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*Il golpe rosso*
di Vincenzo D’Anna*
Paolo Cirino Pomicino è stato per decenni al centro del mondo politico italiano. Potente ministro democristiano al Bilancio, ha visto passare, sotto i propri occhi, buona parte della storia del nostro Paese. In una recente intervista, rilasciata in occasione del trentennale di “Mani Pulite”, l’ex parlamentare ha ripercorso gli anni di “Tangentopoli”, la vicenda politico-giudiziaria che nei primi anni ’90 del secolo scorso, travolse e sconvolse i principali esponenti dell’allora maggioranza governo. Quella stessa storia di cui Pomicino fu protagonista, ci avrebbe poi svelato che la vicenda del finanziamento occulto, che aveva trascinato alla sbarra dirigenti e funzionari di partito, avrebbe riguardato anche i movimenti di opposizione ancorché questi l’avessero scampata nella fase più cruenta delle indagini. Insomma: si rivelava vera la denuncia che Bettino Craxi aveva fatto nell’Aula di Montecitorio laddove il leader socialista chiamò tutti i partiti (compresi quelli di opposizione) alla correità ed all’uso di quelle stesse fonti “illecite”. Nella sua intervista, l’ex ministro napoletano ha raccontato notizie riservate sull’intera vicenda. Ad esempio, ha rivelato che Carlo De Benedetti, tessera numero uno del Pd in tasca, proprietario di importanti organi di stampa (da sempre vicini alla sinistra), gli aveva proposto di fare parte di un nuovo governo che scalzasse il pentapartito sostituendolo con uno nuovo fatto dai “reduci” del Pc, i Pds, frangia di ex democristiani (di sinistra), laici e riformisti vari, appoggiati da finanziamenti ed aiuti offerti dagli industriali del Belpaese. Un progetto che non venne individuato e contrastato per la cecità e l’insipienza dei partiti di governo di quel tempo, ma che trovò, appunto, nel Partito democratico di sinistra, una fertile disponibilità. Se però quella “disponibilità” offerta dagli ex comunisti, fosse stata di tipo politico, niente da dire. Ma pare che così non fosse. A voler dar retta a Pomicino, infatti, sembra che per bocca di gente di spessore culturale come Gerardo Chiaromonte, gli orfani del Comunismo rivelarono a Pomicino che il Pds aveva scelto un’altra strada di natura para istituzionale e certamente extra parlamentare per imporsi al governo della Nazione: ovvero affidare all’azione dei magistrati il ruolo di apripista per realizzare il disegno di sbarazzarsi degli avversari politici di turno. Insomma approfittare del momento topico del clima d’odio e di indignazione incipiente nella popolazione per screditare irrimediabilmente i principali leader di governo ed i loro movimenti. Fu con questo recondito scopo che si aizzarono le folle per far piovere monetine sul capo di Craxi. Fu così che si alimentò la gogna e si mise in moto il circuito della macchina del fango per via mediatica e giudiziaria. Se quello che, con dovizia di particolari, ha affermato l’ex ministro al Bilancio, avesse il crisma della verità, visti i successivi e plurimi accadimenti di pesante ingerenza delle toghe in politica, quasi sempre a senso unico, la questione sarebbe dovuta già finire nelle mani delle procure e del Parlamento. Chiaromonte è defunto ma De Benedetti è vivo e vegeto e ben lo si sarebbe potuto indurre a confermare (o smentire) i fatti narrati. Lo avrebbe imposto (e per la verità lo impone ancora) l’ipotesi di attentato agli organi istituzionali, di un tentativo eversivo posto in essere da una consorteria di poteri economici, politici e giudiziari per ribaltare gli esiti elettorali. C’è poco però da farsi illusioni. Eppure l’affare Palamara ha già ben messo in luce quale potesse essere il dolo e l’interesse specifico di un tale disegno, quale la contropartita in ballo. Se le promozioni ai vertici di procure e tribunali sono state orientate da un’intesa occulta tra settori della sinistra politica e giudici accondiscendenti, non è arduo pensare che lo scopo fosse quello di spartirsi il potere politico e quello giudiziario con il beneplacito degli imprenditori. Questi ultimi quasi tutti foraggiati da leggi e gratifiche politiche sotto forma di sgravi, incentivi ed agevolazioni per le loro aziende. In una nazione seria si andrebbe a fondo di questi fatti fino ad accettarne la fondatezza o l’infondatezza. Tuttavia moralisti, gazzettieri, anime belle ed immacolate, in servizio permanente effettivo, tacciono e minimizzano con il silenzio le rivelazioni choc di Pomicino. L’unico dubbio che, a prima vista, ci si può porre è perché lo scafato ex Dc abbia tenuto per sé tutti questi particolari per trent’anni! In ogni caso la gravità della vicenda sarebbe quantomeno degna della stessa attenzione che teoremi farlocchi come il “papiello” nell’ambito della trattativa Stato-mafia, hanno ottenuto con anni di indagini e di inchieste scandalistiche in tv e sui giornali. Come accade per Putin, che si annette territori di Stati sovrani con la forza nel generale silenzio dei contestatori di ogni colore, anche un golpe, se tinto di rosso, finisce per essere ridotto a rimembranze senili di un politico di lungo corso.
(*) già parlamentare