Sicari on demand: “Assoldati sul darkweb per sfregiare l’ex”
LA CACCIA ONLINE DI DER SPIEGEL E IL FATTO – Vendetta del manager. Lui voleva paralizzarla, il pagamento in Bitcoin. L’hacker Monteiro: 282 omicidi commissionati online, 15 in Italia
È il 23 febbraio 2021 quando Der Spiegel ci contatta: i reporter del settimanale tedesco stanno lavorando a una inchiesta sui sicari del web e hanno bisogno di un aiuto. Hanno una pista che porta in Italia. Tommaso, milanese di quarant’anni, manager di una grande società, sta cercando di assoldare un killer del “cartello di Sinaloa”: Tommaso desidera sfregiare il volto della sua ex ragazza e paralizzarla per sempre. Ma non vuole che muoia: “Voglio che sia paralizzata alla schiena e che resti su una sedia a rotelle”, scrive in una delle chat sul darweb analizzate dal Fatto. Vuole anche che sia sfregiata con l’acido. “Ma per favore – scrive agli amministratori del sito in una delle conversazioni criptate – assicurati che i suoi occhi non vengano colpiti”.
Le truffe d’amore online sono ormai diventate un grande classico, ma il fenomeno più pericoloso è quello dei siti che promettono di realizzare su commissione omicidi e qualsiasi altro tipo di violenza. Secondo l’hacker britannico Chris Monteiro – esperto di sicurezza e ricercatore di darknet che racconta quello che trova nella rete oscura di Internet sul suo blog pirate.london – da gennaio 2018 a settembre 2019 su questi siti sarebbero stati commissionati quasi 300 omicidi. Sapere quanti di questi assassinii vengano poi effettivamente realizzati è un mistero. Più facile fermare i clienti. Da qui è nata la collaborazione tra il nostro giornale e il settimanale tedesco: dall’esigenza di fermare Tommaso prima che fosse troppo tardi, e di raccontare i meccanismi di questo nuovo mercato della morte.
Tutto avviene sulla darknet, la cosiddetta parte nascosta di Internet, irraggiungibile tramite motori di ricerca come Google. Per entrare c’è bisogno di un browser Tor, che permette agli utenti di navigare in modo anonimo. È così che si trovano le offerte di questi servizi: oscillano tra poche migliaia e 50mila euro, a seconda dell’esperienza dell’assassino e della complessità dell’attacco (i prezzi più alti sono richiesti per uccidere ex militari).
Già qualche anno fa, in un’inchiesta sul Fatto avevamo identificato una decina di siti che offrivano questo servizio per 10mila o 12mila euro. Avevamo contattato un sicario che chiedeva il pagamento in bitcoin: metà prima, metà dopo l’omicidio. Dall’Europol ci avevano spiegato che era difficilissimo verificare se questi tipi di servizi siano delle truffe o meno. Ciò che invece si può fare è identificare coloro che commissionano.
Oggi sono rimaste due pagine di sicari sulla darknet: “Internet Killers” e “Il Cartello di Sinaloa”. A quest’ultimo si è rivolto Tommaso.
Le chat analizzate da Il Fatto e Der Spiegel suggeriscono che il manager ha pagato 10mila euro in bitcoin. “È importante che l’hitman faccia il lavoro il prima possibile. Ho pagato quasi due settimane fa. Non posso più aspettare”, si spazientisce dopo un po’ Tommaso. La conversazione avviene con un intermediario, non con l’assassino: “Ok, glielo farò sapere”, replica l’amministratore del sito. “Hai degli altri bitcoin? Forse farà il lavoro più velocemente se gli dico che puoi pagare di più”. Tommaso rifiuta e chiede un contatto diretto col sicario. “È Mlefebvre – gli rispondono – e viene dalla Francia, ma lavora in tutta Europa, Italia compresa”. Tommaso inizia a chattare anche con Mlefebvre: “Ho avuto qualche problema a viaggiare a causa delle norme Covid”, spiega il presunto killer. “Penso che sarò pronto in due o tre giorni”. L’amministratore rilancia: “Ho un killer molto esperto in Italia che ora ha tempo. Ma costa di più, circa 0,4 bitcoin”. A quel punto Tommaso prende tempo: “Va bene, aspettiamo una settimana. Se l’altro sicario non farà il lavoro, passeremo all’italiano”.
Le cose si mettono male. Mlefebvre scrive ancora: “Mi dispiace, ho rubato un’auto e sono stato quasi arrestato, la mia carta d’identità falsa era sospetta. Mi dispiace di aver incasinato il lavoro”. Si passa quindi a un nuovo hitman, il manager italiano paga i 0,4 bitcoin in più. E qui tutto si ferma.
Der Spiegel informa le autorità investigative tedesche, che si attivano con quelle italiane, a nostra volta allertate. La donna viene immediatamente avvertita della minaccia dalla polizia. Il cliente, Tommaso, è stato arrestato il 6 aprile scorso. Gli investigatori della Polizia postale – che ha lavorato al caso insieme all’Europol – hanno trovato prova delle transazioni finanziarie, la squadra specializzata in reati di violenza di genere ha ricostruito la vita della vittima designata, le sue frequentazioni e i rapporti sentimentali. Quando hanno avvertita la donna, raccontano i poliziotti che le hanno parlato, ha detto che “non se lo aspettava. Ci ha fornito un elenco di nomi tra cui quello del manager, ma anche altri. Poi a posteriori, dalla lettura di alcuni messaggi, alcuni sono in effetti risultati sospetti”. Lui le inviava fiori, le chiedeva di incontrarsi, anche se non stavano più insieme. Mentre pianificava un finto incidente.
Impossibile dire se quella del Cartello di Sinaloa fosse una truffa ai danni di Tommaso o se il killer avrebbe agito davvero, ma la domanda rimane: quanti omicidi commissionati sulla darknet vengono realmente commessi?
Secondo Chris Monteiro, che aveva definito una frode “Besa Mafia” – uno dei siti più conosciuti della nicchia dei sicari della darknet che si descrive come parte della mafia albanese – nella maggior parte dei casi di tratterebbe di una “trappola” per scucire soldi a mandanti di omicidi che in realtà non avvengono mai. Qualche tempo fa Monteiro si era messo sulla tracce di un utente che si fa chiamare Yura. Dopo poco viene pubblicato in rete un registro di migliaia di messaggi e dettagli utente. Si dice provengano dall’area clienti del sito web di Besa Mafia. Contiene centinaia di ordini di omicidio specifici e i pagamenti Bitcoin destinati a loro. Monteiro contatta la polizia di Londra. Gli dicono che il materiale è inutilizzabile, perché potrebbe essere stato ottenuto illegalmente. Poche settimane dopo, la casa di Monteiro verrà perquisita e lui finirà sospettato di coinvolgimento in omicidio.
Oggi Monteiro è stato prosciolto da ogni accusa, e continua a osservare con attenzione il mondo dei sicari sul darkweb (dei 282 omicidi commissionati sulla darknet tra gennaio 2018 e settembre 2019, 15 riguarderebbero l’Italia, dice) e crede che Yura sia ancora nel giro.
Dall’analisi della scrittura in inglese, che presenta errori simili che si ripetono nel tempo, Monteiro si è infatti convinto che ci sia proprio Yura dietro “Il cartello di Sinaloa”, il sito su cui l’ex manager italiano Tommaso G. all’inizio di quest’anno stava organizzando di far sfregiare con l’acido l’ex fidanzata. Yura, che per come scrive in inglese sembrerebbe essere originario dell’Est Europa, per Monteiro è sempre lo stesso. L’utente che lo ha contattato tre anni fa, con l’obiettivo di fargli cancellare una recensione in cui definiva “Besa Mafia” una frode. Solo un caso?
24 DICEMBRE 2021