19 FEBBRAIO 2022
Insieme alle antiche confessioni, dilegua, in trent’anni, anche la vergogna. Dopo Claudio Martelli (l’antico vice Craxi) che ha appena detto: “È ora che la magistratura faccia autocritica” (la magistratura, non i ladri) tocca a Paolo Cirino Pomicino, bagaglio della indimenticata Corrente del Golfo andreottiana, che ai bei tempi dell’inflazione a due cifre, danzava mangiando babà sulle macerie del terremoto dell’Irpinia.
Dice che Mani Pulite fu un complotto dei comunisti. Anzi di un gruppo di magistrati comunisti, istigati da Achille Occhetto, istruiti da Carlo De Benedetti. Glielo rivelò nientemeno che Gerardo Chiaromonte (defunto nel 1993, purtroppo) “uno dei pezzi da novanta della nomenklatura rossa”, che ebbe la bella idea di informare del complotto in corso non l’opinione pubblica democratica, meno che mai i carabinieri nei secoli fedeli, ma direttamente lui: ’O Ministro. “Mi fece sapere riservatamente che il Pds aveva scelto la via giudiziaria per andare al potere”.
Perbacco! E come? Muovendo agenti provocatori da Capalbio e capitani d’industria appena sbarcati dal Britannia? “Cosa significasse in concreto non me lo chiarì, ma certe anomalie sono evidenti a distanza di tanto tempo”.
Chissà se tra le anomalie annovera l’astuzia comunista di usare magistrati di destra come Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo per confondere gli spalloni della Democrazia cristiana. Oltre a un gran borghese come Francesco Saverio Borrelli, noto maestro di equitazione repubblicana, per allestire i patiboli.
Meno male – dice sempre Pomicino – che dal cilindro della Storia saltò fuori Silvio Berlusconi: “Non lo avevano calcolato”. Ci ha pensato la Provvidenza. Che ha fatto una carezza pure a lui, Cirino, facendo in modo che la sfangasse con una condanna, un patteggiamento e un paio di prescrizioni. Invece di ringraziare il cielo, spegnere la luce e guardarsi un film, ancora li inventa.