Il Senato processa i pm: Renzi è un “perseguitato” per Lega, Pd, FI e FdI
Open: salvato il capo di Italia viva
23 FEBBRAIO 2022
Fratelli d’Italia prende l’occasione per chiedere al Parlamento un sussulto di dignità che consenta di eliminare “il privilegio feudale della non responsabilità dei magistrati”. Forza Italia per togliersi il solito sassolino dalla scarpa e stigmatizzare la “persecuzione” giudiziaria subita dal leader Silvio Berlusconi. Segue a ruota la Lega che tuona contro l’aula che usa graziare i suoi senatori dalle grinfie della giustizia a seconda del loro nome e cognome, e che ha invece mandato a processo Matteo Salvini: “Ricordiamoci sempre del garantismo. Il nostro Attilio Fontana è stato crocifisso per un avviso di garanzia”.
Senato, 22 febbraio: l’aula del Senato a larghissima maggioranza decide di trascinare i magistrati della Procura di Firenze che hanno chiesto il rinvio a giudizio per Matteo Renzi davanti alla Consulta. Il centrodestra unito come un sol uomo assieme a Italia Viva e pure al Pd votano perché il Senato sollevi il conflitto di attribuzione: a Firenze gli inquirenti dell’indagine su Fondazione Open avrebbero violato le prerogative di Palazzo Madama con un’invasione di campo che non può restare impunita. A votare No solo i 5S che pensano sia una forzatura e che, per dirla con Giuseppe Conte, “i politici devono difendersi nei processi e non dai processi”. E LeU con l’ex procuratore Antimafia, Pietro Grasso, che a tutti chiede di gettare la maschera: “Se si vuole reintrodurre una nuova e più ampia forma di immunità, o la vecchia autorizzazione a procedere abrogata nel 1993, metteteci la faccia”. Finisce 167 voti a favore e 76 contro.
Di cosa sono “accusati” i magistrati? Di aver agito senza l’autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza di Renzi come prescritto dallo scudo previsto dall’articolo 68 a garanzia della libertà dei parlamentari. Per quanto si trattasse di documentazione sequestrata a terzi che parlamentari non sono. “Su questo tema si combatte una battaglia di civiltà giuridica e di dignità della politica. Qua parliamo di Costituzione”, ha detto il leader di Italia Viva intervenendo in aula dove ha sottolineato come le carte della discordia “siano state illegittimamente acquisite dai magistrati. Non lo dico io, lo dice la Corte di Cassazione che per cinque volte ha annullato i provvedimenti di Firenze. E questo significa che i pm non hanno rispettato le regole”. Applausi dai banchi di centrodestra dove Forza Italia si spella le mani quando lo stesso Renzi rincara la dose: “L’impunità non è consentita a nessuno, non ai parlamentari ma nemmeno ai magistrati. Se c’è un’ipotesi di non rispetto della legge, richiamare l’attenzione di altri magistrati ad andare a verificare è un atto di civiltà. Non stiamo compiendo atti eversivi. Si vergogni chi pensa che qua stiamo attaccando la magistratura. L’indagine parte dall’assunzione del fatto che il giudice penale desidera stabilire che cos’è una corrente di partito, come si deve organizzare, quali modalità concrete di organizzazione della politica si possano fare oppure no. Laddove il giudice penale interviene nelle dinamiche organizzative della politica viene meno il concetto di separazione dei poteri e la libertà del Parlamento di definire le modalità democratiche della politica”. Ancora applausi fino all’apoteosi finale: “Quando ho fatto la promessa scout, quando ho giurato sulla Costituzione, quando sono cresciuto con i ragazzi della Rosa bianca come modello, io ho promesso a me stesso che non avrei mai rinunciato a una battaglia per paura. Ho promesso a me stesso che non avrei mai evitato di fare una battaglia di coraggio anche quando gli altri non la fanno”. E anche se da un punto di vista giudiziario non gli conviene farla “perché per me non cambia niente”, giura.
E il Pd? Ha deciso di votare per il sì al conflitto di attribuzione per non consegnare Renzi alla destra, e fa parlare Dario Parrini anziché Anna Rossomando che in Giunta si era astenuta e che decide di non partecipare al voto in aula. Tra i dem infatti c’è chi gioisce, come Andrea Marcucci. E chi per l’imbarazzo non ha votato come l’altro pezzo da novanta, Luigi Zanda. Mentre restano nell’aria le parole di Grasso e la pericolosità del precedente su cui ci si è incamminati. “Basterebbe che in un telefono sequestrato a un mafioso vi fosse un whatsapp a un parlamentare per determinarne l’inutilizzabilità anche nei confronti del mafioso”. Il centrodestra e non solo fa spallucce: “Roba da azzeccagarbugli”.
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