Giovanni Salvi: “Informare non è solo diritto, ma un dovere dei magistrati”

BAVAGLIO AI PM – Il Procuratore generale della Cassazione: “Evitare processi mediatici non basati sui fatti e rispettare dignità degli imputati”

22 DICEMBRE 2021
Il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, mette i paletti, di sua competenza, alla applicazione della legge sulla “presunzione di innocenza”, in difesa del diritto costituzionale dei cittadini a essere informati di fatti di rilevanza pubblica. Stiamo parlando del decreto legislativo del governo entrato in vigore il 14 dicembre, che vorrebbe pm e giornalisti con il bavaglio in merito a inchieste in corso: con la scusa che ce lo chiede l’Europa, ha concepito comunicati con il contagocce e rare conferenze stampa dei soli procuratori della Repubblica. Il Pg, in una nota del 6 dicembre, inviata a tutte le Procure, ha scritto che “informare l’opinione pubblica non è manifestazione della libertà di espressione del magistrato, ma è un preciso dovere d’ufficio, come più volte affermato anche dalle fonti europee”. Ieri, Salvi ha deciso di rendere pubblica la nota, in risposta alla richiesta di lunedì dell’Ordine dei giornalisti che si era appellato proprio al Pg e al Csm perché non calasse “la censura” sulle inchieste, soprattutto su quelle a carico di “personaggi importanti”.Salvi, nel rivolgersi alle Procure, ha spiegato che la nota ha il fine di raccogliere “esperienze e valutazioni, per raggiungere orientamenti condivisi che diano piena attuazione alla presunzione di innocenza e al rispetto delle vittime e dei testimoni”. Secondo il Pg, l’informazione deve essere rispettosa “della dignità della persona e dunque degli imputati, delle vittime, di tutti coloro che prendono parte al processo; deve essere corretta e non basarsi su canali privilegiati tra magistrati e giornalisti”. Dal tenore della comunicazione appare chiaro che per Salvi la legge sulla presunzione di innocenza stride con altre norme. Ci vuole una informazione, scrive, “tempestiva, completa e tale da fornire all’opinione pubblica in maniera aperta e trasparente tutto ciò che è proporzionato alla rilevanza della notizia. Non si può neppure abdicare al dovere di fornire con continuità le informazioni necessarie nelle varie fasi di un procedimento basato sul contraddittorio tra le parti, al fine di evitare – conclude la nota – che questo si trasformi in processo a mezzo stampa o peggio nei salotti televisivi senza che sia possibile una completa conoscenza dei fatti”. Cioè comizi-show di indagati-imputati.

Il decreto legislativo, che ha recepito una direttiva europea del 2016, prevede che possano essere solo i procuratori a parlare “con comunicati ufficiali” soltanto quando “la diffusione di informazioni sui procedimenti penali è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre rilevanti ragioni di interesse pubblico” o attraverso conferenze stampa limitate a “casi di particolare rilevanza pubblica”. Quanto ai provvedimenti dei magistrati, si legge ancora, “l’autorità giudiziaria” si deve contenere nello scrivere “i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge”. Tutto questo comporta che le parti possano contestare la violazione del principio della presunzione di innocenza, con la conseguenza di allungare i tempi del procedimento. Altro che processi più rapidi per rispettare quanto ci chiede l’Europa. Senza contare che, come ha anche ricordato l’Associazione nazionale dei magistrati, la normativa appena entrata in vigore è in contraddizione con il codice di procedura penale che consente la pubblicazione di atti non più coperti da segreto. C’è poi una circolare del Csm del 2018 che, per rispettare l’articolo 21 della Costituzione, ricorda che il procuratore deve evitare che “possano essere sottratte alla conoscenza dell’opinione pubblica informazioni di interesse (in ragione della qualità dei soggetti coinvolti dalle indagini o della rilevanza dei fatti oggetto di accertamento)”.

Eppure Enrico Costa, deputato di Azione, ex FI, il propulsore di questa norma, ha attaccato il Pg Salvi, dicendo che con la sua nota si è lanciato in “un dribbling interpretativO