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Vaticano. In una faida tra “cardinaloni” la soluzione del caso Orlandi: il giallo del magistrato che indagò

20 DICEMBRE 2021

L’ultimo retroscena dell’infinito mistero di Emanuela Orlandi l’ha rivelato pochi giorni fa Giancarlo Capaldo, già procuratore aggiunto di Roma che ha gestito inchieste importanti, compresa quella sulla ragazza di 15 anni rapita nella Capitale il 22 giugno 1983. Un caso senza soluzione e che nei decenni ha mescolato le trame vaticane intorno allo Ior; l’attentato a Giovanni Paolo II; la banda della Magliana; i servizi segreti e la pedofilia.

Il magistrato ha affidato ad Andrea Purgatori (Atlantide su La7) il nuovo colpo di scena sul rapimento del 1983: nel 2012 due emissari dell’allora papa Benedetto XVI lo contattarono per l’incredibile vicenda della tomba di Enrico “Renatino” De Pedis nella basilica di Sant’Apollinare, vicino a piazza Navona. De Pedis era il boss della banda della Magliana e la tumulazione fu autorizzata a suo tempo, nel 1990, dal vicariato di Roma. I due emissari ratzingeriani chiesero a Capaldo, che in quel momento era reggente della Procura, “la riesumazione del corpo di De Pedis e di eliminare dalla basilica un cadavere troppo ingombrante”.

Per tutta risposta, il magistrato disse che anche la famiglia della ragazza sparita nel 1983 aveva diritto a ritrovare la pace con la verità su Emanuela. Così l’incontro fu aggiornato ma tutto naufragò, a detta di Capaldo, sia per la nomina di Pignatone a capo della Procura sia perché dopo un anno Benedetto XVI si dimise anche a causa di Vatileaks 1. In attesa, allora, che il magistrato oggi in pensione riveli – se convocato dai suoi colleghi italiani o del Vaticano – i nomi dei due emissari, va aggiunto che lo stesso Capaldo ha scritto un giallo sul caso Orlandi, da poco in libreria. S’intitola La ragazza scomparsa (Chiarelettere, 181 pagine, 16) e ha come protagonista un detective particolare: il principe romano Gian Maria Ildebrando del Monte di Tarquinia, ricco e pieno di tempo libero.

Il principe tenta di aiutare la vedova di un industriale italiano a recuperare i soldi del marito – che ha fatto fortuna in Brasile – su un conto cifrato dello Ior. Su quel conto però sono transitati milioni di dollari ed euro per operazioni “sporche” e segrete, tra cui quella per mantenere il silenzio sulla scomparsa di Eloisa Oderisi (stesse iniziali di Emanuela Orlandi) avvenuta a Roma il 22 dicembre 1977. Di scoperta in scoperta, l’aristocratico investigatore troverà la verità in un manoscritto dell’industriale: Eloisa era la “favorita” del cardinale segretario di Stato, Carlo Mei, e fu fatta rapire su ordine di un cardinale avversario per questioni di politica estera. La ragazza venne poi rilasciata ma non tornò in famiglia. Morì tempo dopo e fu sepolta segretamente in un convento della Capitale.

Il principe va dal papa (suo amico) e questi lo rimanda a un cinico cardinale francese che impone una verità di comodo da riferire all’opinione pubblica: Eloisa fu rapita e uccisa per errore perché “ritenuta a torto la fidanzatina del rivale di un boss della banda della Magliana” e il corpo si trova nel cimitero di un paesino della campagna romana. E il Vaticano è estraneo a tutto. Capaldo colloca il rapimento sotto il pontificato di San Paolo VI (1977) ma è evidente il riferimento al cardinale Agostino Casaroli, segretario di Stato dal ’79 al ’90 e in precedenza “ministro” degli Affari esteri della Santa Sede.