Mattarella e Cartabia: bandiera bianca, la giustizia resta in mano ai pm |
di Angela StellaIl Riformista, 20 gennaio 2022Nulla da dire sul piano dell’efficienza, ben venga l’Ufficio del processo, importantissima la giustizia riparativa. Ma ci saremmo aspettati qualche parola in più sul Csm. La casa brucia e non si vedono pompieri.Nei giorni scorsi il Presidente Mattarella ha commentato con un silenzio assoluto le notizie che alcuni (pochi giornali) hanno riportato sullo sfacelo della giustizia italiana. Le riassumo. Il procuratore generale della Cassazione ha perso il cellulare (contemporaneamente al procuratore di Milano) e così la procura di Brescia non ha potuto accertare cosa ci fosse scritto nei messaggi che i due si scambiarono – probabilmente – a proposito della Loggia P2.Il Consiglio di Stato, per la seconda volta in pochi mesi, ha accusato il Csm di fare le nomine ai più alti incarichi della magistratura violando le regole. In sostanza ha fatto capire che al Csm le regole sono sostituite dai rapporti di forza tra le correnti e dai giochi di potere. Il Consiglio di Stato ha dichiarato decaduto il Presidente della Cassazione e la sua vice, cioè i vertici della magistratura. Decapitata. Il Csm, con un vero e proprio golpe, ha violato la sentenza e ha rimesso in sella i due abusivi. Mattarella è il presidente del Csm. Il suo silenzio è stato impressionante.La ministra Cartabia ieri ha presentato la relazione sullo stato della giustizia anno 2021. Relazione molto seria e difficilmente discutibile su molti punti. Incredibilmente omissiva sulla questione centrale: lo stato di coma nel quale si trova la magistratura e la separazione ormai irreparabile tra magistratura e giustizia. Domani si apre l’anno giudiziario. Si aprirà con il discorso ufficiale di un magistrato che il Consiglio di Stato ha dichiarato abusivo. Non era mai successo. Credo mai in Occidente. Sigmnori miei, sembra davvero di stare in Sudamerica. Meglio: nel Sudamerica di una trentina di anni fa. E in questo sfacelo domina il silenzio delle massime istituzioni.Molti, oggi, pregano Mattarella di accettare un rinnovo dell’incarico al Quirinale. Perché? È stato un buon presidente? Può darsi. Di sicuro è stato il Presidente che ha portato in silenzio allo sfacelo totale la giustizia italiana. Che oggi è solo il luogo dove si violano le regole impunemente e si esercita ogni tipo di sopraffazione. Mattarella è Cartabia sono colpevoli di questo sfacelo? Forse non direttamente, però sicuramente c’è un “concorso esterno…”Fare la riforma copernicana della giustizia, o continuare a suonare come il pianista folle mentre il Titanic sta affondando? Per ora la ministra Cartabia ha scelto la seconda strada, pur avendo l’ambizione di percorrere la prima. Domani si inaugura il nuovo Anno Giudiziario. Il compito sarà affidato al presidente della Cassazione Pietro Curzio, riconfermato dal Csm dopo la bocciatura da parte del Consiglio di Stato. Alla celebrazione sarà presente, seduta in prima fila, la guardasigilli Marta Cartabia. Che non è lo stralunato Alfonso Bonafede e neanche il timoroso Andrea Orlando. Ha l’ambizione di realizzare nella giustizia italiana una vera rivoluzione copernicana e ha le carte in regola per riuscirci.Ma ieri, nell’aula del Senato, mentre illustrava la sua “Relazione annuale” sulla giustizia, ricordava di più il pianista folle del Titanic, che continuava a pestare furiosamente sui tasti mentre il bastimento affondava. Le acque della giustizia, con i cavalloni delle toghe sempre più scatenati e incontrollabili e un mare asciutto di pesci e quindi di vita, sono rimaste fuori dall’aula. Naturalmente non abbiamo niente da obiettare alla ministra sul piano dell’efficienza. Per l’istituzione dell'”Ufficio per il processo”, prima di tutto, ottomila giovani giuristi selezionati con un concorso cui avevano partecipato 67.000 candidati, che affiancheranno i magistrati nel loro lavoro quotidiano. E chissà se sarà vero, come ha detto la ministra, che questo aiuterà a trasformare l’attività giurisdizionale da individuale a collettiva. Speriamo, ma non dimentichiamo che l’Italia è il Paese in cui singole toghe, in particolare pubblici ministeri, hanno fatto carriera, a volte anche politica, con gli arresti clamorosi, da Tortora a Mani Pulite, passando per il gruppo dei siciliani del processo “Trattativa”, fino ai blitz di Nicola Gratteri in Calabria (e mandate a casa l’avvocato Pittelli, per favore). Comunque ben venga questa importante innovazione, così come la digitalizzazione degli atti giudiziari, un aiuto a riorganizzare il lavoro nei palazzi di giustizia. Ma intanto la casa brucia. E ne sono successe di cose strane, nel corso del 2021. Prendiamo il Consiglio Superiore della Magistratura, per esempio.Quello che dovrebbe essere il tempio dell’onore e del prestigio di chi indossa la toga “giusta”, quella di chi ha l’ardire di giudicare gli altri, è diventata una sorta di suk dove si contrattano ambizioni e carriere come merce più o meno digeribile, più o meno lecita. Uno di loro, Luca Palamara, ha avuto l’ardire di raccontarci come andavano le conon se ogni volta che il Csm doveva decidere trasferimenti e promozioni, e anche con quale animo “politico” venivano svolti indagini e processi, e l’hanno fatto fuori. La casa è bruciata solo per lui. Gli altri sono lì e rifiutano di essere sorteggiati, la prossima volta, il che sarebbe l’unico sistema elettorale per evitare le camarille e i duelli all’ultimo sangue dietro il convento dei carmelitani scalzi.Ci aspettavamo dalla ministra Cartabia qualche parola di più su quel che succede nella realtà, visto che il lavoro della commissione da lei nominata non è stato se poco di più che acqua fresca, condita da qualche piccolo conflitto di interessi. Ma del resto lo stesso presidente Sergio Mattarella pare non essere memore del fatto di essere lui il vero capo del Csm. Senza chiedere (però, però) di mandare i carabinieri come fece Cossiga ad accerchiare le alte toghe, ci saremmo aspettati che almeno qualcuno osasse metterci dentro la testa, invece di girarsi dall’altra parte. La parte della relazione della ministra che inizierà davvero il percorso della rivoluzione copernicana è quella che interviene sul sistema civile favorendo “soluzioni consensuali dei conflitti”.E sul penale nella direzione opposta a quella del carcere a tutti i costi e del buttare via la chiave. “dalla non punibilità per particolare tenuità del fatto, alla sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, all’estinzione delle contravvenzioni per condotte riparatorie, alla procedibilità a querela, alla pena pecuniaria e alle pene sostitutive brevi”. Un impianto riformatore in grado indubbiamente “di produrre significativi effetti di deflazione processuale”. Il che dovrebbe aprire un vero ragionamento politico sul processo. Non solo sui tempi, ma proprio sulla natura del giudicare. E soprattutto dell’indagare.Pensiamo a quel che è successo a Milano ai processi contro le dirigenze dell’Eni. Non significa proprio niente, mentre si apre il nuovo anno giudiziario, il fatto che mezza procura milanese sia ancora indagata, per comportamenti quanto meno discutibili (vedremo poi se saranno anche reati) dagli uffici di Brescia? Importantissima la “giustizia riparativa”, su cui Marta Cartabia insiste molto e ha anche scritto un libro con il professor Ceretti. Così come il ricorso maggiore alle forme alternative al carcere, su cui ci vorrebbe però un po’ più di coraggio, come ha sottolineato l’Unione delle Camere penali. Ma è un percorso lungo. Ma se intanto la casa brucia, o il Titanic sta affondando, ci vogliono da subito i pompieri e gli elicotteri di salvataggio. E per ora non si vedono.
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