Giustizia tributaria, la scorciatoia europea |
di Isidoro TrovatoCorriere della Sera, 8 febbraio 2022Mentre la Commissione interministeriale studia la riforma, si fa largo la direttiva Ue per velocizzare le liti sulla fiscalità internazionale. La riforma della giustizia tributaria è da tempo al centro del dibattito giuridico come dimostrato dalle numerose proposte di legge presentate in Parlamento dal 2013 ad oggi. Nello stesso Pnrr il contenzioso tributario viene definito come un “settore cruciale per l’impatto che può avere sulla fiducia degli operatori economici, anche nella prospettiva degli investimenti esteri”.La Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria ha individuato due possibili soluzione: una prima opzione prevede l’istituzione di una vera e propria quinta magistratura composta da giudici professionali a tempo pieno selezionati tramite concorso pubblico. La seconda prevede il mantenimento in ambito tributario di una magistratura “onoraria” (non professionale, quale quella attuale) ma con l’introduzione di requisiti di accesso (limiti di età, laurea in giurisprudenza o economia, iscrizione albo avvocato o commercialisti). Invece per le controversie del secondo grado di giudizio, si prevede l’istituzione di una apposita sezione per le liti di valore superiore a 25.000 euro formata da magistrati togati, professionisti o professori che svolgano le funzioni di giudice tributario.“Senza esprimere un giudizio sul merito delle due soluzioni proposte – afferma Marco Cerrato, partner di Maisto e Associati – ritengo che entrambe presentino importanti profili di novità e che certamente avranno un impatto positivo sul sistema della giustizia tributaria, evitando o quanto meno limitando la proliferazione di ricorsi in Cassazione. L’auspicio è che una delle due soluzioni venga adottata al più presto in modo che gli investitori possano riporre affidamento, in caso di eventuali controversie con l’amministrazione finanziaria, su una giustizia tributaria di qualità e più rapida”.La terza via – Eppure esiste un’alternativa forse ancora poco nota, una recente novità che porterà i suoi frutti, nei rapporti tra investitori (soprattutto esteri) e fisco italiano, presumibilmente già dal 2023. Si tratta di un’ipotesi vagliata da molte aziende straniere con attività in Italia e italiane con attività all’estero: tutto parte dalla Direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio, del 10 ottobre 2017, in ambito di meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’unione europea, direttiva recepita in Italia con il decreto legislativo 19 giugno 2020, n. 49.“La direttiva e il decreto italiano di recepimento – spiega Cerrato – offrono un valido ed efficace strumento di risoluzione delle controversie in materia fiscale all’interno dell’unione europea che può essere attivato anche a prescindere dall’instaurazione del contenzioso nazionale. In tal modo, per i contribuenti italiani ed esteri sottoposti a contestazioni in materia di fiscalità internazionale sarà possibile sottrarsi alla giustizia tributaria rimettendo la soluzione della potenziale controversia con il fisco a una procedura che dovrà essere instaurata tra l’agenzia delle Entrate italiana e l’amministrazione finanziaria estera corrispondente e che dovrà necessariamente portare ad una soluzione tra le amministrazioni, per il tramite (in caso di mancato accordo tra le due organizzazioni), di un meccanismo arbitrale vincolante per le amministrazioni stesse”. Il raggio d’azione? “Si tratta in sostanza di tutte le possibili controversie derivanti dall’interpretazione e dall’applicazione dei trattati bilaterali per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio conclusi tra Italia e altri Stati comunitari e che potrebbero portare a doppia imposizione internazionale”.FONTE: RISTRETTI ORIZZONTI |