UCCISE LA MOGLIE E SIMULO’ UNA RAPINA AVEVA UNA TRESCA CON LA COGNATA

 I processi di Cronache. Ferdinando Terlizzi ricostruisce i retroscena del delitto e dei processi ad Amato Caparco che uccise la moglie, perché innamorato della cognata, simulando una rapina.

L’ottava puntata dei vecchi processi celebrati presso la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, rivisitati dal nostro cronista Ferdinando Terlizzi.

Lunedì 20 dicembre tutti i particolari

qui anticipati in sintesi.

Nel 1959, in località “Martinez”, Podere 956 O.N.C., in agro di Castelvolturno, Amato Caparco di anni 29 da Riardo, uccise a bruciapelo la moglie Anna Dragone,  con premeditazione con un colpo di fucile al capo mentre dormiva nel proprio letto perché aveva una tresca con la cognata.-

Poi simulò una rapina. Il crimine fu consumato cinicamente, premeditato ed attuato e fu valutato con il più freddo rigore. Nessuna giustificazione umanamente comprensibile poteva, infatti, mitigare la severità del giudizio;  lui volle sopprimere la moglie che ostacolava il suo fedifrago amore per la cognata e compì l’uxoricidio da vigliacco, non trattenuto neppure dalla vista del figlioletto, dormiente nella medesima stanza.

Nomi altisonanti dell’epoca, tutti esperti di psichiatria, furono interpellati per accertare le capacità mentali dell’autore di un delitto atroce e singolare reso ingarbugliato dai rivoli dei tentativi di  depistaggio.

Gli avvocati impegnati nei processi furono: Carlo Cipullo, Enrico Altavilla, Carlo Guerriero e Igino Coletta. 

Tra i periti psichiatrici spicca il nome del criminologo Aldo Semerari che fu coinvolto, tra l’altro,  nella strage di Bologna, nel sequestro di  Ciro Cirillo e nel delitto del giornalista Mino Pecorelli. La sua segretaria si suicidò lo stesso giorno della sua scomparsa.

Prelevato il 26 marzo del 1982 dall’Hotel Royal di Napoli  (con rivendicazione a Il Mattino) tre giorni dopo il suo corpo fu rinvenuto in una Fiat 128 a Ottaviano di fronte all’abitazione di Vincenzo Casillo, braccio destro di Raffaele Cutolo.

Nel 2010 Umberto Ammaturo dichiarò di avergli tagliato la testa e di averla fatta depositare nel Castello di Cutolo.