Drusilla-Segre babà, Morandi fa il diplomatico con Mattarella
CHI È COSA? – Sanremo, Quirinale e dolci. La corsa al Colle (risolta) e quella dell’Ariston (in ballo) viste dal gastronomo Fabrizio Mangoni: il bruiat è fritto un po’ come Zalone e Berlusconi”
DI ANTONELLO CAPORALE
5 FEBBRAIO 2022
Cosa unisce Sergio Mattarella a Gianni Morandi, Drusilla Foer a Liliana Segre, Checco Zalone a Silvio Berlusconi, Amadeus a Pier Ferdinando Casini? Nella gara per il Quirinale, il Parlamento della Repubblica stava per collassare sul Festival della canzone. Abbiamo perciò ricondotto le élite (conta chi comanda, ma conta anche chi canta) nella immaginifica fantasia del padre fondatore della fisiognomica dolciaria, a un dolce. Babà, deliziosa, diplomatico, choux, brioche… Fabrizio Mangoni, dopo una vita a insegnare Urbanistica all’Università, ha infatti dato corso alla sua irrefrenabile passione: la cura scientifica della comparazione dei caratteri umani ai dolci. “Il dolce, per la sua complessità e variegata composizione, è capace di rappresentare al meglio le doppiezze di ciascuna personalità”. Da qui le note suggerite dall’ideologo della pasticceria tra il Quirinale e Sanremo.
Il diplomatico. Dal carattere solido, squadrato, con una sua morbidezza, è sicuramente un dolce che non può mancare in pasticceria ed è anche il porto sicuro di ogni vassoio della domenica. Gianni Morandi ha attraversato la storia d’Italia ed è perno indiscutibile di ogni rassegna canora. È esattamente il centro equilibratore, è il punto di riferimento, diciamolo: è il Mattarella di Sanremo. E dunque è il diplomatico (a Napoli si chiama zuppetta inglese). Del resto la prima strofa della sua canzone come fa? “Mi devo trascinare presto fuori di qua”.
Choux a fungo. Pasta choux, né dura né troppo morbida, cilindrica e poi tondeggiante, esattamente come la personalità di Amadeus, che propone una sua faccia quasi da fesso coprendo il genio che effettivamente è. È l’artefice, il dosatore di quel mix di innovazione e conservazione, trasgressione e compostezza che altri non saprebbero. Amadeus è umile come lo choux a fungo e lo choux chiama in causa Casini. Due caratteri doppi, versatili e grande cremosa passione (nello choux la crema è il fantastico dietro le quinte).
Torrone. Il torrone bianco, colore della santità, del candore si scontra con la durezza dei suoi spigoli, con un carattere così enormemente rigido. Al Bano veste spesso di bianco e Draghi coniuga i due aspetti caratteristici del torrone. Draghi è un nonno prestato alla politica, e Al Bano è il nonno della canzone, anche imprenditore. Sa far di conto, esattamente come il premier.
Deliziosa. Due biscotti di pasta frolla che tengono in mezzo una crema nascosta da praline di nocciola. Sia Elisa che l’ambasciatrice Elisabetta Belloni hanno carattere ma anche tanta passione. Le accomuna una innata riservatezza che per la Belloni è divenuta anche un grande problema. Elisa, che è del ramo, ha voluto che la sua canzone iniziasse con queste parole: “Ti capirei se non dicessi neanche una parola”.
Bruiat. È un dolce fritto, con pasta sottile piegata a triangolo con dentro mandorle miele e ogni altro tipo di frutta. Il bruiat è esattamente ciò che meglio rappresenta Zalone. Piace a quasi tutti, anche se ognuno può trovare nella sua comicità qualcosa che dà fastidio. Pratica sistematicamente la volgarità, ma la sua capacità è il farlo all’interno di scene, frasi e canzoni, segnate certo dall’allegria; quando arriva, la parolina ti sorprende, e mette il tutto sotto una luce comica che ti fa scoppiare a ridere. Anche Berlusconi è capace di dire volgarità con leggerezza e una sua propria verve comica che in qualche modo ripulisce ed emenda la caduta di stile. Il Berlusca è un po’ Zalone.
Brioche polacca. È un dolce gonfiato, esibizionista. E Achille Lauro reca in sé l’escrescenza incontenibile dell’Io. Ha bisogno di grandi scenografie esattamente come la brioche ha bisogno della meringa che l’avvolge e la ingloba. Dell’Io molto sviluppato la Casellati è protagonista del nostro tempo peggiore. Cosa canta Achille Lauro? “Capisci, so che puoi farlo, finiscimi. Aspetto la fine, tradiscimi, poi dimmi è finita, zittiscimi. C’est la vie, est la vie”.
Buccellato e mousse al rhum. Sono ciambelle che contengono un impasto secco. La profonda contraddittorietà di questo dolce orientaleggiante conduce dritto alle personalità di Mahmood e Blanco. Diversi ma perfetti insieme. Si elidono ma prima si coniugano. Esattamente quel che a noi sembra il legame di Enrico Letta con Giuseppe Conte. Un amore provvisorio, bello ma infido, opportuno ma forse infelice. Comunque da brividi, come cantano i primi due: “Accetterei anche una bugia/E ti vorrei amare ma sbaglio sempre”.
Chiacchiere e sanguinaccio. La pasta fritta di carnevale, altrove si chiama frappa, dagli angoli continui e la più drammatica delle creme che veicola il sangue del maiale. La presenza sul palcoscenico di Massimo Ranieri è tormentata, il suo viso segnato, testimone del filo profondo del tempo. Serioso, intenso, immobile. Un po’ come Franco Frattini, in gara per il Quirinale. Comparso, scomparso, riapparso.
Choux caramellato. La stessa pasta del suo amico Amadeus, gli stessi lineamenti irregolari, la medesima passione, ma con una dolcezza in più. Fiorello non è volgare come Zalone, sorride sempre come Sabino Cassese, il professore gran commis che è uomo di mondo. Ma dietro al sorriso anche la battuta velenosa. Il caramello dello choux non tragga in inganno.
Babà. Il babà è la perfezione. Chi come Liliana Segre ha visto il peggio e il meglio del mondo non ha alcuna altra ansia di prestazione. Esattamente come il babà, principe di pasticceria, re indiscutibile. Drusilla ha bisogno della panna o della frutta per farsi notare. Resta comunque un’eccellenza fino a ieri sconosciuta.
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