FIRENZE

Spatuzza ai pm: “Costanzo ostacolo come Borsellino”

Il pentito delle stragi risentito nell’indagine su B.

19 DICEMBRE 2021
L’attentato contro Maurizio Costanzo va assimilato a quello contro Borsellino per il suo scopo ‘politico’. Parola del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza che ha detto questa sua tesi in un interrogatorio del 24 settembre 2020 davanti ai pm di Firenze che indagano su Silvio Berlusconi e Marcello dell’Utri per l’ipotesi (tutta da dimostrare) che abbiano avuto un ruolo di ‘mandanti esterni’ per le stragi di Firenze e Milano del 1993 e gli attentati di Roma del biennio 1993-1994.Il verbale è inedito ed è stato depositato con ampie parti omissate il 14 dicembre scorso al Tribunale del Riesame di Firenze dai pm. Quando i procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli chiedono a Spatuzza lo scopo dell’autobomba esplosa in via Fauro il 14 maggio 1993, si sentono rispondere: “La finalità dell’attentato a Costanzo era l’uccisione del predetto, non un atto dimostrativo”. Totò Riina, il capo di Cosa Nostra, aveva già ordinato ad altri in passato di pedinare a Roma e poi sparare al conduttore nel 1992. Poi Riina ordinò lo stop e avviò la stagione delle stragi spettacolari a Capaci il 23 maggio 1992.

Spatuzza spiega così nel 2020 il movente delle stragi del 1993 e il cambiamento della tecnica: “Se nel 1992 Costanzo era un nemico di Cosa Nostra che si vuole vendicare per gli attacchi subiti da lui in televisione, e per questo va ucciso con le armi, così da mettere la firma, nel 1993 invece è prevista l’utilizzazione nei confronti di Costanzo dell’esplosivo e da ciò deduco che questa azione si è collocata nell’ambito di quello che ho prima definito un’unica strategia del colpo di Stato con metodi terroristici (…) Credo si debba fare un’assimilazione con l’attentato di via D’Amelio: come Paolo Borsellino era un ostacolo alla Trattativa, Costanzo rappresentava un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi che con la strategia stragista si dovevano perseguire e per tale ragione si è fatto ricorso all’impiego dell’esplosivo abbandonando l’impiego delle armi leggere”. Spatuzza fa deduzioni e di più non sa e non dice.

Poi i pm, per capire meglio la strategia a lui riferita dal boss, gli chiedono del famoso incontro al Bar Doney con Graviano nel gennaio 1994. Sulla datazione dell’incontro e sulla presenza a Roma in quel gennaio 1994 di Dell’Utri, i pm hanno depositato anche lo stralcio di un’informativa del 2011 della Dia di Firenze. La Dia da un lato ricostruisce le date della presenza di Dell’Utri alla vigilia delle elezioni del 1994 a Roma, in particolare all’hotel Majestic di via Veneto, situato a poche centinaia di metri dal Doney. Dell’Utri è registrato al Majestic nella notte del 18 gennaio. Nell’informativa la Dia riporta le celle telefoniche impegnate dal telefonino di Spatuzza che lo localizzano nella zona di Roma dal 18 al 21 gennaio. Spatuzza ha sempre detto di essere andato dopo l’incontro al Doney, con Graviano, a Torvaianica, una frazione di Pomezia. La Dia ipotizza quindi che la data più probabile dell’incontro Spatuzza-Graviano al Doney sia il 21 gennaio del 1994 perché alle 11 e 21 di quel giorno il telefonino di Spatuzza aggancia la cella di Pomezia.

La cronologia potrebbe essere questa: il 18 notte Dell’Utri dorme al Majestic dove si fanno le riunioni per le liste di Forza Italia. Tre giorni dopo, il 21 mattina è probabile che Spatuzza incontri Graviano al bar Doney di via Veneto dove gli avrebbe riferito, a suo dire, l’accordo con Dell’Utri e Berlusconi e gli avrebbe dato l’ordine di colpire allo stadio il 23 gennaio. Ovviamente la presenza di Dell’Utri in via Veneto pochi giorni prima potrebbe essere una coincidenza. L’attentato allo stadio fallisce e il 27 gennaio c’è l’arresto di Graviano a Milano. Il giorno prima, 26, ancora una coincidenza, Berlusconi, annuncia la sua discesa in campo.

Tornando al verbale di Spatuzza, i pm chiedono “in ordine alle informazioni da lei ricevute da Giuseppe Graviano nel corso dell’incontro al bar Doney in Roma. Lei ha riferito di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri come dei soggetti con i quali l’accordo si era concluso, che Graviano le aveva detto che i due erano persone più che affidabili, che l’attentato ai Carabinieri allo stadio Olimpico doveva essere portato a compimento nei termini programmati perché ‘gli dobbiamo dare il colpo di grazia’. Può dirci come entrano le stragi nell’accordo? Nello stesso rientrava la realizzazione delle stragi? A cosa doveva servire l’attentato all’Olimpico?”. Spatuzza in realtà ripete concetti già espressi come: “Graviano disse che serviva portarci dietro un po’ di morti così si ‘davano una scossa’; aggiunse che c’era in piedi una cosa che se andava a buon fine ne avremmo tratto dei benefici anche per i carcerati”. Poi precisa: “Entrammo nel bar Doney, Graviano era tranquillo ed euforico e mi disse come ho più volte riferito ‘abbiamo il paese nelle mani’ (…) l’attentato doveva servire per dargli il colpo di grazia. Nel senso che già la vittima, intesa come lo Stato, al 90 per cento era spacciata, occorreva rafforzare quello che noi avevamo già nelle mani e cioè l’accordo con Berlusconi e Dell’Utri”.

I pm chiedono: “Graviano le disse se aveva incontrato Silvio Berlusconi e-o Marcello Dell’Utri o comunque lo comprese se vi fosse stato l’incontro?”. Risposta di Spatuzza: “No, non mi disse di aver incontrato tali persone ma da come era euforico posso dire che qualcuno poco tempo prima gli aveva dato informazioni che lo avevano reso così”. Spatuzza non è stato ritenuto attendibile sull’incontro al Doney dalla Corte di Appello che ha poi condannato Dell’Utri nel 2010 per concorso esterno in associazione mafiosa ma lo ha assolto per i fatti dopo il 1992. La sentenza di Cassazione contro Dell’Utri colloca Berlusconi come una vittima e non come un imputato. Ciononostante non è una medaglia per un candidato al Quirinale.

La sentenza è stata depositata al Tribunale del Riesame dai pm di Firenze per puntellare i sequestri presso terzi e l’accusa contro Dell’Utri e Berlusconi per le stragi del 1993. Nella nota di deposito del pm Tescaroli è riportato un estratto che resta attuale. La Cassazione nel passaggio citato dal pm descrive “un accordo che prevedeva la corresponsione da parte di Berlusconi di rilevanti somme di denaro in cambio della protezione accordata da parte di Cosa Nostra palermitana. Tale accordo era fonte di reciproco vantaggio per le parti che ad esso avevano aderito grazie all’impegno profuso dal Dell’Utri”.