI

TORINO

Si segnala in particolare la situazione critica dell’Articolazione del carcere di Torino

(Sestante- VII sezione), con enormi carenze di presenza di psichiatri e condizioni

materiali delle celle al di sotto di qualsiasi standard di dignità. I lavori di ristrutturazione

previsti, partiranno solo nel tardo autunno.

I GARANTI DEI DIRITTI DELLE PERSONE DETENUTE – ANCORA IN ATTESA DI UN

GARANTE SARDEGNA, LIGURIA, BASILICATA E PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO

Ad oggi, tutte le regioni hanno un proprio Garante dei diritti delle persone private della

libertà ad eccezione della Sardegna, della Liguria e della Basilicata. In tutte e tre le

regioni la legge istitutiva è stata approvata ma si è ancora in attesa di nomina. Mentre

però la Sardegna ha all’attivo diversi Garanti a livello comunale, in Liguria e Basilicata

tale figura è assente a qualsiasi livello amministrativo. Altro territorio ancora in attesa

di un Garante è la provincia autonoma di Bolzano, dove ancora non vi è una legge

istitutiva ed è presente solo un Garante con competenza per il comune di Bolzano.

L’OSSERVAZIONE DIRETTA DI ANTIGONE

NEGLI ULTIMI 12 MESI, NON SENZA DIFFICOLTÀ, ABBIAMO SVOLTO 67 VISITE IN 14

REGIONI ITALIANE

Negli ultimi 12 mesi, non senza difficoltà, abbiamo svolto 67 visite in 14 regioni italiane.

Le carceri visitate dagli osservatori di Antigone ospitavano nel complesso 24.418

detenuti, quasi la metà (il 46%) della popolazione detenuta italiana.

Inoltre, nel tentativo di comprendere a che punto è arrivato il processo di ritorno alla

normalità dopo la pandemia, Antigone nelle ultime settimane ha effettuato una rilevazione telefonica su un campione selezionato di istituti (33 carceri da 10 diverse

Regioni) utilizzando indicatori specifici significativi di vari ambiti. Gli istituti del

campione prescelto ospitano 10.623 persone detenute, il 20% dei ristretti nel nostro

paese. 13 istituti sono collocati nel nord Italia, 10 del centro e 10 nel sud. 5 istituti

ospitano più di 600 persone (Roma Rebibbia Nuovo Complesso, Napoli Secondigliano,

Milano San Vittore, Bologna e Firenze Sollicciano), 3 meno di 60 (Enna, Fermo e Lanusei)

e la presenza media è di 338 persone, analoga a quella della media delle carceri del

paese.

La nostra osservazione diretta continua a riscontrare gravi criticità legate al

sovraffollamento penitenziario. Degli istituti visitati, ben 5 presentavano al momento

della visita un tasso di affollamento uguale o superiore al 150% (Taranto 181,58%, Latina

167,53%, Lecce 166,72%, Genova Pontedecimo 166,67%, Como 152,5%, Trani 150%). Nel

25% delle carceri visitate abbiamo trovato celle in cui le persone detenute non avevano

a disposizione uno spazio minimo di superficie calpestabile pari a 3 metri quadri, limite

fissato dalla Corte di Strasburgo sotto il quale esiste una forte presunzione della

violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti.

NEL 42% DEGLI ISTITUTI SONO STATE TROVATE CELLE CON SCHERMATURE ALLE

FINESTRE

Nel 42% degli istituti sono state trovate celle con schermature alle finestre, le quali

impediscono il pieno passaggio di aria e luce naturale e durante il periodo estivo

rendono particolarmente penosa la permanenza nelle stanze.

NEL 36% DELLE CARCERI MONITORATE VI ERANO CELLE SENZA DOCCIA

Nel 36% delle carceri monitorate vi erano celle senza doccia (laddove il regolamento

penitenziario entrato in vigore nel 2000 prevedeva che entro il 20 settembre 2005 tutti

gli istituti installassero le docce in ogni camera di pernottamento).

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NEL 31% DEGLI ISTITUTI VISITATI DA ANTIGONE VI ERANO ADDIRITTURA CELLE PRIVE

DI ACQUA CALDA

Nel 31% degli istituti visitati da Antigone vi erano addirittura celle prive di acqua calda.

In 3 istituti, infine, sono state trovate celle con il wc a vista. A volte il problema riguarda

la stessa disponibilità di acqua, creando problemi non indifferenti specialmente in

estate. Nella Casa Circondariale di Frosinone, ad esempio, sono stati segnalati

frequenti episodi di mancanza di acqua corrente. La Casa Circondariale di Santa Maria

Capua Vetere presenta una grave problematica strutturale derivante dal mancato

allaccio idrico, ragione per la quale l’acqua che viene erogata non è potabile, nonché

particolarmente ferrosa e di colore torbido. Per questo istituto l’amministrazione nel

giugno 2020 ha aggiudicato la gara d’appalto per provvedere all’allaccio idrico, ma i

lavori non sono ancora iniziati. Finora l’acqua potabile viene fornita a ciascun detenuto

nel numero di due bottiglie da due litri al giorno.

TROPPO POCHI EDUCATORI E MEDIATORI CULTURALI

Si confermano anche i problemi legati alla carenza di alcune figure professionali. Solo

nel 65% degli istituti visitati, meno di due terzi, c’era un direttore assegnato in via

esclusiva. Negli altri il direttore era responsabile di più di una struttura, con le difficoltà

e le limitazione che ciò inevitabilmente comporta sia per il personale che per la

popolazione detenuta. Fortissimo lo squilibrio tra personale di custodia e personale

dell’area trattamentale preposto alla reintegrazione sociale delle persone detenute: il

rapporto medio negli istituti visitati era di un poliziotto penitenziario ogni 1,6 detenuti e

di un educatore ogni 91,8 detenuti. A fronte del dato medio, se a Poggioreale abbiamo

trovato un agente ogni 3 detenuti e a Regina Coeli uno ogni 2,5, a Lanusei o al femminile

della Giudecca a Venezia ci sono più agenti in servizio che persone ristrette. Viceversa a

Busto Arsizio c’è un educatore ogni 360 detenuti e a Foggia uno ogni 263. Solo nel 22%

degli istituti visitati era presente un servizio di mediazione linguistica e culturale,

generalmente sostenuto dagli enti locali.

A FIRENZE SOLLICCIANO SI SONO VERIFICATI 105 EPISODI DI AUTOLESIONISMO OGNI

100 DETENUTI, A CASSINO 60, A CAGLIARI 50 E A IMPERIA 49

Notevole la crescita degli episodi di autolesionismo, indice anche della tensione

generata in carcere dalla crisi sanitaria. Considerando gli ultimi 12 mesi prima della

visita, il numero medio di tali episodi nelle carceri monitorate è pari a 23 casi ogni 100

persone, un dato notevolmente superiore ai 15 episodi annui ogni 100 persone

dell’ultima rilevazione prima della pandemia. Se questo è il dato medio, si registrano

tuttavia punte drammatiche: a Firenze Sollicciano si sono verificati 105 episodi di

autolesionismo ogni 100 detenuti, a Cassino 60, a Cagliari 50 e a Imperia 49. Oltre alle

difficoltà legate all’emergenza pandemica, il dato si spiega da un lato con l’elevatissima

presenza di detenuti in terapia psichiatrica, che sono arrivati a costituire il 39,5% dei

presenti (erano il 27,6% nel 2019); e dall’altro con la scarsa disponibilità SOLO IL 3,2% LAVORA PER DATORI DI LAVORO ESTERNI AL CARCERE

In crescita, seppur sempre insufficiente, la percentuale dei detenuti lavoratori,

probabilmente a causa del calo delle presenze che ha riguardato principalmente la

custodia cautelare e le pene brevi, meno impegnate in ambito lavorativo. La

percentuale di detenuti che lavora alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria è

pari al 32% dei presenti, contro il 27% del 2019, mentre quella – purtroppo ancora

irrisoria – di coloro che lavorano per datori di lavoro esterni è passata dal 2,4% al 3,2%.

NEL 24% DEGLI ISTITUTI VISITATI SI SEGNALA CHE C’ERANO SEZIONI IN CUI SI È

PASSATI DA UN REGIME DI CELLE APERTE A UN REGIME DI CELLE CHIUSE

Il regime a celle aperte, seppure spesso accompagnato con restrizioni di movimento

fuori dalla sezione, è rimasto prevalente: nel 65% degli istituti visitati abbiamo trovato

celle aperte almeno 8 ore al giorno in tutte le sezioni. Nel 24% degli istituti visitati si

segnala però che, al momento della visita, c’erano sezioni in cui si è passati, come

conseguenza della pandemia, da un regime di celle aperte a un regime di celle chiuse.

NEL 76% DEGLI ISTITUTI VISITATI OLTRE TRE QUARTI DEI DETENUTI EFFETTUAVANO

REGOLARMENTE VIDEOCHIAMATE

Nel 46% degli istituti almeno la metà dei detenuti faceva regolarmente colloqui con i

familiari (accadeva nel 69% degli istituti prima della pandemia), mentre nel 76% degli

istituti visitati oltre tre quarti dei detenuti effettuavano regolarmente videochiamate.

ANCORA TROPPE RESTRIZIONI AI COLLOQUI VISIVI

Il quadro degli ultimi giorni che abbiamo rilevato attraverso le telefonate a campione è

piuttosto omogeneo. Quasi ovunque le attività trattamentali, sospese durante la

pandemia, sono riprese ma solo in parte, soggette a limitazioni e restrizioni. Restano

spesso limitazioni al movimento dei detenuti, soprattutto fuori dalle sezioni, per evitare

la compresenza negli stessi spazi di detenuti ristretti in sezioni diverse. Ci sono inoltre

limitazioni per quanto riguarda le persone che accedono dall’esterno, soprattutto negli

istituti dove questo numero era più elevato e la loro presenza nella vita dell’istituto più

capillare, comportando così un affaticamento nelle attività del carcere.

Sono infine ancora in vigore restrizioni ai colloqui, e solo in queste settimane

dovrebbero iniziare a sparire le separazioni di plexiglass quanto meno per i colloqui tra

detenuti e familiari vaccinati. E’ limitato l’accesso alle aree verdi per gli incontri con i

familiari: se prima della pandemia questi spazi erano in funzione nel 70% degli istituti,

nel campione da noi intervistato lo sono attualmente solo nel 56% dei casi (impedire il

contatto fisico, ad oggi non consentito nemmeno durante i colloqui tra detenuti e

familiari entrambi vaccinati, è particolarmente difficile in uno spazio verde pensato

proprio per garantire la massima libertà di movimento ai bambini).

In aumento invece alcune attività non a rischio e che non richiedono interventi esterni:

nel 58% degli istituti del campione ogni persona detenuta ha accesso alla palestra

almeno una volta a settimana, contro il 35% degli ultimi 12 mesi, mentre nel 67% degli

istituti tutti i detenuti hanno accesso settimanalmente al campo sportivo, contro il 38%

dell’ultimo anno.

NUMERI DEL CONTAGIO E CAMPAGNA VACCINALE. DATI IN LINEA CON IL MONDO

ESTERNO

Secondo i dati pubblicati dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria al 26

luglio 2021 sono 29 i detenuti positivi al Covid-19, tutti asintomatici e 64.469 le

somministrazioni di vaccini alla popolazione detenuta. I dati ogni 10.000 detenuti sono

in linea con i dati all’esterno del sistema penitenziario. Fra la polizia penitenziaria i

positivi sono 64 e 24.098 le somministrazioni mentre fra il personale amministrativo i

positivi sono 12 e 2.630 le somministrazioni.

Dai dati pubblicati dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria è possibile

osservare come la curva dei contagi ogni 10.000 detenuti segua di pari passo quella

della popolazione libera e che risulti accentuata nei momenti che corrispondono ai

picchi dei contagi. Ciò è visibile soprattutto nei periodi fra novembre e dicembre (a

metà dicembre si è raggiunto il picco di 1.030 detenuti positivi) e fra marzo e aprile. Da

maggio invece i contagi sono calati drasticamente fino ad allinearsi con quelli della

popolazione libera. Gli ultimi dati parlano di 5,6 contagi in carcere ogni 10.000 detenuti

contro i 11,4 contagi all’esterno ogni 10.000 abitanti al 26 luglio 2021.

Per quanto riguarda le somministrazioni dei vaccini, grazie ai dati è possibile osservare

come il numero di somministrazioni in carcere ogni 10.000 detenuti proceda di pari

passo con le somministrazioni nella popolazione libera. Si tratta di 12.374

somministrazioni in carcere ogni 10.000 detenuti contro le 11.110 somministrazioni

all’esterno ogni 10.000 abitanti al 26 luglio 2021. Dai dati non è possibile scindere le

prime dalle seconde dosi e quindi nell’elaborazione ci si è basati sul totale delle

somministrazioni. Come fra la popolazione libera, anche nelle carceri esistono delle

differenze regionali e talvolta anche fra istituto e istituto nell’adesione alla campagna

vaccinale; in questo senso il ruolo delle direzioni penitenziarie e sanitarie

nell’educazione della popolazione detenuta è stato centrale e in diversi istituti ha fatto

la differenza fra un’adesione parziale o quasi totale.

I VACCINI REGIONE PER REGIONE. PEGGIO DI TUTTE LA SARDEGNA A MAGGIO 2021

Secondo il Ministero della Giustizia, il 6 maggio 2021 (quando le somministrazioni erano

state solo 19.655) la classifica regionale percentuale delle somministrazioni in rapporto

alla popolazione detenuta era la seguente: Marche (643, 76%), Lombardia (5.879 dosi,

75%), Lazio (3.537 dosi, 63%), Abruzzo (1.045 dosi, 63%), Calabria (1.377 dosi, 53%),

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Puglia (1.757 dosi, 48%), Trentino-Alto Adige (197 dosi, 47%) su 412), Basilicata (166 dosi,

44%), Valle d’Aosta (69 dosi, 42%), Emilia-Romagna (1.352 dosi, 41%), Umbria (518 dosi,

39%), Molise (110 dosi, 32%), Veneto (619 dosi, 27%), Sicilia (1.317 dosi, 22%), Liguria (278

dosi, 21%), Friuli-Venezia Giulia (75 dosi, 11%), Toscana (317 dosi, 10%), Piemonte (180

dosi, 4%), Campania (107 dosi, 2%), Sardegna (49 dosi, 2%).

LA TORTURA E GLI ESPOSTI DI ANTIGONE

Antigone è attualmente coinvolta in 18 procedimenti penali che hanno per oggetto

violenze, torture, abusi, maltrattamenti o decessi avvenuti negli ultimi anni in varie

carceri italiane. Alcuni di essi si riferiscono alle presunte reazioni violente alle rivolte

scoppiate in alcune carceri tra il marzo e l’aprile 2020 per la paura generata dalla

pandemia e per la chiusura dei colloqui con i parenti. Questi alcuni dei procedimenti:

Carcere di Monza

Il 6 agosto 2019, Antigone riceve una telefonata da parte di una persona che racconta di

una violenta aggressione fisica che sarebbe stata subita dal fratello da parte di alcuni

poliziotti penitenziari. Il 25 settembre 2019 Antigone deposita un esposto denunciando i

fatti. Antigone si costituisce parte civile. Nell’udienza del 2 luglio 2021 il Gup dispone il

rinvio a giudizio per 5 poliziotti penitenziari per lesioni aggravate e/o per altri reati. La

prima udienza dibattimentale è fissata al 16 novembre 2021.

Carcere di San Gimignano

Il 28 agosto 2019 viene emessa ordinanza di misura cautelare per 15 agenti del carcere

di San Gimignano per un brutale pestaggio avvenuto l’11 ottobre 2018 ai danni di un

signore di 31 anni. Nel dicembre 2019 Antigone presenta un esposto e si costituisce

parte civile. Il 26 novembre 2020, 5 agenti che non hanno optato per il rito abbreviato

vengono rinviati a giudizio per tortura. La prossima udienza del dibattimento è fissata al

28 settembre 2021. I 10 agenti che hanno scelto il rito abbreviato sono stati condannati

per tortura e lesioni aggravate, con pene che vanno dai 2 anni e 3 mesi a 2 anni e 8 mesi.

Un medico è stato condannato a 4 mesi di reclusione per rifiuto di atti d’ufficio.

Carcere di Torino

Nel luglio 2021 è stato richiesto il rinvio a giudizio per 25 tra agenti e operatori (tra cui il

direttore del carcere) per violenze avvenute nell’istituto tra il 2017 e il 2018. Tra i reati

contestati c’è anche quello di tortura. Nei confronti di 13 persone era stata emessa

un’ordinanza di misura cautelare. Il 25 novembre 2019 Antigone aveva presentato un

esposto.

Carcere di Milano Opera

Nel marzo 2020 Antigone viene contattata da molti familiari di persone detenute che

denunciano violenze subite il 9 marzo dai propri familiari a rivolta ormai finita. Vi

avrebbero preso parte anche rappresentanti della Polizia di Stato e dei Carabinieri. Il 18

marzo Antigone deposita un esposto contro gli agenti di polizia penitenziaria per le

ipotesi di abusi, violenze e torture. Le indagini sono in corso.

Carcere di Modena

A seguito della rivolta scoppiata l’8 marzo 2020 e della morte di nove persone detenute,

il 18 marzo Antigone deposita un esposto contro gli agenti polizia penitenziaria ed il

personale sanitario per omissioni e colpe per la morte dei detenuti. Il 7 gennaio 2021

l’associazione deposita una integrazione al primo esposto a seguito della denuncia

presentata da cinque persone detenute per le violenze, in particolare durante il

trasferimento presso la Casa circondariale di Ascoli Piceno. Nell’atto vengono anche

denunciate gravi omissioni che sarebbero state commesse e che avrebbero

determinato il decesso di Salvatore Piscitelli presso la Casa circondariale di Ascoli

Piceno. Il 26 febbraio 2021 la Procura della Repubblica ha avanzato richiesta di

archiviazione, ritenendo escluso qualsiasi profilo di responsabilità in merito al decesso

dei detenuti. Il 19 marzo Antigone ha presentato opposizione alla richiesta di

archiviazione. Il 16 giugno il giudice ha emesso ordinanza con cui dichiara inammissibile

l’opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata da Antigone e dal Garante

nazionale.

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Carcere di Melfi

Nel marzo del 2020 Antigone viene contattata dai familiari di diverse persone detenute

che denunciano gravi violenze subite nella notte tra il 16 ed il 17 marzo 2020 come

punizione per la protesta scoppiata il 9 marzo. Secondo la ricostruzione di Antigone i

detenuti sarebbero stati denudati, picchiati (anche con manganelli), insultati, messi in

isolamento. Molti di essi sono stati trasferiti in condizioni degradanti. Ai detenuti

sarebbero state fatte firmare dichiarazioni in cui avrebbero riferito di essere

accidentalmente caduti, a spiegazione delle ferite riportate. Il 7 aprile 2020 Antigone

deposita un esposto contro agenti di polizia penitenziaria e medici anche per il reato

tortura. Il 3 maggio 2021, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza ha

avanzato richiesta di archiviazione. Il 3 giugno Antigone ha presentato opposizione

all’archiviazione.

Carcere di Pavia

A marzo 2020 Antigone viene contattata da alcuni familiari di persone detenute. Questi

denunciano violenze e abusi, nonché trasferimenti arbitrari posti in essere nei giorni

successivi alla protesta dell’8 marzo 2020. La polizia avrebbe usato violenza e umiliato

diverse persone detenute, colpendole, insultandole, privandole di indumenti e

lasciandole senza cibo. Il 20 aprile 2020 Antigone deposita un esposto contro la polizia

penitenziaria per violenze, abusi e tortura. Le indagini sono in corso.

Carcere di Santa Maria Capua Vetere

Ad aprile del 2020 Antigone viene contattata da familiari di persone detenute che

denunciano torture subite il 6 aprile dai loro cari nel reparto Nilo, dove circa 300 agenti

di polizia penitenziaria sarebbero entrati in tenuta antisommossa, con i volti coperti dai

caschi, cosa che in seguito impedirà il riconoscimento. Le immagini delle videocamere

interne, in seguito diffuse dai media, hanno documentato le brutali violenze. I medici

non avrebbero refertato le lesioni. Il 20 aprile Antigone deposita un esposto contro la

polizia penitenziaria, per ipotesi di tortura e percosse, e contro i medici, per ipotesi di

omissione di referto, falso e favoreggiamento. Precedentemente informa il

Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. A fine giugno 2021 il Gip, su richiesta

della Procura, ha emesso un’ordinanza con la quale ha disposto misure cautelari nei

confronti di 52 persone.

LE PROPOSTE DI ANTIGONE PER UN NUOVO REGOLAMENTO

PENITENZIARIO

L’attuale regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario è in vigore dal 20

settembre 2000. Con competenza e lungimiranza, quel regolamento proponeva un’idea

di detenzione fondata sul rispetto della dignità della persona e sul progressivo

riavvicinamento alla società esterna. Una parte delle norme ha sicuramente contribuito

ad elevare gli standard di detenzione nel nostro Paese; un’altra parte però necessita una

rivisitazione alla luce dei tanti cambiamenti normativi, sociali, culturali, legislativi,

tecnologici intervenuti negli ultimi due decenni. Purtroppo, inoltre, non poche

disposizioni regolamentari sono rimaste lettera morta lungo gli scorsi vent’anni (a

cominciare dalle indicazioni edilizie per adeguarsi alle quali era previsto un arco di

tempo non superiore ai cinque anni).

Oggi è necessario ripensare disposizioni che risalgono a un modello di carcere diverso

da quello che le esperienze del nuovo millennio – comprese quelle della pandemia –

permettono di configurare. Il regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario

è uno strumento potenzialmente forte e capace di disegnare la vita degli istituti di pena

selezionando i valori cui improntarla. La legge, per propria natura più generica, ha

bisogno di indicazioni concrete che sappiano leggerne le potenzialità dirette a

un’esecuzione penale in linea con il dettato costituzionale.

Antigone ha lavorato a un documento che raccoglie riflessioni volte a rinnovare il

regolamento penitenziario su alcune tematiche rilevanti per la vita interna e per la sua

relazione con il mondo libero. Sono riflessioni che scaturiscono da una trentennale

esperienza nel campo del monitoraggio delle carceri e dello studio comparato dei

sistemi penitenziari.

Mancano volutamente indicazioni riguardanti gli istituti penali per minorenni, per i quali

auspichiamo che si arrivi presto all’elaborazione di un regolamento di esecuzione

specifico, nonché le Rems, la gestione della cui vita interna è demandata alle Asl.

Ci auguriamo che si vogliano accogliere gli spunti qui proposti per avviare un

rinnovamento ancor più organico e radicale della vita penitenziaria nel nome della

dignità di ogni persona. Le proposte di Antigone toccano molti e diversi ambiti: la

prevenzione e repressione della violenza (con l’introduzione di strumenti di

identificazione del personale, l’ampliamento della videosorveglianza, meccanismi di protezione del detenuto che sporge denuncia), la prevenzione del rischio suicidario, il potenziamento dei colloqui e delle telefonate, maggiori tutele per il lavoro delle persone detenute, i diritti dei bambini in carcere con le proprie madri e molto altro.