Mutui capestro Barclays, il caso imbarazza “Lady Bankitalia”
La Cassazione boccia i contratti difesi dalla vice-dg
Il nostro è l’ameno Paese dove il vicedirettore generale di Banca Italia, l’istituzione che vigila sulle banche, è una manager che ha disatteso per anni decine di decisioni contrarie alla sua banca emesse da un organismo della stessa Banca d’Italia. Lo attesta la vicenda dei mutui, in euro ma indicizzati al tasso svizzero Libor e al cambio Franco svizzero/euro, venduti dal 1993 al 2009 a oltre diecimila famiglie da Woolwich e dalla sua incorporante Barclays.
In caso di estinzione anticipata o surroga, in base all’articolo 7 del contratto, l’istituto chiedeva ai clienti una somma a titolo di rivalutazione monetaria. Tutto funzionò più o meno bene sino al 15 gennaio 2015, quando la Banca nazionale svizzera abolì il cambio minimo franco/euro, fissato nel settembre 2011 a 1,2 per mantenere artificialmente svalutata la moneta elvetica e sostenere l’export. Il franco s’impennò: per molti clienti di Barclays divenne insostenibile estinguere anticipatamente o surrogare i mutui, perché la rivalutazione costava anche diverse migliaia di euro. In decine di decisioni negli anni quella clausola fu dichiarata nulla, per mancanza dei criteri di calcolo della rivalutazione, dall’Arbitro bancario finanziario (Abf), l’organismo della Banca d’Italia chiamato a risolvere stragiudizialmente le controversie tra istituti e clienti. Ma Barclays decise di non adempiere alle decisioni dell’Abf – non vincolanti – e di andare per tribunali. Sino alla sentenza 23655 della prima sezione civile della Cassazione, pubblicata il 31 agosto e resa nota ieri dal Fatto, che ha accolto il ricorso dell’Associazione tutela consumatori finanziari (Tuconfin) e ribadito la non correttezza e vessatorietà di quelle clausole, non chiare e incomprensibili e quindi annullabili, in quanto causavano un significativo squilibrio ai danni dei clienti.
Franca Berno, presidente di Tuconfin, ricorda che Barclays trattava solo con alcuni clienti sotto vincolo di riservatezza: “La banca andava in cerca di chi aveva fatto causa e aveva più possibilità di vincerle, per chiudere le vertenze fuori dai tribunali. Questo non ha consentito di mettere sullo stesso piano tutti i clienti. Scrivemmo ad Alessandra Perrazzelli, all’epoca Country manager e General Counsel di Barclays, per cercare un denominatore comune sui mutui, ma la sua risposta fu che preferivano agire caso per caso. Chiedemmo anche un incontro: ci dissero di sì ma poi non si tenne mai, forse temevano manifestazioni pubbliche”. Nelle 14 pagine della lettera inviata il 16 maggio 2017 a Tuconfin, dopo aver indicato le iniziative della banca a tutela delle proprie ragioni, le parziali vittorie in tribunale e all’Abf e le “numerose iniziative attivate per incontrare le esigenze e riscontrare le richieste dei clienti”, Perrazzelli affermava che “la banca ritiene che il semplice esame della clausola sull’estinzione anticipata sia sufficiente a dimostrare l’erroneità dell’assunto posto alla base di alcune decisioni dell’Abf”: ovviamente, per la banca le decisioni “erronee” erano quelle a lei contrarie. Perrazzelli, che è stata capo della filiale italiana di Barclays dal 2013 al 2017, risponde che i mutui furono stipulati prima del suo incarico e di “aver affrontato i relativi casi tenendo conto dei contratti e delle norme vigenti, in particolare sulla tutela della clientela e trasparenza. I mutui indicizzati al franco svizzero all’epoca erano comuni e la questione ha coinvolto diversi intermediari che hanno di volta in volta affrontato le singole fattispecie”.
Lasciata Barclays, il 10 maggio 2019 Perrazzelli è stata nominata membro del Direttorio e vice Dg di Bankitalia, nonché membro del Direttorio dell’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni (Ivass). Un passaggio dal privato alla massima istituzione bancaria che non mancò di sollevare polemiche. Alfredo Recanatesi su FirstOnline scrisse che “Perrazzelli (individuata da cacciatori di teste, e sarebbe interessante sapere incaricati da chi) gode di un ampio credito personale supportato da un curriculum di tutto riguardo. È quantomeno curioso, tuttavia, che per un così rilevante ruolo sia stata individuata una top manager della Barclays negli anni in cui il grande gruppo bancario internazionale decise di uscire dall’Italia per una valutazione profondamente negativa sul futuro del nostro Paese”. Sulla banca gravava non solo la sfiducia nei confronti dell’Italia, ma anche decine di decisioni contrarie dell’Abf e valanghe di cause in tribunale a volte vinte a volte perse in attesa del verdetto finale della Cassazione. Che ora le ha dato definitivamente torto.