Marco TravaglioDirettore del
Fatto Quotidiano
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No al garante della prostituzione

1 DICEMBRE 2021

Il Presidente della Repubblica dev’essere il garante della Costituzione. Silvio Berlusconi è il garante della corruzione e della prostituzione, non solo sul piano giudiziario, mentre la Costituzione l’ha violata sia prima sia dopo il suo ingresso in politica. E ha tentato di scassinarla nel 2006, quando il popolo italiano lo fermò col referendum. Ha prostituito ai suoi interessi privati non soltanto le sue escort, alcune minorenni, ma anche e soprattutto i principi costituzionali che aveva giurato di difendere per ben tre volte da presidente del Consiglio: legalità, giustizia, eguaglianza, dignità delle donne, libertà di stampa, indipendenza della magistratura, libera concorrenza sul mercato, equità fiscale, scuola e sanità pubbliche, disciplina e onore, antifascismo. Dal 1994 è stato eletto in Parlamento sei volte, poi è stato espulso dal Senato in quanto pregiudicato, interdetto dai pubblici uffici e decaduto per legge, e nel 2019 è sbarcato al Parlamento europeo, malgrado sia ineleggibile per la legge 361/1957 sui titolari di pubbliche concessioni.

Ha frodato il fisco, derubando lo Stato che ora vorrebbe presiedere, per 368 milioni di dollari, occultando immense fortune nei paradisi fiscali, ed è stato condannato in via definitiva per i 7,3 milioni di euro scampati alla prescrizione. Ora, da pregiudicato, pretende di guidare il Csm che decide sulle carriere dei magistrati. Ha abusato dei pubblici poteri per piegare il Parlamento ad approvargli 60 fra leggi ad personam, ad aziendam e ad mafiam, alcune bocciate dalla Consulta perché incostituzionali. Grazie a quelle sul falso in bilancio e sulla prescrizione, si è fatto prescrivere 9 processi per accuse gravissime, dalla corruzione al falso in bilancio, dalla frode all’appropriazione indebita. E l’amnistia del 1989 l’ha salvato da una condanna per falsa testimonianza sulla loggia P2, a cui era affiliato dal 1978. Ha corrotto parlamentari per ribaltare le sconfitte elettorali, come attesta la sentenza definitiva di prescrizione sull’“acquisto” di Sergio De Gegorio per 3 milioni. Ha elevato a sistema il conflitto d’interessi, legittimando anche quelli degli altri. Ha sdoganato i peggiori disvalori, facendo pubblico vanto di condotte prima relegate alla clandestinità. Ha trasformato la Camera, il Senato e gli enti locali in stipendifici per i suoi avvocati, coimputati, lobbisti, camerieri, badanti, Papi girl e igieniste dentali. Ha screditato irrimediabilmente il Parlamento facendo votare la mozione “Ruby nipote di Mubarak”. Ha coperto di ridicolo l’Italia e di vergogna gli italiani con sceneggiate e pagliacciate in giro per il mondo. Ha danneggiato l’immagine del Paese con attacchi all’Europa ed elogi ad alcuni fra i peggiori regimi autoritari (dalla Libia di Gheddafi alla Russia di Putin, dalla Turchia di Erdogan alla Bielorussia di Lukashenko). Ha trascinato l’Italia in due guerre criminali contro l’Afghanistan e l’Iraq. Ha epurato giornalisti e artisti a lui sgraditi, da Enzo Biagi, Michele Santoro, Daniele Luttazzi, Carlo Freccero a molti altri, trasformando la Rai in servizietto privato per Mediaset e Forza Italia. Ha usato i suoi manganelli catodici e cartacei per calunniare i migliori magistrati e giornalisti, oltre agli oppositori che ostacolavano i suoi disegni eversivi.

Ha affermato che “Mussolini, in una certa fase, è stato un grande statista”, “Per un certo periodo fece cose positive”, “Non ha mai ammazzato nessuno: mandava la gente a fare vacanza al confino”. Ha elogiato pubblicamente l’evasione fiscale e varato condoni tributari, edilizi e ambientali che hanno vieppiù screditato il rispetto delle leggi e vilipeso chi lo pratica. Il suo gruppo, con soldi suoi, ha corrotto politici, magistrati, ufficiali della Guardia di Finanza, testimoni. Il suo braccio destro Cesare Previti è stato condannato definitivamente per aver corrotto il giudice delle cause Mondadori e Imi-Sir. Il suo braccio sinistro Marcello Dell’Utri è stato condannato definitivamente e arrestato, dopo la latitanza, per complicità con la mafia. Il suo referente in Campania, Nicola Cosentino, è stato condannato in primo e secondo grado per concorso esterno in camorra. Il suo referente in Calabria, Amedeo Matacena, è latitante negli Emirati dopo una condanna definitiva per concorso in ‘ndrangheta. Il suo ex presidente della Sicilia, Totò Cuffaro, è pregiudicato per favoreggiamento a Cosa Nostra. E manca lo spazio per una conta dei danni inferti dai suoi tre malgoverni all’economia, alla scuola, alla sanità, all’ambiente, alla cultura, ai diritti civili. Per queste ragioni chiediamo a tutti i parlamentari di non votarlo alla presidenza della Repubblica. Anzi, di non parlarne proprio. E, se possibile, di non pensarci neppure.

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