La riforma Cartabia è un’offesa per i pm: così vogliono punirci”

Nicola Gratteri – Procuratore di Catanzaro

23 MARZO 2022

Procuratore Gratteri, alla manifestazione di Libera per le vittime delle mafie ha parlato di “riforme devastanti” della ministra Cartabia. Si riferiva anche all’Ordinamento giudiziario, all’esame della commissione Giustizia della Camera per passare al voto dell’aula a fine marzo?

Ne ho letto alcune parti e purtroppo mi trovo ancora una volta in disaccordo su molti punti. Alcune proposte sono dannose per il sistema giudiziario, altre sono quasi una offesa per noi magistrati e non porteranno alcun effetto positivo.

Per esempio?

Si prevede un controllo “esterno” sul lavoro dei magistrati nelle valutazioni di professionalità, riconoscendo un diritto di voto ai ‘membri laici’, cioè agli avvocati nei Consigli giudiziari (le filiali locali del Csm, ndr). Inaccettabile: non si vede perchè a valutarci debba essere chi non fa parte della nostra categoria, infatti non accade per nessun’altra, inclusi gli avvocati; e soprattutto così si intacca l’autonomia e la terzietà del magistrato, visto che gli avvocati nei Consigli giudiziari dovrebbero giudicare magistrati che lavorano nel loro stesso distretto e coi quali si trovano quotidianamente a interloquire. Questa previsione che – chiarisco subito a scanso di equivoci – in termini concreti non mi riguarda, ha quasi l’odore della punizione.

La riforma prevede che si possa passare solo due volte dalla funzione di pm a quella di giudice e viceversa. Un antipasto della separazione delle carriere prevista dal referendum di Lega e radicali?

Sono fermamente contrario. Ridurre i passaggi da una funzione all’altra non comporta alcun vantaggio, né di efficienza né di produttività, ma soprattutto mortifica quello che “a parole” dovrebbe essere tra gli obiettivi del nuovo ordinamento giudiziario: di migliorare la qualità del nostro lavoro. Il passaggio di funzione andrebbe incentivato, non limitato, perché è un arricchimento professionale e consente al magistrato di sviluppare una visione globale del processo. È innegabile, ma pare che non interessi a nessuno. Nella mia Procura vorrei dei pm che hanno fatto i giudici e che il nostro lavoro fosse valutato da giudici che hanno fatto i pm. Peraltro oggi, per cambiare funzione, il magistrato deve quantomeno cambiare provincia, e già questa è una forte limitazione.

La riforma prevede che i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive, di qualunque tipo, al termine del mandato non possano più svolgere alcuna funzione giurisdizionale e siano collocati fuori ruolo. Prevede anche il divieto di esercitare funzioni di giudice o pm mentre si ricoprono incarichi elettivi e governativi, anche se in un territorio diverso.

Sono totalmente d’accordo sui divieti, ma non sul fatto che chi ha ricoperto incarichi elettivi o ministeriali venga poi automaticamente collocato presso il ministero di appartenenza. E soprattutto non trovo corretto che la stessa disciplina sia applicata ai magistrati che si sono candidati, ma non sono stati eletti. È accettabile che un qualunque magistrato che si candidi e non venga eletto venga premiato mandandolo al ministero? Praticamente, se ti stanchi del tuo lavoro, basta che ti candidi e dopo, automaticamente, passi al ministero! Io vorrei una riforma ancora più rigorosa: se ti candidi a una carica elettiva, eletto o bocciato, esci dall’ordine giudiziario senza ricoprire incarichi ministeriali.

In certe parti la riforma anticipa i referendum, come se fossero già stati approvati dal popolo italiano.

Sì, per almeno due quesiti: magistrati giudicati anche dagli avvocati e separazione delle carriere. Per me è tutto inconcepibile. Si dice una cosa e se ne fa un’altra. Si parla di difesa dell’autonomia, indipendenza e terzietà della magistratura e poi si introduce un sistema che intacca in maniera evidente questi principi costituzionali. Si dice che si vuole raggiungere una cultura della giurisdizione e si vieta ai giudici di diventare pm, che è invece l’unico modo per garantirla. Si dice che si vuole premiare i tanti magistrati che lavorano in silenzio e poi non li si ascolta neppure.

Come si spiega queste scelte che ignorano il parere dei magistrati e del Csm?

Non me le spiego. La magistratura attraversa un momento di forte debolezza, ma nessuno dovrebbe dimenticare che è uno dei tre poteri dello Stato. E non esiste una gerarchia: i tre poteri – legislativo, esecutivo e giudiziario – devono coesistere in posizione paritaria. Se uno cerca di sopraffare l’altro, ci perde la democrazia, quindi la collettività. Non i magistrati.

La Cartabia ha appena nominato a capo del Dap il giudice Carlo Renoldi, avversario del 41-bis e dell’ergastolo ostativo, nonché dell’“antimafia militante arroccata nel culto dei martiri”. Che ne pensa?

Sulla persona, nulla perché non conosco il collega. Quanto alle sue opinioni sul 41-bis e l’ergastolo ostativo, almeno quelle diffuse dagli organi di stampa, non le comprendo. O meglio, non condivido il preconcetto che solo chi concede “permessi premio” e “aperture” può ritenersi a favore di un “carcere costituzionalmente compatibile”. Non è così. E francamente queste affermazioni di una parte della magistratura che etichetta di anti-costituzionalità chi non la pensa come lei mi hanno un po’ stancato. Renoldi, su Repubblica del 27 febbraio, ha affermato che “la mafia è un problema sociale gravissimo, ma un giudice non può essere anti qualcosa, anche un mafioso ha diritto a un processo giusto”. Ma quale magistrato ha mai affermato che i mafiosi non hanno diritto a un processo giusto? Non ne conosco neanche uno. Quel che so bene è che un mafioso, dopo un processo giusto, viene condannato all’ergastolo solo se ha commesso omicidi, normalmente più omicidi, e solo i capi di associazioni di stampo mafioso sono detenuti in regime 41 bis e solo dopo accurate indagini. Forse si deve rispetto anche alle vittime di questi reati. Quanto alla sua critica all’“antimafia militante”, non so a cosa a chi si riferisca. Ma ricordo che l’altro giorno si è celebrata la giornata nazionale delle vittime delle mafie. E, se devo scegliere, io sceglierò sempre le vittime. Se vuol dire far parte dell’antimafia militante, bene: ne sono contento. Ma vorrei aggiungere una cosa.

Quale?

Sento ripetere che si lavora “per spezzare il sistema delle correnti”. Mah, attendiamo fiduciosi. Per ora anche le nomine fiduciarie al ministero hanno privilegiato militanti in correnti della magistratura.

Cosa spera, in questo quadro per lei “devastante”?

Che la magistratura faccia sentire la sua voce unita e compatta e che riacquisti la credibilità che merita. Spero che il governo attivi una reale e costruttiva interlocuzione con noi magistrati. E spero che una volta per tutte si capisca che, se il sistema giustizia non funziona, i danneggiati non siamo noi magistrati, ma l’intera collettività.