GIUSTIZIA

Riforma del Csm, i magistrati in subbuglio “La Cartabia favorisce correnti e potentati”

14 DICEMBRE 2021

Tutte (quasi) le correnti dei magistrati contro l’ipotesi di riforma della ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che ha pensato una nuova legge elettorale per il Csm, il “maggioritario binominale”: collegio unico nazionale per i togati di legittimità, due consiglieri di Cassazione; 2 collegi per eleggere 4 togati in quota pm; 4 collegi per eleggere 10 togati in quota giudici di merito. Per ogni “partita” ci devono essere almeno 16 candidati, se non ci sono, si sorteggiano. Per Area, Autonomia e Indipendenza e Unicost è un meccanismo che premia la correntocrazia e penalizza candidature indipendenti. Articolo 101, unico gruppo non in Giunta Anm, da sempre è schierata per il sorteggio, che, ha detto il procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho, sarebbe l’unica scelta da adottare. Apprezza l’ipotesi Cartabia solo Magistratura Indipendente, che ha vinto le recenti elezioni per il rinnovo di alcune sezioni distrettuali dell’Anm.

Secondo Area, la corrente progressista, “la linea di intervento ministeriale perpetra dinamiche di sostanziale designazione degli eletti da parte delle correnti o dei potentati locali. Tanto che il sistema prevede, per compensare questo maleficio, un irrazionale sorteggio di candidati al fine di ampliare la rosa”. La pensa così anche Autonomia e Indipendenza: “Si tratterebbe di modifiche non risolutive né delle indebite ingerenze politico-correntizie nelle nomine dei procuratori, emerse con lo scandalo dell’Hotel Champagne, né della corsa agli incarichi direttivi generata dalla precedente riforma, che ha incrementato il carrierismo”. Ci sarà “una sorta di bipolarismo giudiziario destinato a ideologizzare la magistratura e a renderla definitivamente subalterna ai gruppi politici”, Concorda Unicost, decimata dal caso Palamara, l’ex magistrato che è stato leader della corrente centrista: “Il sistema ideato porterebbe alla formazione di due poli contrapposti, di conseguenza i laici diventerebbero ago della bilancia nelle scelte del Csm”. Ma per Mi, la corrente conservatrice che ha avuto come leader il deputato renziano Cosimo Ferri, coinvolto nello scandalo nomine, la proposta “prevede meccanismi di voto che non si prestano ad accordi opachi tra correnti e garantiscono un adeguato numero di candidati”. A dirlo è il segretario Angelo Piraino, che si riserva, però, un giudizio definitivo quando ci sarà un testo: “I dettagli possono fare la differenza”.

 

  • Ferdinando Terlizzi
IL Fatto Quotidiano

Correnti e carrierismo: cartabia peggiora il Csm

14 DICEMBRE 2021
All’interno dell’Associazione nazionale magistrati sono sorti molti anni fa dei gruppi organizzati, essenzialmente in ragione di diverse visioni culturali della funzione giudiziaria e dei valori che la ispirano. Negli anni ci sono state scissioni e aggregazioni che hanno movimentato la vita associativa. Attualmente i gruppi rappresentati nel Comitato direttivo centrale dell’Anm sono cinque: Area (che raggruppa Magistratura democratica e Articolo 3) con 11 eletti Magistratura indipendente, con 10 eletti, Unità per la Costituzione con 7 eletti, Autonomia e indipendenza, con 4 eletti e Articolo 101 con 4 eletti (i riferimenti degli articoli sono alla Costituzione della Repubblica).

Nel corso del tempo i gruppi si sono organizzati in modo più o meno stabile ed efficiente e tuttora quelli più organizzati (come è ovvio che sia) ottengono un maggior numero di eletti. L’organizzazione ha talora innescato fenomeni volti a premiare più l’appartenenza e la fedeltà al gruppo che il merito, come del resto accade in qualunque forma di vita associativa. In contrapposizione a questo fenomeno erano sorte Autonomia e indipendenza e da ultimo Articolo 101 che, disperando di poter eliminare queste degenerazioni, propone il sorteggio, se non dei componenti, almeno dei candidati al Consiglio superiore della magistratura. La prevalenza dell’appartenenza sul merito è una grave degenerazione, posto che i magistrati sono reclutati per concorso e quindi per merito, mentre la loro progressione economica e nelle funzioni viene poi talora influenzata da ragioni diverse dalla capacità professionale e dall’impegno.

Più volte sono state approvate leggi elettorali per il Csm con il dichiarato scopo di indebolire le correnti, che hanno però sempre ottenuto il risultato contrario. Nel predisporre una nuova legge elettorale dopo le vicende che hanno colpito l’attuale Csm, secondo notizie di stampa, il ministro della Giustizia professoressa Cartabia ha annunciato un sistema maggioritario con collegi binominali, a turno unico, con un’unica preferenza e con un correttivo volto a garantire la rappresentanza delle minoranze. È probabile che anche questa riforma otterrà il risultato contrario a quello che si dichiara di voler perseguire. Un sistema maggioritario potrebbe assegnare la maggioranza dei seggi al Csm a una sola corrente e comunque consentirà una rappresentanza maggiore alle due correnti più forti, relegando a posizioni di minoranza le altre. Nella prima ipotesi la corrente di maggioranza tenderà a creare alleanze con i componenti laici (quelli eletti dal Parlamento) che riterrà più vicini alle proprie posizioni, così accentuando la “politicizzazione” della magistratura. Nella seconda ipotesi saranno probabili accordi fra i due gruppi più rappresentati con il reiterarsi di fenomeni quali quelli delle nomine “a pacchetto” (uno a me e uno a te), che è un’illusione sperare di impedire solo con il vincolo di procedere a nomine in ordine cronologico di scopertura dei posti direttivi o semidirettivi da coprire.

Salvo che quel che resta del gruppo di Unità per la Costituzione (prima dello scandalo che ha investito l’attuale Csm era il gruppo maggioritario ed è stato ridimensionato dalle ultime elezioni per il Comitato direttivo centrale) non cancelli ogni rappresentanza dei due gruppi più piccoli (cioè proprio quelli che contestano le degenerazioni) ottenendo tutti i seggi di rappresentanza delle minoranze, i magistrati candidati dai gruppi minori non saranno in grado di contrastare eventuali accordi e saranno perciò destinati a ottenere sempre meno voti alle elezioni successive fino a diventare irrilevanti.

I rimedi radicali proposti da alcuni, come vietare le correnti o introdurre il sorteggio, sono incostituzionali, dal momento che la Costituzione consente libertà di associazione e prevede l’elettorato attivo e passivo in capo a tutti i magistrati. In ogni caso non sarebbero efficaci: anche senza denominazioni o statuti formali rimarrebbero rapporti di fatto tra le persone, mentre candidati o componenti sorteggiati non potrebbero comunque che subirne l’influenza. La malattia è stata aggravata dalla riforma di ordinamento giudiziario del 2006 che ha scatenato una forte spinta carrieristica in magistratura, in contrasto alla previsione costituzionale secondo la quale i magistrati si distinguono tra di loro solo per diversità di funzioni (art. 107 comma 3 della Costituzione). Si tratta di ripensare quella riforma perché se non si individua la causa della malattia non è possibile adottare rimedi adeguati a curarla. Muoversi nell’illusione che la sola riforma del sistema elettorale possa evitare le degenerazioni che si sono verificate è, a tutto concedere, una buona intenzione, ma si sa che le vie per l’inferno sono lastricate di buone intenzioni.

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